Venezia 73: Geumul – The Net (Il prigioniero coreano)

Dopo aver vinto il Leone d’oro nel 2012 con Pietà il regista coreano Kim Ki-Duk torna a  Venezia con Geumul – The Net.

La storia è quella di un pescatore nordcoreano che ogni mattina esce in mare a caccia di cibo per sé e la famiglia; un giorno però il motore si inceppa lasciandolo preda della corrente, la cui forza è tale da fargli sorpassare la linea di confine tra i due stati rivali. Come da procedura egli viene inizialmente arrestato e interrogato per capire se è una spia, dopodiché la polizia del Sud cercherà di portarlo sulla strada della diserzione. E sarà proprio durante quest’ultima fase della procedura (non troppo distante dalla Cura Lodovico presentata da Kubrick in Arancia Meccanica) che Chul-woo verrà a conoscenza di un mondo dove “ogni bambino ha un cellulare” e una donna è costretta a prostituirsi per dare da mangiare alla propria famiglia. Queste esperienze sconvolgeranno infatti il protagonista, che rivaluterà il significato di “essere liberi.”

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Al termine della proiezione scrosciano applausi a scena aperta per Kim Ki-Duk e la sua delegazione, presente in Sala Giardino, la nuova sala della Mostra inaugurata proprio in questa occasione. E questo film se li merita tutti.

Anzitutto perché tratta efficacemente temi delicati come la lotta al terrorismo e la ricerca della libertà: in entrambi i Paesi infatti libertà è fare numeri (numero di prigionieri dichiaratisi spie, numero di cittadini corrotti dal capitalismo), non importa quale sia la verità dietro quei numeri, l’importante è continuare ad alimentare una ruota che gira sin dai tempi della Guerra (1953).

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In secondo luogo perché questo lungometraggio analizza da un punto di vista socio economico i difetti che emergono da due sistemi agli antipodi (il comunismo rende schiavi del lavoro, il capitalismo rende l’uomo dipendente dal denaro). E questo Duk lo mostra mettendo da parte ogni intellettualismo e servendosi delle azioni di routine svolte dai due corpi di polizia. Ecco dunque che anche il titolo assume significato: bisogna abbandonare i vecchi dogmi per ricercare una “via di mezzo”.

Oltretutto, la scelta di partire dalla storia di un pescatore non è un caso: a parte il fatto che lo stesso Kim Ki-Duk si arruolò appena ventenne in Marina, il mare è un forte simbolo di libertà (così la vedeva anche Melville, autore di Moby Dick).

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E c’è da dire che forse il regista si è un po’ troppo immedesimato del ruolo del protagonista, che in alcuni casi risulta un po’ troppo intelligente per essere un contadino cresciuto nell’ignoranza più totale. In aggiunta sembra che vi sia un piccolo errore di narrazione, nel momento in cui l’incontro tra Chul-woo e un altro sospettato non porta a produrre nulla di concreto. Per finire leggera pecca nella qualità di alcuni fotogrammi e nel montaggio di due o tre scene.

Geumul è stato distribuito in italia da Tucker Film il 12 aprile 2018 con il titolo Il prigioniero coreano. Qui un’altra recensione del film.

Roberto Zagarese

PRO CONTRO
  • Grande prova di recitazione da parte di tutti gli attori.
  • Qualità della regia.
  • Montaggio di alcune scene.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Venezia 73: Geumul - The Net (Il prigioniero coreano), 8.0 out of 10 based on 1 rating

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