Venezia 76. Pelikanblut (Pelican Blood)

L’amore per un figlio è totalizzante. Questo, di certo, vale per Wiebke, addestratrice di cavalli e madre adottiva di Nicolina, che decide di accogliere nella sua famiglia un’altra bambina, Raya.

Pelikanblut (Pelican Blood) è il film d’apertura per la sezione Orizzonti della 76esima Mostra del Cinema di Venezia.

Il sangue di pellicano a cui allude il titolo deriva dalla credenza medievale che vede l’animale riportare alla vita i propri piccoli trafiggendosi il petto e nutrendoli con il proprio sangue. E Wiebke è la perfetta rappresentazione di questa leggenda.

Infatti, la piccola Raya appare inizialmente tranquilla e sorridente, ma a poco a poco comincia a mostrare comportamenti violenti e inquietanti: piccoli incendi, animali morti fra i giocattoli, morsi e soprusi a compagni di classe. Infine, dopo un’indagine e un esame medico, si scopre la verità: l’orfana di cinque anni ha sviluppato un disturbo reattivo dell’attaccamento come forma di difesa dal dolore per un trauma accadutole anni prima. Non prova né empatia, né paura. È una minaccia per chi la circonda.

Ma Wiebke prima di tutto è una madre e per aiutare la figlia decide di sacrificare tutta sé stessa.

Pelican Blood

Dopo aver presentato a Cannes il suo primo lungometraggio Nothing Bad Can Happen, Katrin Gebbe firma regia e sceneggiatura di questo dramma familiare che si trasforma pian piano in un thriller psicologico, continuando a giocare con le dinamiche di horror e sovrannaturale.

Delicato e conturbante, la regista è in grado di mantenere una tensione costante senza l’utilizzo dei classici stilemi dell’horror. Le scene di maggiore tensione sono sottolineate da un rallentamento del tempo, che pare mutarle in quadri in cui la paura infrange i lineamenti dei visi e ne diviene la vera protagonista; e le magistrali interpretazioni di Nina Hoss e Katerina Lipovska riescono a reggere il peso emotivo dell’intero lungometraggio.

Il grande pregio di questo film è la capacità di affrontare il tema del male senza rifarsi ai soliti cliché: il male non esiste, è un abisso in noi stessi in cui rifugiarsi quando la realtà diventa ingestibile. Ma è proprio quando la ragione si affievolisce che la superstizione entra in gioco.

Pelican Blood

E se fino ad ora la scrittura era apparsa solida e suggestiva, il finale spezza l’atmosfera, non veicolando il messaggio strutturato in precedenza e rivelandosi debole, di certo poco coraggioso.

Un peccato Gebbe abbia perso il controllo proprio nel finale, in ogni caso la gelida inquietudine che si respira e alcune intuizioni vincenti nella messinscena, rendono Pelikanblut un film da vedere.

Michele Cappetta

PRO CONTRO
  • Atmosfera.
  • Recitazione.
  • Regia.
  • Finale.
  • Indecisione nel genere.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +4 (da 4 voti)
Venezia 76. Pelikanblut (Pelican Blood), 7.0 out of 10 based on 1 rating

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