Urban Explorer, la recensione

Denis e Lucia sono due giovani turisti americani in vacanza a Berlino. Vogliosi di qualche emozione proibita, i due entrano in contatto con Kris, un ragazzo del posto che dovrebbe condurli come “urban explorers” nei sotterranei della città. Oltre ai due americani, fanno parte della squadra anche la francese Marie e la coreana Juna. L’esplorazione non comincia nel migliore dei modi: tra neonazisti con cane feroce al seguito e una moltitudine di vicoli ciechi, i ragazzi finiranno per cacciarsi nei guai. Inoltre, nei cunicoli su cui è costruita la città si aggira qualche cosa di molto pericoloso.

Ormai è appurato: essere turisti in un film horror vuol dire finire irrimediabilmente vittima di qualche cosa di terrificante. Si potrebbe incrociare la propria strada con quella di trafficanti di morte che gestiscono ostelli nell’Europa dell’Est, capitare sotto i ferri di un venditore di organi brasiliano, diventare capri sacrificali per narcos messicani e, se siete delle belle ragazze, salire su una navetta di trasporto all’aeroporto e ritrovarvi direttamente in sporchi container destinate al mercato del sesso. Non va meglio ai protagonisti di Urban Explorer, bel thriller vacanziero di nazionalità tedesca che mette i giovani turisti faccia a faccia con gli scheletri nell’armadio di una Germania che ancora non è riuscita a chiudere i ponti con un passato fatto di follia e violenza.

Urban Explorer

Andy Fetscher, qui al suo esordio alla regia di un lungometraggio, va su una strada piuttosto sicura, già spianata da pellicole come Non prendete quel metrò, Creep – Il chirurgo e The Descent, in cui il sottosuolo e il labirinto di cunicoli bui e umidi che lo compongono diventa protagonista di un incubo metropolitano claustrofobico. Fetscher riprende infatti dal film con Donald Pleasence e da quello di Christopher Smith l’analoga situazione di un gruppo di persone intrappolate nei luoghi più lontani dalla civiltà di una metropoli, le gallerie della metropolitana o le fogne, mettendoli faccia a faccia con una minaccia imprevedibile quanto assurda. Soprattutto si possono notare le attinenze con Creep nel voler identificare il “mostro” con un rifiuto della società completamente avulso dalle regole e dallo scorrere della Storia. Un errore umano, un letale esecutore di morte creato dalla follia della guerra con l’aggravante dell’intelligenza pianificatrice di un essere umano. In questo senso i collegamenti che Urban Explorer intrattiene con il passato bellico della Germania donano una marcia in più al film per il motivo essenziale di affrontare la tematica con un tocco di originalità, pur percorrendo sentieri e affrontando tematiche già più volte toccate in passato.

Urban Explorer

Inoltre, Fetscher utilizza la sensazione di claustrofobia in modo simile a come Marshall aveva fatto nel suo capolavoro The Descent, riuscendo davvero a trasmettere inquietudine, soffocamento e smarrimento nello spettatore, proprio come accade ai personaggi sullo schermo. Potremmo dire, a proposito, che Urban Explorer è divisibile in due tranche ben distinte: la prima punta sul disorientamento e sulla claustrofobia, gettando in pasto allo spettatore suggestivi misteri legati al Terzo Reich (gli uomini spaziali!). Una parte magari più lenta, ma decisamente efficace. Poi la seconda tranche vira sul survival-horror, con forti contaminazioni con il moderno torture porn (c’è una scena con scuoiamento davvero terrificante e dolorosa!), sicuramente più dinamica ma anche più convenzionale. Un gran merito di Urban Explorer è soprattutto il non essere un film banale e scontato, in cui realmente fino all’ultimo minuto non si riesce a capire in che direzione andrà a concludersi.

Urban Explorer

Buoni anche gli interpreti, capeggiati da un Klaus Stiglmeier perfetto nel ruolo del folle villain, a cui si aggiungono le buone performance di Nick Eversman (Mordimi; Hellraiser: Revelations) e soprattutto Nathalie Kelley (Fast and Furious: Tokyo Drift).

Distribuito in diversi paesi del mondo nel 2011, Urban Explorer è tutt’ora inedito in Italia.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riesce a trasmettere il senso di claustrofobia.
  • Ingegnoso il gioco di rimandi tra l’orrore della finzione e gli orrori della Storia.
  • La seconda parte, più smaccatamente horror, risulta un po’ convenzionale.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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