Somnia, la recensione

Fattosi notare nel 2005 con un cortometraggio che poi, nel 2013, è diventato Oculus – Il riflesso del Male, Mike Flanagan si è imposto oggi come uno dei nuovi punti di riferimento per il cinema del terrore. Il 2016, infatti, è il suo anno e non solo perché esce con ben due film, l’home invasion Hush – Il terrore del silenzio e Somnia, ma è anche nella cerchia di candidati a rilanciare Michael Myers nel prossimo film della saga di Halloween. Ma soffermiamoci su Somnia, che arriva nelle nostre sale in anteprima mondiale grazie a Koch Media e Midnight Factory.

Cody ha otto anni e un record di adozioni fallite. Rimasto orfano quando era piccolissimo, Cody passa da famiglia in famiglia lasciando dietro di sé una scia di inquietanti sparizioni. Ora il bambino è stato adottato da Jessie e Mark Hobson, che hanno perso il loro bambino in un tragico incidente domestico. Cody sembra il figlio ideale: educato, gentile, tranquillo… ma nasconde un terribile segreto, possiede il potere di materializzare i suoi sogni e, ovviamente, anche gli incubi.

somnia 4

Con una prima parte magistralmente costruita su un crescendo di mistero e tensione, accompagnati anche a una particolare attenzione per il fascino che i poteri di Cody possono suscitare (specialmente le sue coloratissime farfalle), Somnia pian piano sfocia nell’horror più convenzionale, fatto di apparizioni fantasmatiche (il “fantasma” sotto il letto ne è l’esempio più banale) accompagnate dalla fatidica alternanza di piani sonori per far sobbalzare lo spettatore. Un film fatto tutto in interni che segue perfettamente la linea che la BlumHouse – che fatalmente fece esordire Flanagan con Oculus – ha imposto in questi anni.

C’è perfino un boogeyman in Somnia, che viene chiamato “Uomo Cancro” e si materializza dagli incubi del bambino giocando un ruolo fondamentale: la sua particolarità è fagocitare le persone con cui viene a contatto, assorbendole e consumandole, come se fosse un cancro, appunto. Una figura longilinea e spettrale, a metà tra i grigi di certo cinema fantascientifico e uno scheletro umano, che nelle prime fasi del film funziona molto bene perché lasciato costantemente nell’ombra, poi un po’ meno quando viene chiaramente palesato, perdendo di quell’inquietudine che il vedo e non vedo riusciva a generare.

somnia 2

Somnia però ha un singolare twist finale che lo porta a mutare genere: da horror fantastico si finisce nel drammatico. Questa repentina contaminazione, anche perché legata all’universo infantile, ricorda molto quei film prodotti da Guillermo Del Toro come The Orphanage e La Madre, senza però averne il loro riuscito equilibrio e si tinge, invece, di un melenso non necessario che probabilmente non soddisferà del tutto il pubblico a cui Somnia è principalmente indirizzato.

C’è da dire che a differenza di Oculus, Somnia è un notevole passo avanti verso la maturità artistica: innanzitutto c’è una ricerca stilistica per l’elemento visivo capace di creare una mitologia ben precisa, fatta di colori e simbolismi. Poi si può notare una discreta scrittura, ad opera dello stesso Flanagan insieme a Jeff Howard; la storia prende a piene mani dalla tradizione postmoderna dell’horror – se pensate a Nightmare On Elm Street di Wes Craven non sbagliate, ma c’è tanto altro dentro – però riesce a rielaborare le varie suggestioni con una certa personalità autoriale, fino a costruire un prodotto che nel suo complesso risulta anche piuttosto originale.

somnia 3

Il piccolo Jacob Tremblay, già visto in Room, si conferma un attore di grande talento e carisma malgrado l’età, ma anche Kate Bosworth non gli è da meno, grazie anche a quella bellezza eterea che l’ha sempre caratterizzata capace di entrare in contrasto con il suo personaggio non privo di macchie.

La sensibilità di Flanagan nel descrivere i personaggi e le suggestive atmosfere che riesce a conferire al mondo di Cody riescono comunque a riscattare Somnia da uno spirito indeciso che non si sbaglierebbe a definire schizofrenico. Il risultato è un buon esempio di fanta-horror, che però lascia in bocca un (evitabile) retrogusto amaro.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Buona costruzione delle atmosfere, soprattutto nella prima metà.
  • Una ricerca autoriale nel percorso lavorativo di Flanagan che già si fa notare.
  • Riesce a rielaborare con efficacia e originalità alcune suggestioni dell’horror postmoderno.
  • Indeciso su che strada prendere con una deriva drammatica finale che stona molto con il resto dell’opera.
  • Lasciare il boogeyman nell’ombra sarebbe stata una scelta più saggia.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Somnia, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.