Archivio tag: cannes 2015

The Assassin, la recensione

Si può fare la recensione di un film che non si è compreso a pieno? È questo il caso di me e The Assassin, film di Hou Hsiao-Hsien, vincitore del Premio alla Regia di Cannes nel 2015, e che esce in Italia il 29 settembre con Movies Inspired.

Parto da ciò che è chiaro: il prologo. I primi dieci minuti mettono le basi per tutto il film: ci viene presentata l’Assassina, estremamente capace, ma rea di provare dei sentimenti, e, per castigo, costretta a uccidere suo cugino, di cui era promessa sposa. Questi dieci minuti, uniti alla contestualizzazione storica posta in calce – siamo nel Medioevo cinese, con la lotta fra corte imperiale e più o meno grandi feudatari – sono l’impianto narrativo di The Assassin.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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La foresta dei sogni, la recensione

In genere, la maggior parte dei problemi di un film nascono e muoiono a livello di sceneggiatura. Superato questo step, occorrono un buon regista, un cast affiatato, un produttore capace di interferire in maniera sensata e creativa, una troupe che getta il cuore oltre l’ostacolo, l’assenza di vertenze sindacali, bel tempo (chiedere a Terry Gilliam e al suo Don Chisciotte), il festival giusto al momento giusto, un’idea che, in maniera più o meno misteriosa, riesce a smuovere certe corde del pubblico che altrimenti … la quantità di stelle che devono allinearsi, per garantire un risultato dignitoso, è rilevante.

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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Le mille e una notte – Arabian Nights: Volume 1 (Inquieto), la recensione

Le Mille e una Notte – Arabian Nights: Volume I (Inquieto) costituisce il primo tassello di un’opera imponente, ambiziosa, geniale e anche un po’ provocatoria. Il primo tassello, ripeto, di un progetto che nasce come un singolo lungometraggio e, strada facendo, si dilata e si scompone in tre diverse parti.

Ciò detto, dunque, qualsiasi giudizio definitivo, circa la qualità del progetto, la solidità delle intenzioni del suo autore, il cineasta ed ex – critico portoghese Miguel Gomes, la resa artistica nel suo complesso deve necessariamente essere vincolato a questo inequivocabile paletto temporale.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Il figlio di Saul, la recensione

Film-rivelazione dell’ultimo Festival di Cannes, Il figlio di Saul è il primo lungometraggio dell’ungherese Laszlo Nemes, finora autore di soli cortometraggi. Già sulla kermesse aveva riscosso parecchio successo tanto da essere additato, a poche ore alla cerimonia di chiusura, come il più vicino alla Palma d’oro. Ci è andato, però, parecchio vicino, vincendo il Grand Prix du Jury, oltre al Premio FIPRESCI e al Premio François Chalais. Da lì in poi, il destino di questo film sembrava già segnato: vincere l’Oscar per il miglior film straniero. E infatti, dopo aver conquistato il Golden Globe in quella categoria, ed essere riuscito ad entrare nella cinquina finale, eccolo lì in pole position per quel premio. Un film che, pur venendo dall’Ungheria, di certo non è passato inosservato e che difficilmente verrà dimenticato.

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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Mon Roi – Il mio Re, la recensione

La permanenza in un centro di riabilitazione, nella misura in cui comporta una brusca messa fra parentesi dei ritmi, delle logiche e delle incombenze della vita quotidiana, può indurre una certa attitudine riflessiva nel soggetto costretto all’immobilità, strappato momentaneamente alla propria vita, confinato nel limbo di uno spazio e di un tempo strutturati al millesimo (e al centimetro). Questo è precisamente ciò che accade alla protagonista del nostro film. Si chiama Tony (Emmanuelle Bercot ), ed è stata ricoverata in seguito ad un brutto incidente sugli sci. La realtà oggettiva del dolore fisico, le necessità quotidiane del percorso di riabilitazione, la portano istintivamente a stabilire una simmetria tra la sofferenza dei suoi legamenti malandati, e le ferite impalpabili del suo cuore. Tra l’esigenza di riparare un corpo ferito e la possibilità di esorcizzare, rielaborandoli, i guasti dell’anima.

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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Dio esiste e vive a Bruxelles, la recensione

Sei anni dopo il successo di Mr. Nobody (ottenuto soprattutto nei circuiti festivalieri, nonché in Belgio, patria del regista), Jaco Van Dormael ritorna alla regia con Dio esiste e vive a Bruxelles; se nel primo film citato narrava gli effetti del Caso, nel suo ultimo lavoro ipotizza invece che a manipolare le nostre vite sia Dio. Scordatevi però l’interpretazione zuccherosa di Morgan Freeman in Una Settimana da Dio: di fatto, nel film di Van Dormael, Dio (Bernard Poelvoorde) è un essere abietto e arrogante, che passa le giornate avvolto in una vestaglia sudicia mentre rende infernali le vite degli uomini sulla Terra.

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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TFF33: The Assassin

Da Cannes al Torino Film Festival. Se l’anno scorso la kermesse cannense segnalava il grande ritorno di Jean-Luc Godard, dopo anni d’assenza, con Adieu au langage, il 2015 ha visto invece il ritorno di Hou Hsiao-hsien, assente dal concorso dal circa quattordici anni.

The Assassin era, a detta di molti, il principale favorito per la corsa alla Palma d’oro, vinta a sorpresa da Dheepan – Una nuova vita, ma è comunque riuscito a portarsi a casa il Prix de la mise en scène.

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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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