Mank, la recensione

Quarto Potere di Orson Welles, uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, fu candidato a ben 9 Oscar, vincendone solo uno, per la miglior sceneggiatura originale di Herman J. Mankiewicz e dello stesso Welles.

A quasi ottant’anni da quel premio, però, la diatriba su chi abbia scritto questa meravigliosa sceneggiatura è ancora viva: la paternità è davvero di entrambi? O Welles si prese tutto il merito quando Mank accettò una buona proposta economica, nonostante si sia poi reso conto di aver dato vita alla sua miglior sceneggiatura?

Mank, il nuovo film di David Fincher in arrivo su Netflix dal 4 dicembre, racconta la genesi della sceneggiatura più discussa di tutti i tempi, quella di Citizen Kane, e lo fa proprio dal punto di vista dello sceneggiatore, l’ex-drammaturgo Herman J. Mankiewicz, soprannominato Mank.

Anche se su carta può sembrare solo questo, Mank non si limita a raccontare la storia che si cela dietro le quinte di Quarto Potere, e non è nemmeno soltanto una semplice biografia. È lo specchio di un’epoca, di una Hollywood tanto grande quanto marcia, che si arricchiva sulla crisi economica privando i propri dipendenti più umili di qualsiasi salario. Di grandi major che mettevano gli interessi personali e politici davanti a qualsiasi cosa, soprattutto davanti all’arte. È una critica lucidissima, e purtroppo parecchio attuale, ad un’industria ipocrita e senza scrupoli che bada solo al business. Ma è anche un elogio, distaccato e allo stesso tempo appassionato, di un cinema grandioso.

Tutto ciò è riassunto nella storia di Mankiewicz, interpretato da un appesantito e bravissimo Gary Oldman, che nel 1940, a Victorville in California, rimane vittima di un brutto incidente stradale che lo vede costretto a letto con una gamba rotta per un lungo periodo di tempo.

60 lunghi giorni, passati in una sperduta casetta nel deserto, gli stessi che ha per scrivere quella che sarà la sceneggiatura più bella della sua vita, ossia quella di Quarto Potere.

Una corsa contro il tempo per scrivere un’opera impossibile, con il fiato di Welles sul collo, Mank riesce a costruire una storia sul potere dei grandi uomini pescando dai suoi ricordi e dalle sue esperienze personali, soprattutto quelle vissute accanto allo spietato editore William Randolph Hearst, ispiratore proprio di Charles Foster Kane, protagonista del film che sta scrivendo.

Da queste premesse, David Fincher prende il coraggio a piene mani, come all’epoca fece Orson Wells, per confezionare un film ardito, partendo da una sceneggiatura di suo padre Jack Fincher scritta negli anni ’90, ma troppo complessa e audace da poter essere realizzata.

La trama del film è intrecciata in continui flashback, scanditi da sovrimpressioni che ricordano proprio i capitoli di una sceneggiatura, che ci portano dal 1940 fino al 1934. Flashback che sono anche un ovvio riferimento alla stessa struttura di Quarto Potere.

Mank è pregno di un cinema che non c’è più e, nonostante sia stato realizzato nel 2020, si ha quasi l’impressione che sia un film anni ’40 riscoperto solo in epoca recente. È coraggioso anche perché parla ad un pubblico ristretto, poiché rivolto ai veri cultori della settima arte.

Ci si immerge del tutto negli anni ’30 grazie ad un perfetto bianco e nero, all’utilizzo del formato 2.2:1, all’audio mono che rende tutto molto ovattato e alla tecnica del panfocus (rilanciata non a caso proprio da Quarto Potere). Anche la precisione e la cura dei costumi e delle scenografie proiettano lo spettatore in un’epoca riconoscibilissima, senza contare la chicca delle finte bruciature di sigaretta sulla pellicola e delle dissolvenze a nero.

Quarto Potere è riuscito ad essere un punto di svolta per la storia del cinema guardando al futuro, grazie soprattutto ad una sceneggiatura coraggiosa e sperimentale che prende a schiaffi lo spettatore abituato fin troppo bene a trame lineari.

Lo stesso fa Mank, ma guardando al passato, con un ritmo meno serrato di Quarto Potere ma più o meno con la stessa forza e lo stesso coraggio.

Mank sbarca su Netflix dal 4 dicembre 2020, purtroppo senza prima passare come evento in sala come era inizialmente previsto. Sbancherà gli Academy Awards 2021? Probabilmente sì!

Rita Guitto

PRO CONTRO
  • Gary Oldman è eccezionale.
  • Il reparto tecnico è estremamente curato.
  • Sembra davvero un film di quell’epoca.
  • Non è un film pensato per tutti, ma solo per i veri appassionati di cinema, che conoscono la storia della Hollywood anni ’30.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 8.5/10 (su un totale di 2 voti)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Mank, la recensione, 8.5 out of 10 based on 2 ratings

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.