A Chiara, la recensione

Con A Chiara, il regista Jonas Carpignano (classe 1984) conclude la sua trilogia ambientata nella cittadina calabrese di Gioia Tauro, iniziata nel 2015 con Mediterranea e proseguita con A Ciambra (2017). Presentato alla 74° edizione del Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, il lungometraggio ha vinto il Premio Europa Cinema Label.

A Chiara racconta la storia di un’adolescente, Chiara (Swamy Rotolo), una quindicenne che vive a Gioia Tauro con i genitori e le tre sorelle. La sua tranquilla esistenza, fatta di scuola, compiti e amiche, viene sconvolta quando suo padre, un uomo che ha sempre ammirato e amato infinitamente, sparisce senza lasciare traccia. La scoperta che l’uomo è un noto trafficante di droga, ricercato dalla polizia, costringe la ragazza a fare i conti con la dura realtà dei fatti, segnando anticipatamente il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta.

Jonas Carpignano ci ha abituati fin dal suo esordio cinematografico avvenuto nel 2015 con Mediterranea a un approccio quasi documentaristico, utilizzando attori non professionisti, filmando con grande delicatezza temi attuali. Non fa eccezione questo terzo lungometraggio, in cui ci mostra il mondo della ‘Ndrangheta calabrese visto attraverso gli occhi di una quindicenne, la cui adolescenza viene compromessa da questa sconvolgente scoperta, arrivando a scegliere una nuova vita che le permetterà di porre fine a tanta sofferenza.

Swamy Rotolo, clamorosa scoperta di Carpignano, esordisce come attrice in un ruolo distante anni luce da quello che è lei nella vita reale, regalandoci una straordinaria interpretazione, aprendo la possibilità a una promettente carriera cinematografica.

A Chiara è un’opera che racconta la difficoltà di buttarsi alle spalle una vita difficile, che porta inevitabilmente a sofferenze che difficilmente si riusciranno a dimenticare. Quel che si evince fin dalle prime inquadrature del film è quanto Carpignano ci tenga a mostrare la differenza tra il prima e il dopo: il prima quando Chiara è una ragazza apparentemente felice, che vive come tutte le sue coetanee la propria adolescenza, e il dopo con la scoperta che la porterà a rivedere tutta la sua vita, mettendo in discussione anche il rapporto con la madre e le due sorelle.

In quest’opera c’è un lavoro di scrittura molto approfondito, rispetto ai precedenti lungometraggi, poiché l’argomento che viene trattato aveva bisogno di ulteriori approfondimenti, basti pensare alla scena in cui l’assistente sociale va a prelevare Chiara per portarla nella sua nuova famiglia, viene mostrato con delicatezza il difficile tema dei minori allontanati dalla propria famiglia d’origine.

Quella dei Guerrasio è una realtà che si trova in moltissime famiglie della criminalità organizzata, dove spesso sono i figli a pagare le colpe dei propri genitori. Il film si apre con una festa e si chiude con un’altra, quella della maturità della protagonista che vede il proprio futuro con gli occhi di una persona profondamente cambiata rispetto al passato, con le immagini della propria famiglia d’origine ormai lontane, consapevole che da qualsiasi sofferenza si può sempre avere il coraggio per poter andare avanti.

A Chiara è un’opera toccante che conferma ancora una volta il grande talento di Jonas Carpignano, capace di arrivare dritto al cuore dello spettatore.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
  • Un ottimo cast di attori non professionisti.
  • La maturità artistica di Carpignano che mostra con grande delicatezza il mondo della ‘ndrangheta calabrese.
  • L’uso dei sottotitoli potrebbe distrarre il pubblico nella visione del film pur essendo utili a capire dialoghi in dialetto calabrese.
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