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L’ufficiale e la spia – J’accuse, la recensione
L’ignoranza, che grande risorsa. Una persona ben informata sull’affaire Dreyfus difficilmente vivrà questo thriller spionistico con il medesimo trasporto di chi ne ignora i rivolgimenti e le sentenze. Allo stesso modo conviene ignorare le polemiche che hanno circondato Roman Polanski (l’uomo, non il regista) durante la 76^ Mostra del Cinema di Venezia. Ciò che non può essere ignorata è la qualità di questo film.
Un soldato viene degradato dinanzi ai commilitoni: decorazioni strappate, sciabola spezzata. Il popolo vocia aldilà di una cancellata. Il soldato si sforza di mantenere un contegno dignitoso, ma i baffi fremono. Mentre si allontana con passo marziale dichiara a gran voce la propria innocenza. La gente non gli crede. Neanche i commilitoni sono dalla sua parte. Per tutti Alfred Dreyfus (Louis Garrel) è colpevole di tradimento.
Tutto il mio folle amore, la recensione
Gabriele Salvatores è passato da un Ragazzo Invisibile ad un altro ragazzo, questa volta decisamente esuberante. Vincent (Giulio Pranno) ha sedici anni ed è affetto da una forma di autismo. Vive con la madre (Valeria Golino) e col marito di lei (Diego Abatantuono). Non ha mai conosciuto suo padre naturale, ovvero Willy (Claudio Santamaria), un cantante spiantato che sbarca il lunario cantando alle feste private le canzoni di Domenico Modugno.
Improvvisamente Willy sente il bisogno di conoscere quel figlio che ha sempre voluto evitare e ne scopre la relativa patologia. Vincent viene elettrizzato da quell’incontro che gli sconvolge la consueta routine e scappa dalla famiglia per seguire il vero papá accompagnandolo in un paio di concerti tra la Slovenia e la Croazia.
Le verità, la recensione
Il film scelto per aprire la 76° edizione della Mostra del Cinema di Venezia è anche il primo girato da Kore’eda Hirokazu al di fuori del suo Giappone. Pensare che i limiti linguistici (il maestro parla solo giapponese) possano rendere la realizzazione di un film simile, tutto giocato sui dialoghi, un’impresa impossibile, o perlomeno fallimentare, vuol dire sbagliare. Il francese non lede la lieve potenza del maestro, come sempre abilissimo nel dipingere ritratti familiari.
La diva Fabienne (Catherine Deneuve), grande star del cinema francese, pubblica la propria autobiografia. La figlia Lumir (Juliette Binoche) la raggiunge dall’America assieme alla figlioletta e al marito (Ethan Hawke). Il rapporto tra le due, ben distante dall’essere idilliaco, è segnato da mille recriminazioni e non detti. Le bugie e le omissioni di cui l’autobiografia è zeppa saranno la scusa per sturare il vaso di Pandora. Questo il semplice presupposto di un film stratificato, capace di farci conoscere a fondo i suoi protagonisti, senza mai costringerli sotto un’etichetta.
Il sindaco del rione Sanità, la recensione
Cinema e teatro sono imparentati, c’è poco da discuterne. Ma qual è il grado di parentela? E soprattutto: può un nonno spacciarsi per suo nipote? Per rispondere a tali quesiti chiamiamo in causa Il Sindaco del Rione Sanità. Che dirimere questioni è il suo mestiere.
Nel 1960 Eduardo de Filippo scriveva una commedia su un capomafia sui generis, Don Antonio Barracano, da lui anche interpretato. Una giornata qualsiasi, colma di contenziosi più o meno gravi, problematiche più o meno personali, che il salomonico Don è chiamato a risolvere. Decenni dopo Mario Martone la rimette in scena, attualizzandola. Il risultato lo soddisfa al punto che dice: perché non farne un film?
Life as a B-Movie: Pietro Vivarelli, la recensione
“Consideriamo l’opera, non l’artista”, recita il noto adagio. Ma se la vita dell’artista è un’opera d’arte essa stessa? Allora è il caso di considerarle entrambe.
Parlare di “opera d’arte” è forse esagerato, ma senza dubbio la vita di Piero Vivarelli si rispecchia nella sua opera, e viceversa. Pur senza scomodare Nella misura in cui, film quasi autobiografico, è buffo scoprire come il regista di numerose commedie licenziose fosse egli stesso comicamente licenzioso.
Venezia 76: tutti i premi
Venezia 76. La mafia non è più quella di una volta
Dopo Belluscone-Una storia siciliana, che indagava i rapporti tra l’ex Presidente del Consiglio e le famiglie mafiose di Cosa Nostra, ecco un secondo documentario firmato da Franco Maresco a tema “mafia”, dedicato agli eroi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: La mafia non è più quella di una volta.
Anche qui è presente il “mitico” organizzatore di feste palermitane Ciccio Mirra, uomo che apertamente si dichiara pro e contro la mafia. Per non parlare di questo soggetto altamente poco credibile, citiamo invece la musa di Moresco: la celebre fotografa Letizia Battaglia. Quest’ultima è stata la più celebre reporter della così detta Seconda Guerra di Mafia, quella per intenderci che ha portato alla morte dei due giudici, così come all’eliminazione di molti membri della famiglia Corleone.
Venezia 76. Atlantis
La guerra dev’essere alle porte per Valentyn Vasyanovich, dal momento che nel suo Atlantis, ambientato nel 2025, è già finita da un anno. Una prospettiva spaventosa, ma il film è comunque capace di conservare uno scampolo di ottimismo.
Seguiamo le vicende di Sergiy (Andryi Rymaruk) ex-militare affetto da disturbo da stress post traumatico. “Seguiamo” non è la parola giusta. Più che altro lo guardiamo da lontano. Il regista ucraino adotta uno stile caratteristico: camera fissa, posta a una certa distanza dagli eventi, in modo da racchiudere l’interezza della scena. Avete presente quei videogiochi in cui si può fissare la telecamera sul personaggio, costringendolo al centro dell’inquadratura? Ecco. Solo che qui non è centrata sul personaggio, ma sulla scena. Una scelta azzeccata per raccontare lo scollamento del protagonista dal mondo che lo circonda. Un mondo che, come la mitica Atlantide, sembra destinato a essere abbandonato.
Venezia 76. Giants Being Lonely
La vita è infelicità e non so quando può arrivare la morte. Giochiamo a baseball!
La frase iniziale di Giants Being Lonely riassume appieno l’intero film.
Presentato nella sezione Orizzonti della 76esima Mostra del Cinema di Venezia, il lungometraggio narra le vicende di Adam, Bobby e Caroline, intenti ad attraversare quella sottile linea d’ombra che separa l’adolescenza dall’età adulta. Nel piccolo centro di Hillsborough, nella Carolina del Nord, trascorrono il loro ultimo anno di scuola in attesa del ballo e, soprattutto, giocando a baseball.