Welcome to the Blumhouse: The Manor, la recensione

Riprende il nostro approfondimento di Welcome to the Blumhouse, la serie antologica di lungometraggi (slegati tra loro) realizzata dalla casa di produzione di Jason Blum in collaborazione con gli Amazon Studios.

Giunti oramai al terzo appuntamento con questa seconda stagione, non si può non constatare il netto cambio di rotta rispetto alla precedente e la tendenza a presentare un approccio diverso non tanto a livello stilistico, quanto piuttosto sul versante tematico: non assistiamo più, dunque, a storie incentrare sulla famiglia e sui suoi equilibri affettivi tra i vari membri, ma i nuovi titoli si focalizzano su tematiche sociali e le metafore sul rapporto tra l’uomo e gli effetti del mondo esterno marcio e corrotto.

Con il terzo film, tuttavia, si arriva ad un ulteriore punto di svolta e di rottura. The Manor, nuovo lavoro come regista dell’attrice Axelle Carolyn, infatti si differenzia completamente da tutti i suoi predecessori in quanto abbandona quasi del tutto le velleità passate e immerge lo spettatore in un horror puro, che si potrebbe quasi definire in pieno “stile BlumHouse”. L’autrice belga, tra i suoi colleghi, è quella che più di tutti attinge a piene mani dall’immaginario orrorifico per spaventare il pubblico e cercare di farlo sobbalzare dalla sedia, pur non disdegnando qualche riflessione, seppur flebile e accennata, sullo scorrere del tempo e sulla difficoltà da parte di alcuni anziani ad accettare il declino e i sintomi dell’invecchiamento sul fisico.

Ma ad essere accennati, tuttavia, non sono soltanto tali riflessioni, ma anche tutto il resto dei contenuti dell’opera, cosa che conferisce al film la sensazione di un’enorme occasione sprecata per via di una trama interessante, ma depotenziata da uno svolgimento blando e una componente horror che si affievolisce con il passare di minuti.

Dopo essere rimasta vittima di un violento ictus, l’arzilla ed espansiva Judith decide, di comune accordo con la figlia, di farsi ricoverare presso una casa di cura per anziani. Ben presto, però, la donna percepisce qualcosa di strano nell’edificio e nello staff del centro medico, sensazione amplificata da misteriose apparizioni notturne di una creatura mostruosa che tormenta la sua compagna di stanza. Judith, aiutata dal suo fedele nipote Josh, si mette così ad investigare sulle infermiere e sugli altri anziani che popolano la villa, scoprendo verità scottanti e sorprendenti.

Se è vero che nel cinema, come negli altri settori lavorativi, il curriculum ha un certo peso nell’indicare qualità e tendenze artistiche, quello di Axelle Carolyn, fatto di diverse esperienze nel genere horror tra cortometraggi, segmenti di film a episodi e serie (su tutti ricordiamo American Horror Story, Tales of Halloween e The Haunting of Bly Manor) lascia subito comprendere il motivo dell’impostazione di cui sopra conferita dalla regista belga al suo lavoro. The Manor, infatti, soprattutto nella prima metà si presenta come una ghost story di impianto classico con tanto di stilemi tipici del filone, quindi jump scares (anche se appena accennati e dal profilo basso), rumori notturni e apparizioni fugaci e avvolte nel buio di una figura mostruosa davvero spaventosa e ben riuscita nel suo look realizzato con cura dei dettagli.

Insomma, Carolyn sa come approcciare ad un horror e per metà del suo lavoro riesce a catturare l’attenzione dello spettatore non solo sotto l’aspetto visivo, ma anche sul piano della narrazione grazie ad un plot, che seppur non originale e che sa di già di visto, dissemina elementi misteriosi qua e là, con l’obiettivo di coinvolgere chi guarda e farlo entrare in empatia con la frizzante protagonista.

Tutto molto bello fino al momento di giungere al dunque. Si, perché proprio quando si tratta di dare sfogo alle buone premesse elaborate in precedenza, The Manor perde inesorabilmente forza e consistenza e si adagia, sotto ogni punto di vista, su un comodo letto rappresentato da una regia molto televisiva e uno sviluppo fin troppo sbrigativo dell’intreccio che lascia un grande senso di incompiuto.

Il risultato finale, così, è un film nel complesso piatto, dal plot alla lunga scontato e senza dubbio dimenticabile; e a poco serve la presenza della bravissima Barbara Hershey (presente, tra gli altri, nella saga di Insidious) a risollevare le sorti di un lavoro dalle buone potenzialità, malamente sprecate.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Ottime atmosfere e buona gestione delle scene di tensione.
  • Barbara Hershey è molto brava e ben calata nel suo personaggio.
  • La storia con il passare dei minuti diventa scontata e mal sviluppata.
  • La regia diventa fin troppo televisiva e senza grossi spunti stilistici.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.5/10 (su un totale di 2 voti)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Welcome to the Blumhouse: The Manor, la recensione, 5.5 out of 10 based on 2 ratings

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.