The Wife – Vivere nell’ombra, la recensione

Sembra che Virginia Woolf abbia affermato che dietro ogni grande uomo si nasconda una grande donna, ricalcando un detto latino che sostiene che la donna coraggiosa nello spirito sostiene il marito. È la prima verità che viene in mente guardando The Wife – Vivere nell’ombra, il film di Bjorn Runge, già vincitore dell’Orso d’argento a Berlino, in maniera così immediata da chiedersi subito se abbia senso aspettare che passino i titoli di coda per poter dire di averla afferrata.

Joe Castleman (Jonathan Pryce) è infatti uno scrittore di successo senza alcuna intelligenza pratica e completamente disorganizzato senza Joan (Glenn Close) una donna intelligente ed elegante che lo accudisce in continuazione, anche solo per assumere le proprie medicine. Lei sembra portare avanti una missione con quell’uomo inadatto ad una vita minimamente stabile per quella che all’inizio potrebbe essere virtù propria, ma quando Joe viene insignito del premio Nobel per la letteratura, la pazienza di Joan raggiunge il fatidico limite che culmina in un momento di confronto decisivo per il loro rapporto e per tutta una serie di tematiche attualissime, non ultima la messa in discussione proprio della citazione della scrittrice inglese.

Con un cast di primissimo livello e un lavoro sui personaggi molto accurato, The Wife è l’occasione per mettere in discussione la presunzione di sapere già dove si voglia andare a parare. Joe e Joan sono l’emblema di un rapporto di forze ambiguo tra pubblico e privato, che gode di due grandissimi interpreti per portare avanti una storia senza la necessità di orpelli o scorciatoie. Le incursioni nel passato sono soltanto un complemento ad una gestualità ed una mimica che spesso parla da sola di quello che davvero sta succedendo, in aperto contrasto con quello che viene effettivamente detto. Anche per questo motivo, la regia è particolarmente silenziosa, accompagna la famiglia Castleman in questo lungo viaggio verso l’assegnazione del premio soltanto per liberare la forza espressiva dei protagonisti.

Qualcuno infatti parla di un premio Oscar finalmente in dirittura d’arrivo per l’attrice statunitense che progressivamente prende le redini del film con una naturalezza disarmante, arricchendo ogni scena di un sottotesto molto potente, vero motore di tutta la storia. La storia che si rivela e cresce di tono si compie al tempo stesso sul suo volto, in un viaggio complesso sotto la spada di Damocle della “moglie” cui sono riservati solo trattamenti di bellezza e shopping. La richiesta di una voce, di uno spazio, di uscire dall’ombra diventa quindi un’urgenza espressiva dettata dalla rapida escalation di eventi.

Tirando le somme, il pregio di questo film sta nell’aver riconosciuto che la materia narrativa aveva bisogno di due volti forti su cui avvolgerla, facendola vivere in continui piccoli scambi non soltanto informativi ma soprattutto conoscitivi, dando la sensazione di star sempre carpendo qualcosa in più, quasi furtivamente. Si entra stranieri in casa Castleman, si esce amici a cui rivolgersi per sapere perché Joan si è comportata in un certo modo.

Andrea De Vinco

PRO CONTRO
  • Glenn Close e Jonathan Pryce in stato di grazia.
  • Colonna sonora non del tutto in sintonia.
  • Regia sobria che mette al centro gli attori.
 
 
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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