Falcon Lake, la recensione

Premessa: non si può prescindere dal considerare che Falcon Lake è un’opera prima, nel valutarlo. La regista canadese Charlotte Le Bon, che già abbiamo conosciuto come attrice in pellicole come The Walk di Robert Zemeckis, esordisce con questo liberissimo adattamento di una graphic novel di Bastien Vivés, intitolata originariamente Una sorella.

Proprio il tredicenne Bastien è protagonista anche del film, un apparentemente classico coming of age estivo, in cui la famiglia del ragazzo trascorre una vacanza nei pressi del grande lago del titolo, nella regione del Québec. Ben presto, l’acerbo Bastien lega con la figlia dei loro ospiti, Chloé, più grande di lui di tre anni, una ragazza ammaliante e ossessionata dalle storie di fantasmi.

Da lì in poi, il film diventa una “narrazione di soglie”: tra l’infanzia e l’adolescenza, tra l’adolescenza e l’età adulta, tra la vita e la morte.

La leggenda secondo cui nel Falcon Lake, anni prima, sia affogato un ragazzino, diventa la metafora evidente del salto nel vuoto che rappresenta la crescita: Bastien infatti ha molta paura di quel lago torbido, fatto apposta per nascondere delle insidie ma, allo stesso tempo, attraente. Anche solo l’aspetto del lago evoca, nella memoria di un cinefilo, non solo fantasmi ma tutto un immaginario legato a creature magiche, sovrannaturali, a mostri marini che non aspettano altro che un piede in fallo.

Sia la regia sia la sceneggiatura del film giocano su una indefinitezza generale e l’idea sembra quella di lasciare lo spettatore con dubbi e la volontà di interpretare ciò che ha visto, coglierne i simboli – il cerbiatto morto in cui Bastien si imbatte di notte a un certo punto, per esempio, non potrebbe essere più chiaro di così nel suo essere prefigurazione di altro. Il problema, però, è che proprio nel desiderio del film di voler essere “enigmatico” si tramuta nel suo esatto contrario, un film esposto non solo nei simbolismi ma anche nei suoi snodi decisivi. Tanto che uno spettatore, già all’inizio, può ritrovarsi ad attendere una svolta ormai divenuta abbastanza tipica nel genere soft-horror: la vera novità sarebbe ribaltarla, smentirla, prenderci di sorpresa, e invece il film procede senza particolari scossoni dandoci alla fine più o meno ciò che ci aspettavamo già, pur lasciandoci una certa dose di incertezza e interpretazione, che però sembra più mascherare la scarsa originalità che non definire una direzione nuova. Come se il film ci dicesse: forse sono prevedibile, ma forse no. Ma senza prendersi la briga né il coraggio di “non esserlo” davvero fino in fondo. Al film avrebbe solo giovato andare in una direzione più definita e meno ambigua.

La parte più interessante resta, indubbiamente, l’utilizzo del registro sottilmente horror per trasmettere l’inquietudine dell’adolescenza: Chloé, nel film, si incarna lei stessa come una sorta di sirena vecchio stampo, una creatura che con la sua attrattività sottilmente conturbante attira Bastien in territori oscuri – che non sono altro, in chiave di realtà, che le prime esplorazioni sessuali, attraenti e spaventose insieme – fino a rischiare di farlo perdere, inghiottire da quel lago misterioso.

Ci sono alcuni passi falsi nella regia tipici del film d’autore di qualcuno che ancora sta muovendo i primi passi, come le tante inquadrature fisse e poco comunicative al punto da risultare a volte gratuite, proprio laddove il film potrebbe ingranare invece una marcia. La fotografia, al contrario, è molto interessante: riesce a trasmettere anche attraverso l’atmosfera quel senso di oscurità, densità e opacità che appartiene a un lago d’entroterra, quasi che i ragazzi fossero sempre immersi in una luce che non scalda ma è umida ed eterea, che si appiccica addosso come un’alga.

Gli stilemi con cui si rappresenta la vita teen nel concreto sono abbastanza classici, da tv series statunitense: feste notturne, alcol bevuto per non essere da meno e malsopportato, la friendzone affettuosa e simbiotica tra i due protagonisti che si rompe non appena entra a contatto col “branco”, con il conformismo del voler comunque appartenere alla comunità degli adolescenti, dove Chloé è ovviamente la ragazza percepita come strana ma cool, desiderata e desiderabile, mentre Bastien si sente ancora un bambino sprovveduto e abbandonato da lei, l’unico motivo reale che lo porta a essere lì. La forza del film non sono questi momenti, ma quelli che più si legano al sottotesto sovrannaturale, al lago e a ciò che rappresenta per un ragazzo di quell’età, che è poi anche il target verso cui il film è rivolto.

Falcon Lake è stato presentato nel 2022 alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes e in Italia al Torino Film Festival dello stesso anno. Esce però solamente adesso nelle sale, il 29 giugno 2023, distribuito da Movies Inspired.

Francesca Bulian

PRO CONTRO
  • Il sottotesto sovrannaturale utilizzato come simbolo del passaggio alla pubertà.
  • L’ambientazione con la sua fotografia densa e “limacciosa”.
  • I due giovani attori che reggono l’intero film.
  • La scarsa originalità di certi temi e la caduta in alcuni stereotipi adolescenziali.
  • La regia a volte artistoide più che artistica.
  • A 10 minuti dall’inizio potresti ritrovarti ad aver già previsto dove il tutto andrà a parare.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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