L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat, la recensione

John Madden, regista britannico di grande levatura artistica, che ha diretto numerosi lungometraggi di successo, come Shakespeare in Love (1999), Il mandolino del Capitano Corelli (2001), Marigold Hotel (2012), solo per citare alcuni fra i tanti titoli, ritorna al cinema con L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat. Il film è tratto dal libro inchiesta di Ben Macintyre che riguarda l’Operazione Mincemeat, un piano condotto nella primavera del 1943 dai servizi segreti britannici per far credere all’esercito nazista che ci sarebbero stati degli sbarchi alleati in Grecia e in Sardegna.

La storia inizia nel 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, quando Winston Churchill (Simon Russell Beale) ha organizzato lo sbarco delle forze alleate in Sicilia. Ewen Montagu (Colin Firth) e Charles Cholmondeley (Matthew Macfayden), due agenti del servizio segreto inglese, architettano un piano ai danni dei nazisti, illudendoli che gli alleati sarebbero sbarcati in Grecia e non in Sicilia. Un piano che porterà a una serie di inevitabili conseguenze che modificheranno il corso della Seconda Guerra Mondiale.

Siamo abituati al modo di fare cinema di John Madden, abbiamo potuto vederlo nei suoi precedenti lavori, capace di saper dirigere egregiamente attori del calibro di Judy Dench, Geoffrey Rush, John Hurt, Maggie Smith, Tom Wilkinson e non fa eccezione quest’ultima opera. Colin Firth e Matthew Macfayden sono i protagonisti di L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat, una spy story ambientata principalmente in interni, che narra di fatti storici realmente accaduti e si muove seguendo una narrazione lineare, sceneggiata da Michelle Ashford, nota per aver scritto serie di successo come The Pacific e Masters of Sex. La sceneggiatura sembra seguire il binario di una rappresentazione teatrale, giocando tra finzione e realtà, proprio come abbiamo avuto modo di vedere in Shakespeare in Love.

Colin Firth, attore di straordinaria bravura (come non ricordare la meravigliosa interpretazione di Re Giorgio VI ne Il discorso del Re, vincitore di un Oscar come miglior attore protagonista per quel ruolo), veste i panni di un personaggio complesso e dalle mille sfaccettature, lontano anni luce dai personaggi interpretati in precedenza, che trova in Matthew Macfayden un’ottima spalla. Entrambi gli attori riescono a dare una grande prova attoriale, senza mai oscurare l’altro.

Poco convincente è invece Simon Russell Beale che veste i panni di Winston Churcill, il confronto con attori che hanno interpretato lo stesso ruolo in altri lavori è inevitabile.

La forza di questo lungometraggio è il modo in cui vengono raccontati gli avvenimenti, oltre a dei dialoghi brillanti, attraverso un’ottima ricostruzione storica che ci permette di immergerci in una delle pagine più importanti della Seconda Guerra Mondiale. La particolarità di quest’opera è quella di saper mostrare inganni, battaglie, sotterfugi, ma soprattutto anche intrighi sentimentali, che si fondono magnificamente in centoventotto minuti. Un’opera interessante da non perdere assolutamente.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
  • Una sceneggiatura che descrive in maniera egregia i fatti storici senza tralasciare nessun dettaglio, mischiando finzione e realtà.
  • Colin Firth e Matthew Macfayden si rivelano due attori di immensa bravura.
  • Potrebbe non piacere a chi ama le spy story.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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