L’ATTRICE SUSAN TERRY SI RACCONTA A DARKSIDECINEMA.IT : DALL’AMORE PER SERGIO GRIECO ALL’AMICIZIA CON FEDERICO FELLINI

Ad accogliermi a braccia aperte, come se ci conoscessimo da una vita, è una donna cordiale e affabile. La sua spontaneità e cortesia colpiscono immediatamente, tanto che mi sento subito a casa. La dimora di Teresa Terrone, nome che probabilmente dirà poco o nulla a chi legge, è arredata con eleganza e si direbbe quella di una deliziosa signora come potrebbe essere una nostra zia o nonna. Ma le cornici traboccanti di ritagli di giornale e foto da set cinematografici raffiguranti una bella ragazza mora, rivelano e confermano che di fronte a me c’è anche Susan Terry. Proprio così: questa donna squisita e frizzante, che insiste perché accetti una fetta di torta e mi senta assolutamente a mio agio, negli anni Sessanta partecipava a feste favolose al braccio di Federico Fellini e interpretava film diretti da Sergio Grieco, che tanto fece che riuscì a sposarla.

Ma Susan mi ammonisce: “Mi fa piacere raccontarti la mia storia, ma non aspettarti niente di eccezionale!” Io, però, non sono affatto d’accordo.

Per la giovanissima Teresa, tutto cominciò una sera d’estate a Capri: “Cenavo con la mia famiglia all’hotel La Canzone del Mare dove, quella stessa sera, si sarebbe tenuta la finale di Miss Cinema. A un certo punto, un signore sconosciuto mi disse che qualcuno desiderava parlarmi. Io, interdetta, guardai i miei commensali chiedendomi chi mai quest’uomo potesse essere. Era Dino de Laurentiis! Allora non mi curavo molto del mondo dello spettacolo, anche per via della mia rigida educazione, quindi non sapevo nemmeno chi fosse di preciso. Fatto sta che partecipai al concorso all’ultimo minuto, quando ormai i giochi erano fatti e senza nemmeno indossare il classico costume da bagno da sfilata; sarebbe stato il pubblico del locale a decretare la vincitrice. Ebbene, la fortunata fui io. In seguito a questo episodio, il settimanale Le Ore – che si occupava soprattutto di cinema (e allora lo faceva seriamente) – mi dedicò la copertina e un servizio. In seguito, mi trasferii a Roma, nonostante le riserve dei miei genitori, e debuttai sul grande schermo con una piccolissima parte in Lo spadaccino misterioso di Sergio Grieco. Fu lì che conobbi per la prima volta colui che sarebbe diventato mio marito. Di lì a poco, mi unii come attrice alla compagnia itinerante d’avanspettacolo di Nino Lembo – Gino Landi era il coreografo – e girai tutta Italia. La mia famiglia la prese malissimo, mio padre nemmeno mi salutò ma fu il periodo migliore di tutta la mia carriera. La sera del debutto, in provincia di Viterbo, indossavo per la prima volta in vita mia calze a rete e guepiere. Non avevo la più pallida idea di come si portasse la lingerie, ed ecco che, per inesperienza e ignoranza, non misi gli slip! Gino Landi, che sedeva in platea, si accorse di tutto e mi fece una bella lavata di capo, dopo lo spettacolo! “Credi che i grandi applausi di stasera siano dipesi dalla tua straordinaria performance?” scherzò.

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Un’altra sera, giungemmo molto tardi in un paesino della Calabria. Avevamo una gran fame e un uomo stava giusto tirando giù la saracinesca della sua bottega, ma non sembrava intenzionato ad aiutarci. Dietro le persiane chiuse, potevamo intravedere mille paia d’occhi curiosi che sbirciavano quanto stava accadendo in strada e fu allora che qualcuno di non identificato, da una finestra nei paraggi, gridò al negoziante, alludendo a me: “E apri! Da’ da mangiare a Sofia Loren!”

Non era la prima colta che mi capitava di essere confusa con la Loren! Questo chiaramente non mi infastidiva, ma nemmeno mi lusingava. Tuttavia, grazie alla mia somiglianza, quella sera mangiammo!”

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È incredibile quanto abbia da raccontare. I ricordi di Susan scorrono come un fiume in piena. Mi racconta della successiva tournée con Johnny Dorelli e Betty Curtis, delle esperienze in tv con Guido Notari e Monica Vitti e di quelle sui set di Bruno Corbucci.

“Ecco che per strada non mi fermavano più perché ero ‘una che somigliava a Sofia Loren’ ma perché ero Susan Terry! Il nome d’arte, a proposito, fu scelto dal mio agente Peppino Perrone. Ho usato il mio vero nome solo alla fine della mia carriera, ne La Piovra, ad esempio. Ma non ho mai guardato i miei film, nemmeno alle proiezioni per la troupe. Sono sempre stata ipercritica con me stessa, quasi vergognandomi se mi si chiedeva un autografo”.

Le chiedo, a questo punto, del suo grande amore per Sergio Grieco, prima compagno di set, poi di vita.

“Il mio primo film, e quindi il nostro incontro, risale al 1955. Siamo stati amici per tanti anni, nonostante lui si fosse dimostrato subito interessato a me. Io invece lo vedevo come un buon amico e addirittura gli parlavo delle mie relazioni. Poi, con tempo e pazienza, ha saputo conquistarmi. Devo però confessare che l’unione con mio marito, artisticamente parlando, fu un danno per me. Sergio era un signore, un uomo straordinariamente colto e affascinante. Giuliano Montaldo lo definì il migliore, professionalmente e culturalmente, della loro generazione, che contava artisti del calibro di Luchino Visconti, Gillo Pontecorvo, Carlo Lizzani etc. Però il suo carattere schivo e solitario mi ha sempre molto frenata. Non gliene faccio una colpa, evidentemente neanche io ero così determinata a emergere da trascurare il suo parere. Tenevo più a lui che alla carriera, ma non nascondo che oggi un po’ me ne pento. Sergio detestava la vita mondana e non dava confidenza agli attori al di fuori della lavorazione dei film. Io ero molto più giovane di lui ed ero un tipo estroverso e ottimista. Smisi di lavorare per stargli vicino e cercai di cambiarlo. Organizzavo cene e serate in compagnia, ma lui non apprezzava. Sbagliai e fallii. Io rappresentavo sia il lavoro che la sfera privata, cose che lui era abituato a tenere nettamente separate, e forse era questo a metterlo in crisi. Nei suoi film in cui ho recitato, non sono stata assolutamente valorizzata rispetto agli altri interpreti, nonostante fra noi fosse in corso una storia. A me andava sempre il secondo ruolo femminile. Ma io ho dato sempre grande importanza, negli anni della nostra vita insieme, al nostro amore. Ricevere amore è sempre stato più importante che avere successo”.

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Ad ostacolare la carriera di attrice di Susan non fu però solo la gelosia di Sergio Grieco, ma anche qualche sgradevole episodio: “Ricordo una volta in cui un noto regista e sceneggiatore italiano, ancora in vita,  mi disse che per me sarebbe stato molto difficile lavorare proprio perché ero la moglie di un collega. Avrei, pertanto, potuto riferirgli i segreti del mestiere di altri artisti che poi lui avrebbe potuto copiare… Tuttavia, se fossi stata ‘carina’ con lui, forse…
Questa è una delle ragioni per cui non amo molto il cinema di Quentin Tarantino, che ho conosciuto perché ha acquistato i diritti di un soggetto di mio marito Sergio, dal quale poi è stato tratto il film Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari. I film di Tarantino, a parer mio, hanno dato risonanza al lavoro di una generazione di registi italiani deprecabili, tanto dal punto di vista professionale che umano”.

In Susan convivono dolcissimi ricordi e cocenti rimpianti. Riconosce di esser stata troppo poco intraprendente, in passato, ma è felice di poter contare, ancora oggi, sull’amicizia sincera di artisti indimenticabili: “Senza esagerare, posso dire che avrei dovuto interpretare il ruolo che poi andò a Claudia Cardinale ne Un maledetto imbroglio di Pietro Germi. Naturalmente il destino è scritto ed evidentemente il mio era molto diverso dal suo. Lungi da me dichiarare che lei debba a me la sua fortuna, ma forse accettare quel ruolo avrebbe fatto la mia. Ma io preferii partire per Milano, per raggiungere il mio fidanzato di allora… Purtroppo! Una storia che si è ripetuta anche con Damiano Damiani, che era anche un amico. Dovevo interpretare la contessa Olga Camastra ne La Piovra, ruolo che poi andò a Florinda Bolkan. Alla fine, recitai solo una scena con Michele Placido, nella parte finale della serie.

Cristina Gajoni vinse il Nastro d’Argento per la sua interpretazione in Nella città d’inferno di Renato Castellani; anche quel ruolo doveva essere mio. Giulietta Masina era a sua volta nel cast e, quando andai al Centro Safa Palatino per avere i risultati del provino, mi prese le mani, mi guardò negli occhi e mi disse: “Se rifiuti il ruolo, sei pazza! Se ti vuoi un po’ di bene, non farlo!” Ma stupidamente non le diedi ascolto. L’amicizia di lei e di Federico Fellini, dopotutto, bastava a rendermi felice. Era un rapporto sincero e leale. Conoscere, nel mondo dello spettacolo, persone meravigliose come Giuliano Montaldo, Pietro Germi e altri, con i quali è nata una solida e disinteressata amicizia, è stata la mia vittoria. E io me ne contentavo; sinceramente, non mi è mai passato per la testa di confondere l’amicizia con il lavoro. L’unica eccezione l’ho fatta recitando ne La Dolce Vita, proprio per Fellini. Lui è sempre stato un caso a parte… Me lo presentò Maurizio Mein. Quante serate di festa trascorse insieme a lui e Franco Rossi (regista de Il Seduttore). Fellini era un folle, una persona simpaticissima. Allora mi concedevo spesso di andare alle feste, Sergio era ancora soltanto un amico. Durante una di queste serate, io avevo i capelli neri lunghissimi raccolti in una treccia che mi arrivava ai glutei, e Federico mi fece indossare un vestito stupendo, dal taglio orientale, e mi fece passare per una principessa indiana che non parlava italiano. Mi presentò a tutti in queste vesti e io non potei aprir bocca tutta la sera!”

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Lascio casa di Susan/Teresa, non senza aver prima accettato di assaggiare la squisita torta, entusiasta, pensierosa e incredibilmente incuriosita. Abbiamo chiacchierato per quasi due ore; sono volate e tante domande mi frullano ancora in testa: mi piacerebbe continuare a parlare con lei, approfondire i suoi aneddoti, chiederle di più sul suo passato emozionante, difficile… autentico. Peccato che il nostro tempo sia finito. Ma Susan, irresistibile ed elegante oratrice, mi congeda con una promessa: “Se vorrai saperne di più, potrai telefonarmi quando vuoi…” E io credo proprio che lo farò…

Chiara Carnà

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