11 donne a Parigi, la recensione

L’esordio alla regia dell’attrice francese Audrey Dana racconta la vita quotidiana di 11 donne parigine: ognuna di esse rappresenta un lato diverso dell’essere donna nell’epoca moderna, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Ad esempio, c’è chi, pur essendo sposata e con quattro figli, sente di non poter più sacrificare tutto per la famiglia, come Ysis (Géraldine Nakache), che finisce per innamorarsi di una donna; oppure c’è Rose (Vanessa Paradis), un’algida donna d’affari che pensa solo al lavoro, ma le cui priorità cambiano radicalmente quando scopre di avere un tasso di testosterone più alto del normale… facendone pagare le conseguenze soprattutto alla sua povera assistente Adeline (Alice Belaïdi), che per di più è costretta a fronteggiare anche un grave problema in famiglia. Senza contare le preoccupazioni dovute all’età che avanza, ovvero l’assillo di Lily (Isabelle Adjani), o i rapporti sempre complessi con il sesso maschile, ossia il comune denominatore di Agathe (Laetitia Casta) e Jo (interpretata dalla stessa Audrey Dana). E queste citate sono solo una piccola parte delle vicissitudini, nonché delle protagoniste femminili, descritte all’interno del film.

Di fatto, è necessario saltare subito i preamboli dicendo che undici protagoniste sono davvero eccessive: un tale numero di personaggi va a ledere, inevitabilmente, l’organicità e la fluidità del racconto. Alcune delle storie vengono appena accennate, come quella di Sam (Sylvie Testud), a cui viene diagnosticato un cancro al seno e a cui sono dedicati forse due minuti e altrettante scene all’interno del film. Anche il microepisodio dedicato ad Adeline è dello stesso avviso: la giovane è chiamata a testimoniare a favore della madre, la quale ha ucciso il marito che ne abusava psicologicamente da anni; questa scena è inserita, nonché risolta, in maniera davvero incongrua e frettolosa, tanto da ritenere che sarebbe stato meglio non aggiungerla, o perlomeno darle più spazio a scapito di altre storie (che peraltro risultavano già poco incisive di loro), invece di cavalcare l’onda del momento e lanciarsi in analisi superficiali riguardo ad argomenti di tale e dolorosa attualità come la violenza sulle donne.

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Purtroppo questa scelta narrativa mostra anche il totale fallimento delle intenzioni, seppur buone, della regista: la Dana, infatti, aspirava a realizzare un affresco tutto al femminile, variegato e complesso ma allo stesso tempo ricco di umorismo e ironia, ma purtroppo vi è riuscita solo in minima parte. Innanzitutto, è risultato piuttosto inopportuno infilare nel calderone tutto ciò che è relativo al mondo femminile odierno, come il citato focus sulla violenza; ne va della fruizione della pellicola, la quale, nelle due ore di durata, ha così il demerito di confondere – ma soprattutto annoiare – lo spettatore a causa della pluralità delle storie raccontate.

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Inoltre le battute risultano sottotono, così come i tempi comici risultano sempre sbagliati, forse questo per un problema di traduzione dal francese all’italiano. Ma la linea comica soffre di una resa inconcludente soprattutto per via delle “gag” inserite nel film, che dovrebbero apparire divertenti ma, ahimè, riescono solo a sembrare inesorabilmente demenziali (soprattutto quelle dedicate all’interazione fra il personaggio di Laetitia Casta e l’avvocato). Questo perché Audrey Dana e la sua cosceneggiatrice, Murielle Magellan, hanno cercato di scimmiottare maldestramente quella che corrisponde, secondo loro, ad una comicità di stampo maschile: un errore davvero grossolano, considerando che girare un vero film al femminile non vuol dire appropriarsi dei codici cosiddetti “maschili” e dargli una veste apparentemente diversa, ritenendosi per questo anticonformiste; un film “femminista” che si rispetti deve riscrivere questi codici, o inventarne di nuovi.

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Non basta quindi mostrare donne che non si fanno remore di sfogare i loro istinti sessuali su un pianerottolo o in un parco, il tutto contornato per di più da un umorismo demenziale e sciatto, per rompere gli schemi di una certa rappresentazione stereotipata delle donne.

11 donne a Parigi sarà nelle nostre sale a partire da giovedì 3 dicembre, distribuito da Microcinema.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
  • Nessuno.
  • La pluralità di storie, peraltro poco interessanti e innovative, rischia di confondere ed annoiare il pubblico.
  • Vi sono presenti della gag demenziali e affatto divertenti.
  • Le figure femminili sono rappresentate in maniera stereotipata e superficiale.
  • Le analisi inopportune e frettolose riservate ad alcuni degli episodi.
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