Prey, la recensione

Quello tra il genere horror e la piattaforma di streaming più famosa e potente del pianeta, ossia Netflix, è un rapporto a dir porco tormentato, dagli equilibri precari e ancora tutti da trovare e, soprattutto, caratterizzato da un andamento altalenante tra luci, poche a dirla tutta, e ombre, tante forse troppe. Una situazione di stasi derivata dal fatto che il colosso mondiale non ha ancora individuato una linea produttiva ben precisa da seguire ed anzi cade spesso nell’errore di voler accontentare diverse fasce di appassionati, cercando di strizzare l’occhio sia ai veterani del genere che al pubblico più giovane, o addirittura a chi di horror ne mastica poco. Insomma, la logica è quella del “un colpo al cerchio e uno alla botte” che però non ha mai portato lontano.

La normale conseguenza, dunque, non poteva che essere una sfilza di titoli senza un’apparente coerenza narrativa e stilistica e, quanto di più grave, senza una linearità di distribuzione, e che quindi non riescono a soddisfare nessuna delle categorie di cui sopra.

Tendenza alla mediocrità che prosegue nel suo mesto e inesorabile cammino anche con Prey, film con il quale il regista tedesco Thomas Sieben cerca di varcare i confini nazionali per imporsi al grande pubblico come uno degli autori emergenti in campo horror del vecchio continente. Un tentativo, già di per sé difficile vista la tradizione importante che vanta l’Europa in tal senso, resa ancora più ardua e perdente in partenza da un film nel complesso godibile, ma falcidiato da innumerevoli vizi di sceneggiatura e da un approccio stilistico approssimativo che impediscono di dare sfogo a tutte le sue potenzialità. Ciò che ne viene fuori è un horror di avventura teso e vibrante solo a tratti che non decolla mai del tutto e che sembra implodere su sé stesso con il passare dei minuti.

Roman si reca in un bosco con suo fratello e altri tre amici per festeggiare il suo imminente matrimonio e trascorrere gli ultimi giorni da scapolo tra scherzi, passeggiate spericolate, battute e prese in giro. Un clima goliardico che però viene bruscamente interrotto da una pallottola vacante che, sparata da un punto imprecisato, colpisce uno dei componenti dell’allegria compagnia. Se in un primo momento i protagonisti pensano che si tratti di un incidente, ben presto cambieranno idea e scopriranno di essere nel mirino di una feroce e spietata cacciatrice in cerca di vendetta.

Un gruppo di amici di vecchia data, una gita tra la natura incontaminata e un killer spietato e pronto a uccidere, uccidere…e ancora uccidere: tutto si può dire tranne che Sieben non voglia poggiarsi su stilemi narrativi codificati e radicati, allo scopo di andare sul sicuro e dar vita ad un film avvincente e appassionante. Ebbene, il regista teutonico riesce nella non facile impresa di prendere tale spartito e trasformarlo in un horror che, seppur si lascia guardare con piacere, non lascia il segno sotto ogni punto di vista e disperde il suo enorme potenziale a causa di continui errori dell’autore.

Le criticità si palesano, tanto per cominciare, in una sceneggiatura – scritta dallo stesso regista – fatta di dialoghi ai limiti del grottesco e del comico involontario, personaggi mal sviluppati e neanche ancorati ai soliti standard del filone e, come se non bastasse, una quasi totale mancanza di colpi di scena e intrecci che avrebbero conferito maggior ritmo ad una storia già di per sé anonima e dimenticabile.

Aggettivi, questi ultimi due, da poter attribuire anche alle ambientazioni, con i boschi i cui spazi angusti e asfissianti non riescono a incutere né ai protagonisti né allo spettatore quel senso di oppressione e di minaccia continua e diventare così il teatro perfetto del classico meccanismo del gatto che gioca con il topo.

Eppure qualcosa da salvare c’è, e le poche note positive risiedono in sporadiche scene d’azione girate in maniera scolastica ma comunque convincente nel complesso, e il look del villain efficace nel trasmettere tensione, senso del mistero e quell’alone di lucida follia e sete di vendetta che muove i suoi atti da omicida.

Prey, in conclusione, per ciò che è stato detto sopra, rientra nell’enorme calderone di produzioni Netflix che partono da buone premesse, ma che poi si rivelano a conti fatti operazioni perdenti e incapaci di accontentare nessuna fetta di appassionati.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • La trama ha una buona premessa di partenza.
  • Scene d’azione girate discretamente e un villain dall’aspetto enigmatico.
  • Ritmi incostanti e con cali di tensione evidente.
  • L’intreccio manca di colpi di scena e twist finali.
  • Ambientazioni naturali poco sfruttate in chiave horror.
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Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
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Prey, la recensione, 5.5 out of 10 based on 2 ratings

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