I Recuperoni: Berserk, quando dal Mainagioia Assoluto nasce la resilienza

In questi procellosi tempi di quarantena è di conforto dedicare alcune ore della giornata alla salvifica arte del binge watching; ma, ancor più che confortante, si può dire che è meraviglioso anche avere l’occasione di scoprire dei veri e propri tesori nascosti, quali potrebbero essere quegli anime o quelle serie tv che, come delle comete, illuminarono il palinsesto televisivo degli anni ante streaming e si dispersero nell’oscurità prima di raggiungere il grande pubblico.

Uno di essi fu la serie animata Berserk, composta da 25 episodi di venticinque minuti ciascuna che, a causa dei suoi contenuti adulti, fu trasmessa da Mediaset in tarda serata dal dicembre 2001 all’aprile del 2002. L’opera è tratta dall’omonimo manga del 1989, non ancora concluso, del maestro Kentaro Miura, l’uomo dalla perfezione maniacale che riesce a tenere col fiato sospeso generazioni di lettori da ben trent’anni.

Berserk

Le vicende di Berserk si possono dividere in due archi narrativi principali: il primo, detto L’Epoca D’Oro, racconta della giovinezza da soldato mercenario di Gatsu, il protagonista, sino alla sua “rinascita” come guerriero caccia-demoni; il secondo, in pieno stile cavalleresco, prosegue con la quête incessante dell’essere che ha rovinato la vita a Gatsu e a tutti i suoi cari.

Il primo arco narrativo è quello su cui si basano le vicende sia della serie animata del ’97 della Oriental Light and Magic che di ben tre film cinematografici intitolati appunto Berserk – L’epoca d’oro diretti da Toshiyuki Kubooka (Lupin III: La leggenda dell’oro di Babilonia, Batman: il cavaliere di Gotham) per lo Studio 4°C e pubblicati dalla Warner Bros. Pictures nei cinema giapponesi tra il 2012 e il 2013. In Italia la trilogia è arrivata direttamente nel mercato dell’home video in dvd e blu-ray grazie alla Yamato Video. Liden Films, invece, ha creato due stagioni da dodici episodi ciascuna basate sulla seconda parte della vicenda, in madrepatria sono state trasmesse dal 2016 al 2017 e in Italia sono ancora legalmente inedite.

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Nel corso dei decenni dunque, bene tre diversi studi di animazione hanno cercato di dare anima al manga di Miura, ciascuno con scelte stilistiche diverse: la serie del ’97 ridefinì appena il character design del manga e mantenne le atmosfere dalle colorazioni intense; le serie attuale invece ricorre completamente a un’animazione digitale dalle ombreggiature “legnose” (Kengan Ashura docet) che potrebbe risultare tanto disturbante per un pubblico che non gradisce i video-giochi quanto azzeccata per chi vuole godersi le scene d’azione al massimo della “pixellosità”.

I tre lungometraggi sono tutt’oggi il risultato più pregiato dell’eredità di Miura: le tecniche di CGI e motion capture riescono a donare ai personaggi la corposità che meritano e le tenui colorazioni rendono quell’idea di spensieratezza che domina la prima parte della storia.

Berserk

L’unica pecca di questa trilogia sono i tagli su alcune scene-madri del manga, fondamentali a rendere la maestosa caratterizzazione psicologica fatta da Miura e quel senso di fatalità che domina la vita di Gatsu; per cui non si può non accodarsi alle esterrefatte affermazioni de Il Trono del Muori sui buchi narrativi effettuati dalla produzione.

In un mondo immaginario molto simile a quello dell’Europa Rinascimentale, la storia di Gatsu è quella di un bambino orfano cresciuto tra campi di battaglia e truppe di soldati; dopo varie peripezie diviene un membro della Squadra dei Falchi, mercenari capeggiati dall’astuto Griffith e guidati dalla guerriera Caska. Griffith è un leader carismatico e traboccante di fascino, il suo sogno è quello di diventare un re e per arrivare a ciò non esita a condurre i suoi amici tra le più cruente battaglie e i più rischiosi intrighi di palazzo, sino al momento in cui finalmente non riesce ad entrare nelle grazie del re delle Midlands e soprattutto in quelle della principessa Charlotte.

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Sin qua il plot sembra quello di un normale manga storico con contenuti tipici del battle shonen ma non dimentichiamo che la vera anima di Berserk trascende nel metafisico: Gatsu nel corso della sua vita affronta tutti i dolori che un essere umano nella sua difficile epoca può affrontare, oltre a ciò incontra nel suo percorso entità superiori come La Mano di Dio che riescono a distruggere quel poco di felicità che era riuscito a raggiungere; ma da tutto ciò nasce un furioso desiderio di vendetta, una resilienza inumana che riesce a fargli proseguire il suoi propositi nonostante tutto e anche a rifarsi una vita. Miura non ha mai fatto mistero dell’influenza di Go Nagai (Devilman, Mazinga, Getter Robot) sulla sua opera, ma neanche del cinema americano degli anni Ottanta (Lady Hawke, L’amore e il sangue) e dei romanzi di Clive Barker, a ciò si aggiunge un’abilità tutta nipponica per l’introspezione che dà vita a scene meravigliose in cui gli atti più truculenti si alternano con raffinatissimi dialoghi esistenziali.

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Berserk è un’opera dall’imbastitura grimdark e la cornice filosofica; i personaggi grigi la fanno da padrone e al centro c’è la grande tragedia umana: perché essere così limitati e al tempo stesso provare sentimenti così forti che ci spingono a superare quegli stessi limiti, con tutte le conseguenze che essi comportano?

Quindi nel mentre che Miura scrive un finale che forse darà una risposta o addirittura un lieto fine alla storia di Gatsu, consigliamo di gustare almeno la trasposizione cinematografica di quest’opera bella, bella, bella in un modo assurdo.

Ilaria Condemi de Felice

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