Archivio tag: steve carrell

Asteroid City, la recensione

Siamo nel 1955 ad Asteroid City, un paesino nel deserto americano nato nel cratere generato dall’impatto di un asteroide. Qui si tiene periodicamente una convention di giovani astronomi e cadetti spaziali tra i più brillanti d’America, chiamati per esporre le loro idee e ritirare coccarde come ringraziamento al loro contributo alla scienza. Tra questi c’è Woodrow Steenbeck, in viaggio con il padre che non l’ha ancora messo al corrente che la mamma è appena deceduta. Quando i presenti alla convention sono testimoni di un bizzarro incontro ravvicinato con una creatura extraterrestre, tutta Asteroid City viene messa in quarantena dall’esercito americano. Durante questo periodo di convivenza forzata, vengono a crearsi conoscenze, amicizie e conflitti tra il variopinto manipolo di umani che popolano Asteroid City.

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Beautiful Boy, la recensione

Qual è la differenza tra cinema e pubblicità? È una domanda spinosa perché prevede una risposta banalissima: la pubblicità mette al centro un prodotto, un servizio, un’idea per creare attenzione e possibilmente guadagno intorno ad esso, il cinema si occupa invece di raccontare storie che possano incontrare o formare il gusto del pubblico con l’obiettivo nemmeno troppo velato di sbancare al botteghino.

C’è un vago sentore di tautologia, però. Forse è per questo che il fondatore della Paramount, Alfred Zukor, poteva già dire nel secolo scorso che al cinema si fabbricano “dei sogni, dei sogni in serie, dei sogni divertenti che costano poco. (…) Si può trarre da ciò un profitto fantastico”. A fronte di una differenza intuitiva, infatti, sono più i punti di contatto che le differenze tra le due forme di comunicazione, con un’intersezione pressoché totale riguardo allo storytelling.

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Vice – L’uomo nell’ombra, la recensione

Ci sono persone, anzi personaggi (Adam McKay insiste su questo), che agiscono all’oscuro dei più, nell’ombra, assumendo posizioni di grande influenza, di potere quasi totale, nel più assoluto anonimato. Burattinai, scaltre iene, astuti calcolatori, emuli dell’Imperatore Palpatine fondamentali all’iter storico/politico/sociale di un Paese (se non del mondo intero) di cui nessuno ci racconta o ci ha raccontato. L’idea – di per se molto arguta – che sta alla base di Vice – L’uomo nell’ombra è proprio questa: mostrarci il vero volto del Potere degli Stati Uniti in uno dei momenti più bui della sua storia, ovvero l’ex vicepresidente dell’amministrazione Bush Jr. Dick Cheney… il problema è che il regista Adam McKay lo fa con lo stile che lo ha fatto conoscere al grande pubblico degli Academy, quello de La grande scommessa!

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La grande scommessa, la recensione

Nulla, assolutamente nulla, di quello che ci viene mostrato ne La Grande Scommessa, dovrebbe farci ridere. Nemmeno un pochino. Proprio no. Voglio dire, stiamo parlando di una delle crisi finanziarie più catastrofiche della storia. La deflagrazione, nell’ormai lontano 2007, di una bolla speculativa nel settore immobiliare americano, la cosiddetta crisi dei mutui subprime, che conduce ad una recessione globale e persistente, accompagnata da aumenti del prezzo delle materie prime, crisi alimentari e disfunzioni nel sistema bancario e creditizio. E allora perché, nonostante tutto, malgrado tutto, La Grande Scommessa risulta tuttavia così maledettamente divertente? E allo stesso tempo così terribilmente inquietante?

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