Lo sciame, la recensione

Se nell’immaginario collettivo l’estate fa rima con sole, mare, spiagge, vacanza e tanto divertimento, per gli appassionati dell’horror, invece, le atmosfere balneari fungono anche da suggestivo sfondo per serate passate con amici a guardare film con protagonisti killer mascherati alla caccia di allegre compagnie di adolescenti, fantasmi e demoni di ogni tipo e, soprattutto, animali feroci, famelici e senza pietà per le proprie vittime.

Un filone, quello dei beast movie, che oltre a ergere a protagonisti i classici squali e mostri marini, di tanto in tanto propone come minacce gli animali da sempre pronti a rovinare la quiete estiva: gli insetti. Sono tante, infatti le produzioni di ogni tipo e ambizione, per la maggior parte di serie B o addirittura direct-to-video, nelle quali sciami di api o altri animaletti simili mettevano a repentaglio l’incolumità di intere città, dando vita a storie dall’alto tasso di “ignoranza”, spettacolarità e azione. Il tutto, spesso e volentieri, a discapito della qualità sia dal punto di vista della scrittura, con storie il più delle volte inverosimili e lacunose, sia di quello della recitazione, piuttosto mediocre e approssimativa.

A risollevare le sorti di tale filone, o almeno a provarci, ci pensa Just Philippot che per il suo esordio alla regia, dal titolo Lo sciame (La Nuée in originale), utilizza un feroce sciame di cavallette assetate di sangue umano per realizzare una sagace metafora dei rapporti tra genitori e figli e per delineare i limiti delle passioni e delle ossessioni umane, mostrandoci fino a che punto queste possono corrodere l’animo di chi ne è vittima e schiavo.

Ciò che ne viene fuori è un film, disponibile sulla piattaforma Netflix, molto ambizioso, profondo nelle sue intenzioni, ma dai risultati altalenanti in quanto l’apprezzabile idea di base va a scontarsi con difetti strutturali, causati da una regia ancora acerba e insicura e una scarsa capacità nel gestire la tanta carne messa a cuocere in una sceneggiatura balbettante.

Virginie è una madre single che per tirare avanti e crescere i suoi figli, Laura e Kevin, ha deciso di dedicarsi alla produzione di un alimento pregiato ma ancora di nicchia: la farina derivata dalle cavallette. Gli affari però, come preventivabile, non vanno nella maniera sperata e le cose peggiorano anche nei rapporti con i figli, i quali lamentano una scarsa attenzione da parte della mamma nei loro confronti e, come se non bastasse, sono vittime di sberleffi da parte dei coetanei legati proprio al lavoro del loro genitore. Ma proprio quando tutto sembra andare a rotoli, Virginie scopre per puro caso che per aumentare la qualità e la quantità della farina occorre nutrire le cavallette con litri e litri di sangue, anche a costo di sacrificare sé stessa.

Una premessa è d’obbligo: chi si avvicina a Lo sciame con l’idea e l’intenzione di guardare un horror puro con insetti cattivi che attaccano gli uomini, può tranquillamente passare oltre ed evitare di perdere tempo. Fin dalle prime battute, infatti, Philippot lascia intendere che il suo lavoro è incentrato più su toni drammatici, volti ad analizzare il rapporto tra i personaggi e le loro evoluzioni psicologiche che su dinamiche orrorifiche e sanguinolente per soddisfare palati grandguignoleschi.

L’attenzione, in particolare, si sposta su Virginie la cui passione per il suo lavoro diviene ben presto un’ossessione che ha come tragica conseguenza non solo il deteriorarsi del rapporto con i figli, ma anche quella di diventare una cosa sola con le sue amate cavallette. E non solo nel senso figurato del termine. Il regista francese, infatti, si dimostra abile nel tradurre questa follia della protagonista in immagini molto forti, quali inquadrature ravvicinate delle ferite provocate da punture o altre dalla carica decisamente più simbolica ed evocativa, come quella della donna ricoperta da centinaia di insetti.

Questa grande cura per il comparto visivo, tuttavia, non permette al film di raggiungere le vette sperate ed anzi si perde all’interno di un insieme mal amalgamato e con tanti difetti.

Come accade spesso ai prodotti ambiziosi e con grandi premesse, infatti, le buone intenzioni vanno a scontrarsi con una realtà rappresentata da una sceneggiatura deficitaria, poco avvincente e, soprattutto, incapace di rendere appassionanti personaggi che non riescono ad emozionare e a creare la giusta empatia con uno spettatore indifferente a quanto accade sullo schermo. A questo discorso, poi, va aggiunta la quasi totale attenzione ai personaggi che ruotano intorno a Virginie, molto presenti sulla scena ma alla lunga impalpabili e poco incisivi.

Lo sciame, in conclusione, è un’opera che mette in evidenza le buone idee di Just Philippot, regista interessante ma ancora con ampi margini di miglioramento come narratore ed anche nel creare la giusta tensione, altra grande pecca di questo film.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Philippot cerca di innalzare il livello di un genere storicamente non di alta qualità.
  • Buona cura delle immagini e del loro impatto sulla storia.
  • I personaggi risultano piatti e poco empatici.
  • Gestione della tensione non ottimale come dovrebbe.
  • Sceneggiatura lacunosa e non ben strutturata.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Lo sciame, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.