Shorta, la recensione

Un anno fa, nel maggio del 2020, le cronache di tutto il mondo riportavano la notizia della morte di George Floyd, deceduto a Minneapolis in seguito al violento fermo della polizia. Un episodio terribile e sconvolgente che ha (ri)sollevato la questione razziale nella società americana lanciando il movimento Black Lives Matter. Un evento che di certo non è nuovo alla comunità afroamericana, tanto che il cinema molte volte ha denunciato questi accadimenti con film di impegno civile o di intrattenimento che sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni. È curioso notare che una situazione molto simile a quella realmente accaduta a Minneapolis è il motore propulsivo anche di Shorta, un film indipendente di nazionalità danese che è stato girato prima della tragica storia di Floyd ed è arrivato sugli schermi internazionali poco dopo l’evento.

Un ragazzo della comunità islamica danese è stato fermato con violenza dalla polizia e ora si trova in gravissime condizioni in ospedale. Il ghetto islamico è in fermento e il capo della polizia raccomanda i suoi agenti di stare alla larga da quella zona, salvo emergenze. Ma proprio un’emergenza chiama nel ghetto la volante che ha a bordo il giovane agente Jens Høyer e il più anziano Mike Andersen. Se il primo ha modi gentili e fare pacato, il secondo è irruento e fa abuso del suo potere. Quando giunge la notizia che il ragazzo in ospedale è deceduto, nel ghetto scoppia una vera e propria rivolta che travolge in pieno i due agenti che si trovano a fuggire attraverso il quartiere per evitare l’ira dei manifestanti.

Con alcune affinità al bel poliziesco francese I Miserabili (2019) di Ladj Ly ma con un mood completamente differente che accentua il clima da guerriglia urbana, Shorta (conosciuto anche come Enforcement) rappresenta l’esordio alla regia di un lungometraggio del duo Frederik Louis Hviid, Anders Ølholm. I registi hanno costruito il loro film come il classico del genere Training Day (2001), portandoci al fianco di una pattuglia di polizia durante quello che dovrebbe essere un giorno di servizio come un altro. Non c’è quell’acume di elegante realismo come nel recente Roubaix, une lumière (2019), piuttosto Shorta si addentra fin da subito nei meandri di una narrazione cruda ed esagitata che ricorda certo cinema americano, a metà tra Walter Hill e John Carpenter.

I due personaggi principali, interpretati con grande efficacia e intensità da Simon Sears e Jacob Lohmann (qui una nostra intervista ai due attori), si presentano inizialmente rappresentando due tipologie caratteriali molto basiche ed opposte tra loro: da una parte abbiamo l’agente giovane e responsabile, tollerante e molto attento al codice disciplinare delle forze dell’ordine; dall’altra c’è un agente più anziano, padre di famiglia, irruento e violento, con pregiudizi razziali e che utilizza il potere del suo distintivo in maniera poco ortodossa. I due caratteri, però, non sono così bianco/neri come ci appaiono all’inizio e nel corso dell’avventura che li coinvolge, entrambi i poliziotti mostreranno un’evoluzione affatto banale che li porterà a rivedere le proprie caratteristiche caratteriali e posizioni, nel bene e nel male.

Shorta vanta un ritmo incalzante da action urbano e il duo Hviid/Ølholm riesce a confezionare alcuni momenti d’azione davvero esemplari, come la violenta colluttazione nei bagni che mostra una grande professionalità nella gestione degli spazi e un’idea di cinema che abbraccia il genere. Perché uno dei grandi pregi di Shorta è il suo essere civilmente impegnato (è pur sempre un film di denuncia) ma allo stesso tempo utilizza il linguaggio del genere avvicinando tematiche importanti alle atmosfere del thriller metropolitano. Il risultato è davvero ottimo.

Shorta, dopo aver fatto l’esordio su Prime Video a inizio maggio, è disponibile in Blu-ray e DVD distribuito da Blue Swan Entertainment.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riesce a gestire perfettamente tematiche civili e ritmo da cinema di genere.
  • I due protagonisti sono ben delineati e molto ben interpretati.
  • L’ultimo atto del film è leggermente più sottotono in confronto a quello che l’ha preceduto.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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