The Visit – Un incontro ravvicinato, la recensione

Questo film documenta un evento mai accaduto: il primo incontro dell’uomo con la vita intelligente dallo spazio”. Con queste parole si apre The Visit, firmato dal regista danese Michael Madsen. Tutto chiaro no? In realtà è solo apparenza perché se c’è una cosa che The Visit non riesce ad essere è proprio chiaro. La pellicola si colloca a metà strada tra il documentario ed il film di fantascienza vero e proprio; gli studiosi e i ricercatori che si alternano nel corso del film sono veri ma ciò di cui parlano non lo è, o forse in realtà lo è? Che confusione… Da un punto di vista cinematografico, il progetto di Madsen risulta curioso ed affascinante: creare una sorta di dialogo continuo tra ciò che il documentario è e ciò che può essere. Potremmo definirlo una sorta di documentario anticipatore dei tempi. L’idea, così carismatica per un analisi dei generi cinematografici, non riesce però a coinvolgere il pubblico in sala.   

L’impostazione registica e narrativa è al 90% quella di un documentario: la struttura fastidiosamente rigida alterna interviste ad esperti con scene cuscinetto, di tipo riempitivo, che dovrebbero dare pathos alla pellicola e renderla maggiormente fruibile. Gli interventi lanciano un tema dietro l’altro senza arrivare mai ad una conclusione né tantomeno ad una risposta, mentre le scene ricostruite appaiono piatte e molto semplici. Rallenti e sfondi neri non ci hanno minimamente convinto. “Sapere tutto dell’universo significa darci troppo merito” afferma in un momento del film una studiosa; ecco, riteniamo che il film si sia voluto dare troppo merito. L’idea di base c’era ed era anche interessante ma si è persa dietro mille tematiche diverse e una narrativa troppo pedagogica che non era congeniale per un documentario che in fondo neanche si definiva tale.

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The Visit ha il pregio di sorprendere per la sua forma di documento di benvenuto per gli extraterrestri: gli studiosi non si presentano allo spettatore, come comunemente avviene, ma agli alieni. Ricercatori ed importanti figure di tutto il mondo informano i nuovi arrivati riguardo il loro modo di pensare, la loro società  e le conseguenze che potrebbe avere il loro incontro. Guardando ai contenuti veri e propri, però, la pellicola non segue alcuna linea logica: si passa senza nesso di continuità da un excursus dedicato al Voyager alla paura dello sconosciuto fino a domande assolutistiche (naturalmente senza risposta) come “Cos’è un essere umano?”.

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Il film non riesce a colpirci, forse perché troppo pedagogico o perché creato appositamente per specialisti: tra un brano di Bach, Strauss e Stravinskij e l’uso eccessivo del fermo immagine e del rallenti, le grandi pretese morali e filmiche si accavallano l’una sull’altra come una lunga lista della spesa.

All’uscita della sala lo spettatore rimarrà stupito nello scoprire che è passata solo un’ora e venti minuti.

Matteo Illiano

PRO CONTRO
  • Esperimento curioso che fonde ed annulla i generi cinematografici classici.
  • Originale e riuscita l’idea di costruire un documento di benvenuto per gli alieni.

 

  • Pretende di toccare decine di temi senza approfondirne nessuno in maniera esaustiva.
  • Le ricostruzioni (tranne rare eccezioni) risultano riempitive e di bassa originalità.
  • Lo spettatore medio si sentirà perso quando si tratteranno tematiche di biochimica senza le dovute precauzioni.
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