Sorry We Missed You, la recensione

Ken Loach ha un grosso problema: è talmente bravo a raccontare il tessuto sociale della nostra epoca da risultare spesso e volentieri ridondante e poco originale. Dare voce al paese reale è una pratica scomoda di questi tempi, senza lo stesso appeal garantito da kolossal, supereroi e produzioni mainstream. Fortunatamente però il regista inglese ha sempre scelto di infischiarsi di indorare le sue pillole e anche in questo ventisettesimo lungometraggio ha fornito un megafono agli ultimi e ai dimenticati.

In Sorry, We Missed You attori non professionisti si travestono da una semplice famiglia inglese per presentare un saggio breve sulle precarietà economiche che imperversano sui lavoratori alla base della piramide. Ricky (Kris Hitchen) e Abby (Debbie Honeywood) hanno due figli. Seb (Rhys Stone) ha 16 anni e nessun genitore in casa a tenerlo d’occhio. Sta deragliando. Possiede un talento artistico e creativo di cui nessuno si rende conto. Quello che sanno i genitori è che marina la scuola e si sta cacciano nei guai. Tra padre e figlio volano scintille. Ricky è un po’ della vecchia scuola, si limita a dire a Seb quello che deve fare e si aspetta che lui lo faccia e ovviamente Seb non lo fa. Lo scontro diventa inevitabile. E poi c’è Liza Jane (Katie Proctor). È una ragazzina molto sveglia. Svolge il ruolo di paciere in famiglia, con il suo strambo senso dell’umorismo e ha i capelli rossi come suo padre. Vuole solo che tutti siano felici. Cerca di mantenere unita la famiglia quando le tensioni esplodono in tutte le direzioni.

Ricky, Abby, Seb e Liza Ann sono inquietanti: è difficile distinguere i personaggi scritti da Loach e dallo sceneggiatore Paul Laverty dalle persone che sfiorano la nostra quotidianità quel tanto che basta a non farsi troppe domande. Sembra di sentire quel discorso sulla necessità di gentilezza davanti agli sconosciuti, ognuno alle prese con battaglie e patemi di cui non si può essere a conoscenza. Per la famiglia di Loach, e per estensione per ogni famiglia di lavoratori dipendenti, tutto questo sembra non valere, colpo dopo colpo da assorbire nella ricerca spasmodica di una stabilità.

Il ritmo frenetico del lavoro, il controllo indiretto e asfissiante sulla sfera privata, l’autonomia che si trasforma in una maledizione a cui è impossibile sfuggire. Il quadro tratteggiato è impietoso e vergognoso, in cui la dignità stessa viene sacrificata sull’altare del dio profitto, portandosi dietro sogni, speranze e affetti. La gig-economy è il patto con il diavolo che Ricky sottoscrive convinto di avere finalmente l’opportunità di un riscatto, salvo lentamente rendersi conto di essere stato fagocitato in un meccanismo perverso in cui non c’è nessuna garanzia di sopravvivenza.

Loach mette insieme per il grande pubblico tutto quello che normalmente è soltanto percepito nel flusso informativo cross-mediale e tenuto a debita distanza dalle masse, impegnate quotidianamente a combattere per farsi trovare sempre sul pezzo e non soccombere, nonostante tutto.

Andrea De Vinco

PRO CONTRO
  • Nessun interesse per logiche di mercato o intrattenimento.
  • La vitalità degli attori non professionisti.
  • Nulla da rilevare.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Sorry We Missed You, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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