Dheepan – Una nuova vita, la recensione

Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes per il nuovo film di Jacques Audiard: Dheepan – Una nuova vita. Ecco un altro film il cui titolo italiano storpia non poco il senso del titolo originale, Dheepan ou l’homme qui n’aimait plus la guerre, il che, soprattutto in questo caso, è peccato mortale, visto che il sottotitolo originale racchiude già il senso di tutto il film.

Sri Lanka. Un uomo, una donna e una bambina non si sono mai visti. Ma, pur di lasciare un paese belligerante, avendo tutti e tre perso le loro famiglie, accettano di lasciare il paese natio sotto falsa identità, espatriando in Francia. Ed è qui che Sivadhasan assume l’identità di Dheepan, un guerriero delle Tigri Tamil morto durante il conflitto, iniziando una nuova vita. Sarà marito di Yalini e padre di Illayaal, sfuggendo così ad un conflitto di cui è stanco, e a cui non vuole prender parte. Arrivata in Francia, questa famiglia di sconosciuti inizierà un lungo e travagliato percorso di inserimento. Ma ben presto il passato di Dheepan tornerà a cercarlo e all’uomo che non ama la guerra sarà chiesto di combatterne una in prima persona, nel bel mezzo del caos cittadino.

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Con Dheepan Audiard rilegge Montesquie, tentando un’attualizzazione delle sue Lettere persiane. E chi conosce già Audiard sa che il suo è un cinema fortemente letterario, che si è imposto già per una scrittura genuina ma assolutamente coerente. Dheepan non fa eccezione alla regola: attraverso la scrittura, Audiard ci guida lungo il percorso ordinario dei tre protagonisti.

La Palma d’oro a Cannes è stata inaspettata e ha lasciato forse qualche perplessità per chi era al Festival, forse ingannato da un plot non proprio innovativo. E ad alcuni sarà sembrato che non fosse neanche tra i migliori film di Audiard. Falso. È proprio in questo film, invece, che si condensa tutta l’opera di Audiard. C’è molto dei suoi lavori precedenti: c’è la fuga dalle responsabilità di Un sapore di ruggine e ossa, c’è la violenza dilagante de Il profeta, ci sono i personaggi disagiati di Sulle mie labbra, e c’è perfino l’eterogeneità di Tutti i battiti del mio cuore.

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Ed è anche un film stilisticamente molto vario: inizia come un’epopea familiare sulla scia viscontiana di Rocco e i suoi fratelli, diventa racconto di vita ordinaria, sfiora il dramma sociale eastwoodiano alla Gran Torino, e termina come una specie di film d’azione con venature del Cronenberg di A History of Violence. E, nel mezzo di una scena d’azione, c’è perfino un’inquadratura che sembra rubata ad un film horror. Il tutto mantenendo un discorso unitario e coerente, che si fa, però, via via sempre più ampio.

Più che un dramma sull’emigrazione, Dheepan è la storia di uno sguardo. Dello sguardo sulla Francia visto dagli immigrati. La Francia diviene la terra che offre una fortuna piccola, ma vissuta dai protagonisti come grandiosa, ma è anche la terra dell’odio, del caos e del sangue. È nella città che si combatte la vera guerra, sembra dirci il regista. Ed è per questo che, nelle sequenze ambientate in Sri Lanka, non ci viene mostrata.

Audiard porta sullo schermo un ritratto lucido e scomodo della Francia contemporanea, una provocazione alla sua stessa terra natale che assume le bellissime forme di un racconto epico.

Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • La scelta di attori non professionisti ma con storie simili a quelli dei personaggi fa sì che lo spettatore empatizzi meglio con questi ultimi.
  • Il neorealismo di Audiard si apre ad influenze di ogni tipo, come a dimostrazione che è uno stile ancora vivo.
  • Audiard, come sempre, mantiene l’importanza del gesto. I suoi film sono fatti 50% di dialoghi e 50% di gesti. Questo film non fa eccezione. E l’immagine finale ribadisce questo suo tocco personale.
  • Improvvisi cambi di stili, che avvengono, però, in maniera quasi impercettibile.
  • Un plot già visto.

 

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