Il Giovane Favoloso, la recensione

Presentato in concorso alla 71° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Il giovane favoloso è un film che ha decisamente diviso la critica. C’è chi lo dava per vincitore, chi l’ha odiato ribattezzando il regista Mario Martone “Mario Mattone”, e chi ne è rimasto piuttosto indifferente. A onor del vero, il nuovo film di Martone si presta benissimo a diverse sensazioni perché, da una parte, è un’opera sontuosa e visivamente accattivante, ma, dall’altra, un pamphlet didascalico a misura di liceo classico. L’indifferenza è, dunque, la linea di pensiero più condivisibile.

Curando anche la sceneggiatura, insieme a Ippolita di Majo, Martone si concentra interamente sulla figura del suo protagonista, il poeta Giacomo Leopardi, inquadrandolo fin dall’infanzia a Recanati passata insieme ai fratelli, al severo padre e alla madre per la quale non sembrava avere una particolare stima. Tra i primi acciacchi di salute, un principio di innamoramento stroncato sul nascere per la bella dirimpettaia e lo studio “matto e disperatissimo”, passiamo alla parentesi fiorentina del poeta, dove incontra il nobile napoletano Antonio Ranieri, che diventa il suo migliore amico, e Fanny Targioni Tozzetti, della quale si invaghisce. Con Ranieri, poi, Leopardi si sposta a Napoli, dove si stabilisce in una villa alle pendici del Vesuvio, mentre in città si sta diffondendo il colera.

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Con un racconto certosino che fa dell’agiografia una missione imprescindibile, Il giovane favoloso rappresenta il più classico dei biopic. Talmente classico che di fatto il film di Martone somiglia in maniera sospetta alle fiction in due puntate sulle “vite celebri” a cui Rai Uno ci ha abituato da qualche anno nelle prime serate di domenica e lunedì. E non ci stupisce se lo fosse realmente, visto che il precedente film di Martone, Noi credevamo, era stato distribuito al cinema nella sua versione corta e poi – quasi in contemporanea – in tv in versione lunga.

Il problema maggiore di Il giovane favoloso sta nel suo voler essere un compitino portato a termine con perizia che si affida al facile pedagogismo; un film fatto ad hoc per essere applaudito dall’anziano professore ultra sessantenne che passa la serata davanti alla tv dopo il gioco dei pacchi dell’access time.

E così, alla ricostruzione fedele della vita del giovane intellettuale, che è ovviamente un pregio, abbiamo la tediosa e didascalica riproposizione integrale delle poesie di Leopardi che, così come sono state inserite, hanno un che di patetico, come accade per la chiusura del film, affidata alle parole recitate de La ginestra.

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Di tanto in tanto ci sono delle intuizioni lodevoli che distolgono l’attenzione dalla perizia formale, come una scelta musicale elettro-pop che cozza piacevolmente con l’opera nel suo complesso. Anche il cast funziona discretamente e se Michele Riondino interpreta Ranieri, Isabella Ragonese Paolina Leopardi e il bravissimo Massimo Popolizio è il papà Monaldo, il film è essenzialmente un one-man-show di Elio Germano, che potrebbe guadagnargli molti riconoscimenti. A volte il personaggio risulta però eccessivamente caricato, a cominciare da un look che, pur se storicamente attendibile, ricorda tanto il Cappellaio Matto di carrolliana memoria, lasciando un infido ghigno sul viso dello spettatore più smaliziato.

Curioso notare come emerga tra le righe una quasi storia omosessuale tra Leopardi e Ranieri, forse involontaria ma con troppi indizi per non farla apparire evidente.

Il giovane favoloso, quindi, non convince del tutto: è un’opera formalmente impeccabile, forse troppo lunga e, a tratti, noiosa con le sue quasi due ore e mezza di durata, adatta soprattutto per essere fruita nelle scuole per un veloce vademecum leopardiano.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ricostruzione storica impeccabile.
  • Cura formale generale.
  • Bravi gli attori.
  • Troppo lungo e, inevitabilmente, noioso.
  • Inutilmente didascalico e pedagogico.
  • Lascia il sapore di una costosa fiction per il prime time di Rai Uno.
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3 Responses to Il Giovane Favoloso, la recensione

  1. Matteo ha detto:

    Mi stupisce che in questo articolo si parli di pubblico del liceo classico… l’autore del suddetto probabilmente lo frequenta ancora! Il film di Martone non è perfetto, siamo d’accordo, ma è il tono dell’articolo che è assolutamente disprezzabile: allusioni da studentello che “non c’ha un cazzo voglia di guardare il film”… Mario Mattone?! È un argomento di recensione l’epiteto al regista? Allora parliamo di Akira dupalle Kurosawa e Stanley kenoia kubrick?! Ma va,va! E poi “abbigliamento da cappellaio matto di Carrolliana memoria”?! Ma dico, in contemporanea a questo film, è uscito I GUARDIANI DELLA GALASSIA” ed è anche in 3D! Forse l’autore dell’articolo troverebbe maggior giovamento da una pellicola più adatta ad un palato così fino! Ah, l’allusione omosessuale non era lasciata al caso, era intenzionale… Di criticabile c’è che non ha fondamenti storici e,soprattutto, l’eventualità non aggiunge o toglie elementi al personaggio… Quanto alla musica elettro-pop, l’ho trovata una nota stonata… Ma questo è soggettivo. Il film è un bel gradino al di sopra delle fiction, basta guardare la precisione nelle inquadrature e nella ricostruzione storica (poi c’è chi non fa questo genere di osservazioni quando guarda “LA VITA È BELLA”, che sembra girato per la prima serata su Italia1). Patetica la lettura delle poesie? Della serie “ciè, vabbè ho cpt, dai! Che palle!”… Ho capito… Mi dispiace.

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    • Lorenzo ha detto:

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  2. Roberto Giacomelli ha detto:

    Bella Mattè!

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