Maria per Roma, la recensione
Chiunque abiti o lavori nella capitale si può facilmente rispecchiare nelle situazioni in cui incappa la protagonista di Maria per Roma: il film racconta infatti una giornata tipo di Maria, aspirante attrice che per sbarcare il lunario lavora come key holder. Da mattina a sera, Maria sfreccia sul suo motorino per consegnare le chiavi di appartamenti di lusso ai turisti affrontando, nel frattempo, audizioni, il traffico romano e i rimbrotti della madre.
Il film diretto da Karen Di Porto, anche protagonista e sceneggiatrice, intende configurarsi come una commedia agrodolce sulle sfide quotidiane. Roma stessa viene descritta come una sorta di ostacolo ma allo stesso tempo come una tappa di ristoro dal caos circostante e interiore: la regista è riuscita a cogliere la doppia anima della capitale, raccontando episodi autobiografici che tuttavia suonano famigliari allo spettatore.
Nonostante ciò Maria per Roma risulta comunque un film troppo acerbo, portatore di buone intenzioni che spesso non vengono sfruttate a dovere. In alcune scene, ad esempio, emerge dell’ironia di fondo che però compare saltuariamente, alternandosi a momenti di eccessiva lentezza che comunicano poco o nulla.
Perciò le buffe vicende vissute da Maria, nonché le scarne riflessioni che ne conseguono, non bastano a rendere il film il nuovo fenomeno pop della Festa del cinema di Roma 2016, dove è stato presentato in anteprima. Secondo il direttore artistico Antonio Monda, infatti, Maria per Roma avrebbe dovuto bissare il successo raggiunto da Lo chiamavano Jeeg Robot nella precedente edizione, ma probabilmente così non sarà.
Giulia Sinceri
PRO | CONTRO |
È una commedia simpatica sulla vita agrodolce di una donna romana. | È un film portatore di buone intenzioni che però non vengono sfruttate a dovere. |
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