Latin Lover, la recensione

Saverio Crispo è stato un grandissimo attore capace di lasciare il segno nella storia del cinema italiano. Un vero e proprio divo, eclettico ed affascinante, amato dal pubblico e lodato dalla critica. A dieci anni dalla sua morte, in occasione di una festa commemorativa, le sue quattro figlie, avute da quattro mogli diverse in parti altrettanto diverse del mondo, si radunano nella grande casa di un paesino pugliese dove l’attore è nato ed ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita. È l’occasione per una vera e propria rimpatriata familiare, a cui si uniscono anche due vedove, la moglie italiana che lo ha accudito negli ultimi giorni della sua vita e la moglie spagnola che lo ha amato durante il periodo dello spaghetti western. In attesa della cerimonia serale in cui sarà ricordato Saverio Crispo con la proiezione di alcuni dei suoi film più famosi, tutto sembra andare liscio, fino a quando irrompe Pedro del Rio, un anziano stuntman che sembra conoscere l’attore meglio di chiunque altro. Tra conferenze stampa, proiezioni commemorative e rivelazioni notturne di segreti mai confessati, le donne del grande divo italiano rivaleggiano e si confrontano in un crescendo di emozioni capaci di cambiare per sempre il ricordo del latin lover italiano.

Se è vero che ad ogni epoca corrisponde un grande attore è anche vero che il divo di oggi è stato privato di quell’aura quasi magica che caratterizzava le grandi star del passato. Con il passare degli anni, grazie all’avvento e alla massificazione delle svariate tecnologie comunicative, tutte quelle star che amiamo e che ci fanno sognare al cinema sono costantemente sottoposte all’occhio vigile e indiscreto della stampa che, mettendo a nudo vizi e virtù di questi grandi attori, ci ricorda quanto questi siano dei “semplicissimi” esseri umani una volta fuori da quel personaggio che li ha resi grandi sullo schermo.

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Ma un tempo non era così, il potere del gossip era sicuramente limitato, così che molti divi del passato riuscivano senza troppe difficoltà a tutelare la loro immagine e controllare le notizie che dovevano giungere alle masse. La grande star rimaneva grande anche fuori dal film ed ecco dunque che si innescava questo processo di “divinizzazione” di un individuo: l’attore smetteva di essere attore per divenire una vera e propria icona che nulla ha a che vedere con la gente comune. Anche se questo fenomeno ha trovato diffusione soprattutto in America, il divismo cinematografico pare sia nato proprio in Italia, a Torino intorno gli anni dieci, ed è sopravvissuto nel nostro Paese più o meno fino alla prima metà degli anni ottanta.

Cristina Comencini torna alla regia con un film che intende rievocare questo fenomeno di costume e che riflette, al tempo stesso, su quella che era la costruzione dell’immagine del divo di un tempo in netta contrapposizione – di conseguenza – a ciò che possono essere le star cinematografiche di oggi. Per compiere quest’attenta ed intelligente riflessione mètacinematografica, la Comencini crea da zero un autentico divo del cinema italiano, Saverio Crispo, una vera leggenda vivente che grazie al suo fascino e al suo talento è riuscito a fare la storia del nostro cinema cavalcando tutti i filoni di successo che si sono succeduti negli anni, dalla commedia degli anni ’50 allo spaghetti western degli anni ’60, sino ad arrivare al cinema d’autore impegnato. Attraverso una serie di clip di alcuni fake film interpretati da Crispo (magnificamente realizzate), unite a finti filmati di backstage d’epoca o false interviste del divo, Saverio Crispo vive davvero e la sua immagine riesce ad ingannare lo spettatore sin da subito convincendolo che Crispo sia stato veramente un grande nome del nostro cinema. Il finto divo posto al centro della narrazione della Comencini ha il volto di Francesco Scianna, il quale offre un’interpretazione straordinaria grazie ad una sua perfetta emulazione – tanto nel portamento quanto nel look – di quelli che sono stati molti divi italiani del passato e, su tutti, Saverio Crispo sembra voler ricordare molto da vicino Marcello Mastroianni o ancor di più Vittorio Gassman.

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Ma, paradossalmente, Crispo è il protagonista secondario della vicenda perché il film ha luogo dieci anni dopo la sua morte. L’immagine del divo si costruisce a poco a poco con lo scorrere della narrazione, grazie ai racconti di tutte le donne che hanno popolato la sua vita, di tutte coloro che lo hanno amato e venerato, dalle figlie alle mogli che gli sono state accanto in fasi particolari e delicate della sua movimentata vita. L’immagine di Crispo prende forma per mano dei ricordi, a tratti sbiaditi e a tratti lucidi, di tutte coloro che lo hanno conosciuto davvero…o che pensano di averlo conosciuto veramente.

Il lavoro della Comenicini risulta straordinario, carico di un’intelligenza sopraffina che permette alla regista di “giocare” con tutti i generi che hanno fatto grande la nostra cinematografia, dalla commedia al dramma, passando persino per simpatiche incursioni stilistiche pronte ad omaggiare il cinema western italiano. Un film con uno spessore unico, che grazie soprattutto ad un ottimo lavoro di scrittura ed uno straordinario montaggio, riesce nell’alternare abilmente momenti emozionanti ad altri davvero divertenti e leggeri.

Tanti i personaggi in scena, tutti molto complessi e differenti fra loro, incarnati da un cast di alto livello che – oltre al già citato Scianna – vede coinvolta, nell’ultima interpretazione della sua vita, la bravissima Virna Lisa (come prevedibile, il film è dedicato alla sua memoria) nei panni della moglie italiana del divo confinata in una posizione di amicizia/rivalità con la moglie spagnola di Crispo, interpretata da un’altrettanto brava Marisa Paredes. Nei ruoli delle figlie, la Comencini chiama attrici italiane di talento come Angela Finocchiaro e Valeria Bruni Tedeschi (probabilmente alla migliore interpretazione della sua carriera) ma anche attrici dal respiro internazionale come Candela Pena, Phila Viitala e Nadeah Miranda. Completano il cast, in ruoli secondari ma non per questo meno importanti, i bravi Neri Marcorè, Claudio Gioè, Toni Bertorelli, Lluis Homar e Jordi Molla.

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All’interno di un panorama cinematografico italiano in cui spesso, troppo spesso, ciò che manca sono le idee, colpisce non poco questo delizioso lavoro della Comencini, un film molto ancorato alla tradizione italiana pur dotato di un forte respiro internazionale e capace di omaggiare quel cinema che ci ha resi grandi e che viene ammirato e studiato in tutto il mondo. Latin Lover è un film destinato a lasciare un segno, anche se piccolo, all’interno della Nostra filmografia recente. Probabilmente, sarà la migliore uscita italiana del 2015. Da vedere.

 Giuliano Giacomelli

Pro Contro
  • Una storia originale ed interessante ricca di spunti intelligenti per riflettere sul fenomeno del divismo.
  • La Comencini attua una meditazione divertente e divertita sui generi cinematografici che hanno fatto grande il nostro cinema attraverso citazioni e fake film riproposti con fare attento e meticoloso.
  • Francesco Scianna dà corpo ad un divo assolutamente convincente.
  • Cast superlativo che vanta l’ultima magnifica interpretazione di Vina Lisi.
  • Magistrale lavoro di scrittura.
  • Ottimo utilizzo del montaggio.
Non riscontrati.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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