Tarzan 3D, la recensione
Il cinema fanta/avventuroso contemporaneo sta andando verso la strada della riscoperta dei grandi classici di un tempo, che siano essi famose fiabe, romanzi per ragazzi o miti dell’antichità. Poi c’è il cinema d’animazione, che cerca stili e linguaggi del tutto nuovi, si fa nervoso, quasi psicotico e ha adottato come formula fissa la computer grafica e il digital 3D. Tarzan di Reinhard Klooss prende dall’una e dall’altra tendenza, aggiungendo la tecnologia della motion capture che fa di questa nuova versione dell’Uomo scimmia un ibrido tecnologico/linguistico su tutta le linea.
Dalla moda del “classico rielaborato”, il nuovo Tarzan coglie la voglia di riscrivere la storia originaria, attualizzandola e inserendo nuovi elementi che le donino un appeal più accattivante per le generazioni odierne, che in questo caso è l’inedito elemento fantascientifico. Dal cinema d’animazione, invece, adotta l’uso della stereoscopia e la tecnologia computerizzata, che però si fonde con il live action per l’intervento effettivo di attori in carne ed ossa per dar movenze ai personaggi creati in digitale. Ma la cosa che più soddisfa di questo Tarzan versione 2014 è l’enorme rispetto per l’opera di Edgar Rice Burroughs, malgrado gli aggiornamenti, e l’utilizzo di un linguaggio classico, di ritmi a portata di adulto, di sentimenti ben veicolati capaci di riuscire ad emozionare ogni tipo di spettatore.
Tarzan di Reinhard Klooss è un film riuscito, che ti prende dalla prima all’ultima scena e ti trasporta in un universo familiare agli adulti e curioso da esplorare per i più piccoli.
La storia parte da molto lontano, dalla preistoria, quando un meteorite giunge sulla Terra spazzando via ogni forma di vita. Grandi frammenti di quella roccia spaziale dai misteriosi riflessi purpurei rimangono incastrarti in una zona desolata dell’Africa, da cui sembra generarsi un’insolita vegetazione. Millenni dopo, troviamo l’industriale John Greystoke e la sua famiglia stanziati in quella zona proprio alla ricerca del leggendario meteorite. Ma un incidente aereo causa la morte dei coniugi Greystoke, mentre il piccolo J.J. si salva e viene adottato da una gorilla che ha appena perso il cucciolo e il compagno. Gli anni passano, J.J. cresce sano e forte con il nome di Tarzan (scimmia senza peli), finché un giorno una spedizione turistica guidata da Jim Porter e sua figlia Jane rompe la quotidianità di Tarzan. Il ragazzo soccorre Jane dal morso di un serpente e la riporta all’accampamento dopo averla curata, ma il suo incontro con la ragazza lo ha cambiato per sempre. Dopo diversi anni, Jane torna nella zona abitata da Tarzan, stavolta al seguito di Mr. Clayton, ex socio in affari di John Greystoke che ha rilevato la sua azienda dopo la scomparsa dell’azionista principale. Clayton è lì per recuperare il meteorite ed è pronto a tutto per portare a termine il suo scopo.
Insomma, del personaggio creato da Burroughs nei primi del ‘900 c’è tutto, e questa vena fantascientifica che collega l’Uomo scimmia direttamente alla fine dell’era preistorica è un inedito orpello che non risulta assolutamente invasivo, anzi svecchia con fascino un classico, aggiungendo anche connotazioni legate allo spietato mondo dell’industria energetica. Per il resto, il film scritto dallo stesso Reinhard Klooss con Jessica Postigo, tocca tutti i punti cardine che conosciamo, compreso l’immancabile urlo di Tarzan (che qui convoca tutti gli animali della giungla, come da tradizione) e il leggendario scambio di battute tra il protagonista e la sua amata “Tu Jane, io Tarzan”, capace di toccare il cuore di chiunque sia cresciuto leggendo i libri di Burroughs, i fumetti e vedendo i numerosi film che ne sono derivati.
A livello narrativo, uno degli aspetti più interessanti di questo Tarzan è il perfetto equilibrio che il personaggio riesce a raggiungere, mai soffocato dalla sua doppia natura di uomo e selvaggio. Klooss non vuole giocare sul binomio civiltà/giungla, Tarzan diventa tale in età sufficiente da non dimenticare la sua natura umana e il linguaggio, non gli viene mai chiesto di adattarsi alle regole della società e anche Jane sembra accogliere con curiosa accondiscendenza la sua “famiglia” scimmiesca. Insomma, l’ibrido linguistico e tecnologico adottato dal film sembra ripercuotersi perfettamente anche sulla natura del suo protagonista.
Tarzan è un film di produzione tedesca con alle spalle la Constantin Film di Paul W.S. Anderson, che con questo film segna l’opera tedesca (ma direi europea) tecnologicamente più avanzata e competitiva nel campo del cinema d’animazione. L’uso della motion capture, per la quale sono stati necessari attori come Kellan Lutz (Hercules – La leggenda ha inizio) per interpretare Tarzan, Spencer Locke (Resident Evil: Afterlife) nel ruolo di Jane e Trevor St. John (Dark Skies – Oscure presenze) in quello di Clayton, è gestita ottimamente e capace di creare un grande realismo soprattutto a livello di movimenti dei corpi. Un po’ meno convincenti sono le espressioni facciali degli umani e gli ambienti metropolitani (presenti praticamente in una sola scena), mentre la ricostruzione della giungla è visivamente fantastica.
Un altro punto a favore di Tarzan è il 3D, realizzato con perizia e consapevolezza del mezzo, capace di donare un senso di immersione totale negli ambienti e spettacolarità nelle frequenti acrobazie che il protagonista compie tra le liane e i rami degli alberi.
Un’operazione senz’altro riuscita, capace tanto di appassionare gli adulti quanto di interessare i bambini, portandoli a conoscenza di una delle più belle storie per ragazzi della letteratura novecentesca. Inoltre la natura ibrida ne fa un oggetto interessante anche a livello tecnologico, ben diverso, tra l’altro, dagli stilemi standardizzati dell’attuale panorama dell’animazione cinematografica che trasforma ogni storia in commedia.
Roberto Giacomelli
PRO | CONTRO |
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Per me invece in questo film di Burroughs non c’è quasi nulla. E’ un gradevole, quello sì, incrocio tra una decina di film di Tarzan che notoriamente ci azzeccano poco o niente con l’originale. Mi preme sottolineare che la famigerata battuta “Io Tarzan, tu Jane”, Burroughs non l’ha mai scritta; per fortuna almeno questa volta ci hanno risparmiato Cita