The End? L’inferno fuori, la recensione

Roma, un mattino come tanti. Il manager Claudio Verona si sta recando a lavoro tra i soliti disagi che la Capitale quotidianamente riserva. Ma per l’uomo è una giornata importante, responsabile di chiudere un affare milionario per conto della sua azienda. Un guasto intrappola Claudio nell’ascensore dell’edificio in cui lavora e mentre si dispera per il ritardo che gli sta costando l’agognato appuntamento, si rende conto che fuori sta accadendo qualche cosa di strano. Pare che un’epidemia si stia diffondendo a vista d’occhio in città e chi ne rimane contagiato si trasforma in un mostro violento e assetato di sangue. In men che non si dica, anche nel palazzo in cui Claudio si trova si estende il virus e per l’uomo l’ascensore diventa l’unico posto sicuro. Ma per quanto tempo può resistere in quella situazione?

L’esordio cinematografico di Daniele Misischia è davvero interessante e, per certi aspetti, incredibilmente intelligente. Filmaker dalla sterminata carriera decennale che comprende corti (alcuni fan-film tratti da videogiochi, davvero ben realizzati!), serie per il web e lungometraggi, Misischia trova il supporto produttivo per esordire sul grande schermo nei Manetti Bros., con i quali ha collaborato in veste tecnica per la realizzazione dei televisivi Il commissario Rex e L’Ispettore Coliandro. Un’opportunità che ha dato vita all’horror The End? L’inferno fuori, uno zombie movie fortemente italiano (ma dal respiro internazionale) che è il perfetto esempio su come si possa realizzare in relativa economia un’opera originale in un filone ormai saturo come quello dei film sui morti viventi.

Presentato come evento speciale all’interno dell’edizione 2017 della Festa del Cinema di Roma, quando ancora si intitolava In un giorno la fine, The End? L’inferno fuori riesce a trovare un escamotage credibile per raccontare l’Apocalisse a Roma, argomento che non era riuscito neanche a Dario Argento ai tempi de La Terza Madre. In che modo? Semplice, mostrando tutto dal punto di vista di una sola persona che viene a conoscenza dei fatti un poco alla volta, quindi suggerendo e mai mostrando apertamente quello che accade (a parte una suggestiva e riuscitissima scena che non vi sveliamo).

Se il punto di vista dello spettatore coincide con quello del protagonista, è interessante anche la sfida della sceneggiatura (scritta dallo stesso regista insieme a Cristiano Ciccotti) che porta all’immedesimazione con un personaggio che ci viene presentato inizialmente come il più gretto, cinico e antipatico essere sulla terra. Claudio, interpretato da un Alessandro Roja praticamente perfetto, è un uomo odioso, pieno di se, senza scrupoli, pronto a tradire sua moglie (interpretata da Carolina Crescentini, che sentiamo solo al telefono) in qualsiasi occasione. In The End? L’inferno fuori si lavora moltissimo su questo personaggio, sul suo cambiamento, sulla crescita interiore che deve trasformarlo in un uomo migliore, eppure, in un mondo che va letteralmente allo sfascio, è interessante notare che a sopravvivere è proprio un uomo pessimo come Claudio Verona, una persona capace di pensare a se stesso prima che al prossimo, quindi capace di sopravvivere anche in situazioni così estreme. E nonostante tutto, alla fine Claudio ci sta simpatico, si riesce a temere per la sua vita e a tifare per lui. Un bel merito di scrittura, non c’è che dire.

Ma se c’è un bel lavoro sul personaggio, il punto debole sullo script di The End? L’inferno fuori sta nel racconto degli eventi: il blocco centrale del film ha quel sapore di brodo allungato, con un’unica situazione (Claudio in ascensore che interagisce con i colleghi fuori, che finiscono male, e con persone al telefono, che finiscono altrettanto male, in maniera alternata) ripetuto per troppo tempo.

Al di là di questa percezione di “prender tempo”, il film riesce a creare una buona sensazione di claustrofobia data proprio dalla location unica utilizzata. Insomma, a lungo andare anche noi riusciamo a patire il caldo, la mancanza di aria e il puzzo di sangue rappreso che imbratta le pareti della cabina dell’ascensore e i vestiti del protagonista, con quella partecipazione che va a completare l’immedesimazione con il protagonista.

Buone le scene gore, immancabili in film che parla di zombi, ed è presente anche una giusta dose d’ironia, fondamentale per stemperare la tensione comunque costante.

The End? L’inferno fuori è un lavoro riuscito nel suo complesso, dunque, capace di distinguersi dal mare magnum di produzioni horror dedicate ai morti viventi facendo di necessità virtù e così la location unica diventa l’incipit per uno zombie movie originale.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Bravo Alessandro Roja, che regge l’intero film sulle sue spalle.
  • Buon approccio al genere zombesco, che trova il “la” per raccontare una storia originale.
  • Senso della claustrofobia e dell’immedesimazione spettatoriale generale.
  • Troppo ripetitivo nella parte centrale.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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