Venezia 75. The Nightingale
The Nightingale è forse il film più chiacchierato di questa 75ª Mostra del Cinema di Venezia e per ragioni totalmente sbagliate.
Basta fare una piccola ricerca online per avere un quadro piuttosto pittoresco di quanto avvenuto alla fine della proiezione stampa di questo film, un fatto increscioso che ha attirato molta attenzione forse divergendola un po’ troppo dalla pellicola stessa.
Torniamo quindi al film, ambientato in una selvaggia Australia di metà ottocento. Clare, una giovane ragazza irlandese con una bellissima voce, si divide fra un marito e una bimba appena nata e il suo lavoro presso una piccola guarnigione di militari inglesi. Presto apprendiamo che Clare è una galeotta che sta ancora scontando la sua pena, un debito mutuato con il sergente che l’ha scarcerata e che pretende da lei non solo semplici mansioni domestiche.
La situazione è ovviamente insostenibile e scoppia quando il marito di Clare pretende la liberazione della moglie scatenando così la furia selvaggia del sergente e di un paio di suoi sottoposti. Clare perde tutto. Decide così di mettersi sulle tracce dei militari, che intanto si sono messi in viaggio per ottenere l’agognata promozione del sergente in un altro avamposto, e vendicarsi. Insieme a lei c’è Billy, un nativo assoldato come guida con un grande risentimento verso i diavoli bianchi e che saprà vincere la fiducia, e l’amicizia di Clare.
Il film di Jennifer Kent, nota al grande pubblico per il riuscitissimo Babadook, porta sullo schermo una grande storia di violenza e vendetta, con un’eroina forte e determinata, autrice del proprio destino. Peccato che non riesca a portarla a termine.
La prima parte di The Nightingale è costruita egregiamente. Scandita da una violenza incontrollabile e gratuita, la storia ben prepara ad una conclusione con il botto e le scene di stupro (molte) e di crudeltà vengono giustificati dallo spettatore che un giusto preludio per un catartico confronto finale. Il percorso dello spettatore è lo stesso della protagonista, con una rabbia cieca e assetata di sangue che cresce fino ad essere incontenibile e che pretende il giusto sfogo lì, sullo schermo. Uno sfogo che non arriva mai, non del tutto.
Nella seconda parte il film si perde, rivoluziona su sé stesso intricandosi in passaggi superflui che sembrano costruiti solo per rimandare il tanto sospirato conflitto finale. E se anche questi ritardi, queste pause, questi passaggi inutili potrebbero essere perdonati non può essere perdonato il finale, la risoluzione che un film come questo, e il pubblico con lui, richiede.
Tutta l’azione, costruita ad arte per spingere protagonisti e spettatori oltre i propri limiti, si perde in una soluzione che ha un sapore troppo moralista ed eccessivamente politically correct. L’eroina preferisce mostrare la sua superiorità morale e umana verso l’uomo che le ha rovinato la vita, rinunciando a quella stessa violenza che ha scandito tutto il film, e sebbene questa possa essere una scelta nobile e giustificata, finisce per mostrarsi assolutamente antitetica rispetto a quanto visto fino a quel momento.
The Nightingale è un perfetto film di genere che in chiusura sovverte le regole di quel genere stesso, una mossa sicuramente audace ma che in questo caso finisce per comprometterne l’intera struttura, privando di dignità e potenza personaggi altrimenti ben caratterizzati e donando all’intera storia un ritmo che stona e arranca, si trascina e dilunga inutilmente mancando nella soddisfazione finale che un film di questo genere richiede. “Not quite my tempo” direbbe un J.K. Simmons passivo-aggressivo prima della sfuriata.
Un vero peccato per un film con così tanto potenziale, diretto dall’unica donna in concorso quest’anno a Venezia.
Michela Marocco
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento