Il Grande Giorno, la recensione

Quasi tre anni fa, poco prima che il covid mettesse in pausa forzata il mondo del cinema, Aldo, Giovanni e Giacomo erano tornati carichi di entusiasmo e tanta voglia di divertirci con Odio l’estate, il film che li ha riuniti con il loro regista storico Massimo Venier. Consci dell’apprezzamento generale per questo gran ritorno, i tre attori/autori hanno fatto nuovamente squadra con Venier e con gli sceneggiatori Michele Pellegrini e Davide Lantieri per un’altra divertentissima e magnificamente calibrata commedia che affronta uno di momenti più temuti e desiderati da ogni coppia, il matrimonio. Ma Il Grande Giorno ci fornisce un differente punto di vista che non è quello di chi sta per convolare a nozze ma dei loro genitori, coinvolti nell’organizzazione dell’evento come se fossero proprio loro a doversi sposare!

Mancano tre giorni al matrimonio di Elio e Caterina, inseparabili fin da bambini, così come sono amici da una vita anche i loro padri Giacomo e Giovanni, co-proprietari di una fabbrica di divani nella provincia milanese. Per l’occasione, le due famiglie hanno noleggiato una villa su un’isola e stanno dedicando tutti i loro sforzi – nonché gli averi – all’organizzazione del grande giorno. Ma tra gli invitati c’è anche Margherita, ex moglie di Giovanni che è fuggita in Norvegia molti anni prima lasciando Caterina piccola. La presenza di Margherita, oltre ad essere motivo di pettegolezzo tra gli invitati, causa anche il malumore di Valentina, nuova moglie di Giovanni, ma soprattutto rischia di mandare a monte l’evento per colpa di Aldo, esuberante nuovo compagno della donna che nel tentativo di essere cordiale e attirare l’attenzione causa disastri a catena.

Nella ormai classica tradizione del trio comico, Aldo, Giovanni e Giacomo si dividono la scena equamente portando avanti dei personaggi inediti che non solo indossano i loro veri nomi ma incarnano tipologie caratteriali ben precise e in contrasto tra loro. Se Aldo è, come di consueto, l’elemento di disturbo, la scheggia impazzita che rende imprevedibile ogni situazione, Giovanni e Giacomo si scambiano i ruoli che spesso li hanno visti protagonisti: Giovanni Storti è maniaco della precisione, determinato, un po’egoista e incosciente nel gestire il budget a disposizione; Giacomo Poretti è introverso, ipocondriaco, precisino e soprattutto taccagno fino al midollo. Tre personaggi che, messi insieme, sono una vera e propria bomba a orologeria destinata ad esplodere, cosa che inevitabilmente accadrà portando a conseguenze affatto banali che generano quei colpi di scena che fin dalle origini hanno caratterizzato i plot dei lavori cinematografici del trio.

Se da una parte abbiamo momenti di irresistibile comicità centrati davvero benissimo, dall’altra abbiamo soprattutto un’ottima scrittura dei personaggi. Dei tre protagonisti abbiamo già parlato e, in fin dei conti, sono figli di tre caratteristi eccezionali, ma tutti coloro che gravitano attorno ad Aldo, Giovanni e Giacomo sono altrettanto memorabili e ben delineati, oltre che ottimamente interpretati.

Abbiamo la “barbie vintage” Lucia Mascino, che vive con distaccata pesantezza questa reunion forzata e abbiamo la determinata e comprensiva (nonché un po’ rancorosa) “moglie numero 2” Elena Lietti; ma c’è anche la paziente e (quasi sempre) comprensiva moglie di Giacomo Antonella Attili, così come ci sono i due giovani sposi Giovanni Anzaldo e Margherita Mannino che, comprensibilmente, si fanno più di una domanda durante il film e che la sceneggiatura riesce a tenere intelligentemente sullo sfondo lì dove, in un ipotetico altro film italiano, sarebbero stati i veri protagonisti. Come non citare tre fondamentali piccoli grandi ruoli che fanno la differenza? Il Don Ciccio di Francesco Brandi, il prete giovane e inesperto, ma soprattutto economico; il cardinale Pineider di Roberto Citran, ospite di prestigio e pericolosissimo catalizzatore di disgrazie; il maitre di Pietro Ragusa, paraculissimo professionista che non si scompone neanche davanti alla catastrofe evidente.

Il Grande Giorno è come una bellissima rimpatriata tra amici e non solo perché parla di amicizia, vera o presunta tale, portando a un livello successivo il fulcro tematico di tutta la filmografia di Aldo, Giovanni e Giacomo. È una rimpatriata anche tra il cast e lo spettatore, uno di quegli appuntamenti attesi che non dovrebbero mai mancare, se rimangano di qualità alta come in questo caso. Una commedia dolce-amara, realistica nel suo ostentato surrealismo del paradosso che sicuramente farà felici gli spettatori che Aldo, Giovanni e Giacomo li seguono da sempre.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una sceneggiatura molto calibrata che dà modo a tutti i personaggi di emergere e lasciare il segno.
  • Si ride (tanto), ma i momenti amari non mancano e ci si commuove perfino.
  • Certo, se non si è spettatori di Aldo, Giovanni e Giacomo la possibilità di vedere il bicchiere mezzo vuoto è più probabile.
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