Roma Criminale, la recensione

Marco Lanzi è vice questore in un commissariato della periferia romana. Lanzi è un giovane poliziotto dai metodi poco ortodossi ma votato alla difesa della legge dopo che da bambino ha visto uccidere sotto i suoi occhi il padre, anche lui poliziotto. Ad ucciderlo è stato Vincenzo Marazzo, detto er Toretto, esperto in rapine che ha scontato 30 anni di prigione ed ora è stato liberato. Toretto si mette subito in affari con Columbia, un boss sudamericano che gestisce un traffico di stupefacenti a Roma. Ma la loro collaborazione prevede una rapina in banca milionaria e per far questo l’ex galeotto mette su una squadra formata dai suoi collaboratori di una volta. Ovviamente Lanzi darà loro filo da torcere.

C’era un tempo in cui in Italia al cinema andavano davvero forti guardie e ladri. Tra commissari di ferro, poliziotti spint, boss, gobbi, trucidi, cinici, infami e violenti, la mala che ordina, la polizia che chiede aiuto oppure ha le mani legate erano le grandi città a subire ogni tipo di angheria: Milano, Roma, Napoli, Torino… ognuna di esse può essere violenta, rovente, tremare, odiare, classificata calibro 9, nera, a mano armata e chi più ne ha più ne metta. Erano i gloriosi anni ’70 e il mitico poliziottesco – come certa critica ribattezzò questo filone tutto italiano – mieteva incassi al botteghino con le pellicole che portavano la firma di maestri come Fernando Di Leo, Stelvio Massi e Umberto Lenzi e hanno eletto a vere star i vari Tomas Milian, Maurizio Merli, Claudio Cassinelli e Luc Merenda. Un filone che pian piano si è esaurito: prima contaminato con la commedia nei vari film con Milian diretti da Corbucci, poi si è estinto, trovando una sorta di eredità in alcuna fiction che a partire dalla fine degli anni ’80 ha portato certe tematiche sul piccolo schermo, inevitabilmente snaturandole, con l’eccezione della magnifica serie di Stefano Sollima Romanzo Criminale. E stando al titolo e al carattere utilizzato per comporlo, Roma Criminale sembrerebbe volersi ispirare proprio alla serie di Sollima o al film di Michele Placido che l’ha generata e invece il film di Gianluca  Petrazzi è un sentito omaggio proprio a quel poliziottesco ormai entrato nella storia del nostro cinema.

C’è da dire che Petrazzi non è nuovo a questo mondo perché figlio d’arte e stunt coordinator, cresciuto sui set proprio di quei poliziotteschi dove suo padre Riccardo faceva anche lui da stunt e da aiuto regia, dunque quasi un omaggio dovuto a quel cinema che ne ha formato carattere e immaginario. E così arriva Roma Criminale che Petrazzi dirige e scrive cercando di aggiornare tematiche ed atmosfere di certo cinema action/poliziesco d’antan.

Columbia si prepara all'azione

Columbia si prepara all’azione

Roma Criminale fa tenerezza perché è un film si sgangherato e vistosamente povero, ma simpatico e affettuoso nell’approcciarsi con sincerità a certo cinema che oggi non si fa più e in molti rimpiangiamo.

Il difetto più macroscopico del film di Petrazzi sta nella sceneggiatura che sfoggia alcuni personaggi con grandi potenzialità, come Toretto, alternati ad altri completamente evanescenti anche se di fondamentale importanza per la storia, come il protagonista Marco Lanzi. Toretto è un criminale di altri tempi che si ritrova immerso in una Roma che non riconosce più, così com’è in pasto alla criminalità straniera e al traffico di droga che lui non ha mai appoggiato. È un altro figlio d’arte, il bravo Luca Lionello, a dare volto a Toretto caratterizzandolo con un mix di personaggi che hanno reso celebre Tomas Milian, sia nel comportamento che nell’aspetto (impossibile non notare la sua mise alla Nico Giraldi prima maniera e la risata stile Gobbo). Lanzi, che invece ha il volto dello stuntman Alessandro Borghi, dovrebbe essere il poliziotto irruento alla Merli, giustificato solo dal fatto che da piccolo ha assistito all’uccisione del padre, ma è un personaggio risaputo e banale e lo stesso Borghi non ha la forza espressiva per valorizzarlo. Anche il vero villain della vicenda, Columbia, interpretato da Corrado Solari, sembra quasi una parodia del classico narcotrafficante sudamericano da film statunitense, così da non apparire mai credibile.

Va aggiunta una cattiva gestione degli eventi che vedono il dilungarsi della vicenda su alcuni passaggi e una certa frettolosità nella conclusione, con il risultato che a tratti si sbadiglia e ad altri ci si trova un po’ disorientati da un susseguirsi degli eventi poco chiaro se non proprio confuso.

Toretto interpretato da Luca Lionello

Toretto interpretato da Luca Lionello

Complice sicuramente il basso budget a disposizione, che traspare anche da una messa in scena poveristica, Roma Criminale non può concentrarsi su quel topos del poliziottesco che è l’azione, soppiantata da troppe chiacchiere e locations prevalentemente in interni. Ed è un peccato perché l’inseguimento iniziale è realizzato molto bene e mostra in una manciata di minuti tutto lo spirito di quei film a cui Petrazzi fa riferimento.

Le citazioni al poliziottesco sono numerose e trovano l’apice nel personaggio di Gargiulo, storico collaboratore di Giraldi in alcuni film della saga del “Monnezza”, qui interpretato proprio dal mitico Massimo Vanni che gli dava volto negli anni ’80, che si presta simpaticamente anche a replicare l’ormai nota battuta di “Ipponatte”.

E dunque Roma Criminale si esaurisce qui, un accorato omaggio a un cinema disimpegnato e divertente che oggi purtroppo non si fa più, ma mostra troppi limiti per essere preso davvero sul serio. L’affetto si nota e per questo ci è simpatico a prescindere, ma il cinema, quello vero, in fin dei conti non risiede qui.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Traspare tutto l’affetto per il filone poliziesco italiano degli anni ’70.
  • Le rare scene d’azione sono ben realizzate.
  • Sceneggiatura piena di buchi.
  • Messa in scena poveristica.
  • Riesce ad annoiare.

 

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