Un fantastico via vai, la recensione

La vita del quarantacinquenne Arnaldo Nardi ha raggiunto un equilibrio apparentemente perfetto: ha una bella moglie, due figlie e uno stabile lavoro in banca. Ma questa routine quotidiana fatta di armonia e certezze sembra annoiare un po’ Arnaldo che, a volte, finisce con il rimpiangere i tempi della gioventù, quando l’incoscienza e l’incertezza erano all’ordine del giorno. Una mattina, a causa di uno sciocco malinteso, Arnaldo da modo di pensare alla moglie che abbia un’amante e subito viene sbattuto fuori di casa. Alla ricerca di un posto dove andare, Arnaldo decide di alloggiare momentaneamente in una casa per studenti e qui conosce Anna, Marco, Edoardo e Clelia, quattro giovani di belle speranze ma dalla vita incasinata. Arnaldo, grazie a loro, rivivrà il periodo della giovinezza e grazie alla sua esperienza accumulata da “uomo vissuto” saprà dare consigli giusti ai ragazzi nel tentativo di aggiustare le loro vite.

Si potrebbe cominciare con un “C’era una volta…”, perché ormai c’è davvero poco da fare, Leonardo Pieraccioni, di film in film, sembra essersi dimenticato (o stancato, perché no?!) di essere uno dei maggiori esponenti della commedia brillante italiana così da assumere sempre di più l’aspetto di “narratore di favole”. I suoi racconti si fanno sempre più innocenti e ogni cosa diviene preda di una facile morale come se a “narrare”, per l’appunto, non fosse più il regista toscano in cerca di risate-sbanca-botteghini ma un innocuo cantastorie intento a raccontare ai più giovani il mondo come dovrebbe essere e non com’è. Certo, Pieraccioni è sempre stato sin dai suoi esordi esponente di una commedia in balia dei buoni sentimenti ma negli ultimi tempi sembra che davvero i suoi film stiano diventando dei semplici pretesti per poter impartire la morale.

Con Un fantastico via vai Pieraccioni si sbizzarrisce e confeziona un film che non punta mai alla risata, che solo a tratti fa sorridere, perché preferisce perdersi in insegnamenti etici circa il razzismo, la maternità, il coraggio, la famiglia e naturalmente l’amore. Una fiera del “buonismo” che a tratti riesce a risultare persino fastidiosa e che eccede, soprattutto nel finale, in soluzioni eccessivamente smielate degne del favolistico “…e vissero tutti felici e contenti”.

Nel tentativo di voler celebrare gli anni della giovinezza, forse proprio la sua di giovinezza visto il simpaticissimo omaggio alla sua opera prima I laureati, Leonardo Pieraccioni si perde nella descrizione di un mondo giovanile attuale assolutamente irreale e pieno di luoghi comuni. I quattro studenti protagonisti, molto più modelli da atelier che universitari, dimostrano come il comico toscano abbia un’immagine un po’ confusa di quella che è la reale vita degli universitari di oggi.

Leonardo Pieraccioni e i giovani protagonisti di Un fantastico via vai

Leonardo Pieraccioni e i giovani protagonisti di Un fantastico via vai

Tante piccole cose che non vanno, dunque, eppure Leonardo Pieraccioni non si smentisce mai dimostrando ancora una volta di sapere come accompagnare, senza troppe difficoltà, lo spettatore fino ai titoli di coda. Perché seppur buoniste, smielate e a tratti macchinose, le favole di Pieraccioni riescono sempre a risultare in qualche modo gradevoli. Scritto a quattro mani da Pieraccioni e Paolo Genovese, il film gode di una struttura narrativa semplice, persino elementare, con l’unica vera grande pecca di rallentare i ritmi nel secondo tempo incentrando troppo l’attenzione sui singoli problemi dei quattro studenti con la conseguenza di far apparire il personaggio interpretato da Leonardo Pieraccioni quasi una sorta di figura di contorno.

Come sempre accade nei suoi film, Pieraccioni non scende mai sul campo di battaglia da solo e questa volta porta al suo fianco i due simpatici comici romani Maurizio Battista e Marco Marzocca, ma anche il già “collaudato” Giorgio Panariello e l’immancabile Massimo Ceccherini. C’è spazio, inoltre, anche per i due gradevolissimi camei di Alessandro Benvenuti e Enzo Iacchetti.

Insomma, Un fantastico via vai resta un film sicuramente gradevole ma comunque così ricco di imperfezioni da ricordarci che i gloriosi tempi de I laureati, Il ciclone o Il pesce innamorato appartengono appunto al passato. Per parafrasare lo stesso Pieraccioni nel sul film d’esordio possiamo tranquillamente dire che i film importanti nella sua filmografia alla fine sono tre o quattro, tutti gli altri servono solo a far volume.

Giuliano Giacomelli

Pro Contro
  • Una favola a modo, piacevole, in perfetto stile Pieraccioni.
  •  Nel celebrare gli anni della gioventù, Pieraccioni trova un modo originale e intelligente di riflettere in primis su quella che è stata la sua gioventù.

 

  • Troppa morale tutta insieme.
  •  Superficialità e banalità nella descrizione del mondo giovanile.
  •  Nel secondo tempo, la grinta del comico toscano passa troppo in secondo piano.
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