Los Colonos, la recensione

Terra del fuoco, confine tra Cile e Argentina. Siamo nel 1901 e il ricco possidente terriero José Menéndez, soprannominato “Re dell’oro bianco”, ha una proprietà che si estende per molti chilometri e che utilizza per lo più per i suoi allevamenti di pecore. L’imprenditore affida al suo scagnozzo MacLennan, ex soldato scozzese, la missione di trovare una via che conduca agilmente verso l’Oceano Atlantico e per quest’avventura porterà con sé il mercenario americano Bill e il meticcio Segundo, che è noto per la sua mira infallibile. Sulla carta, il loro viaggio è solo di esplorazione e ricognizione, in pratica i tre dovranno trovare un modo per eliminare gli indigeni che popolano la pampa e che intralciano le mire espansionistiche di Menéndez.

Presentato in concorso nella sezione Un Certain Regard del 76° Festival de Cannes, dove ha vinto il Premio FIPRESCI, Los Colonos è l’opera prima del cileno Felipe Gálvez, esperto montatore, che decide di esordire dietro la macchina da presa di un lungometraggio con un singolare “western”. Però è necessario virgolettare la parola western perché quello di Gálvez si inserisce nel genere solo in parte. Di fatto il linguaggio inizialmente è quello del western, così come lo scenario e l’argomento anche appartengono a quegli esponenti del tardo-western che documentavano lo sfruttamento/massacro dei nativi, però a Los Colonos sta stretta l’etichetta di genere, si nota in ogni singola inquadratura.

Los colonos

Gálvez, anche sceneggiatore insieme ad Antonia Girardi e Mariano Llinás, parte da una storia vera e documentata, quello della popolazione indigena dei Selk’nam che fu quasi portata all’estinzione dai coloni inglesi, così come è reale la figura dell’imprenditore José Menéndez che sfruttò in maniera poco ortodossa gli indigeni rifugiandosi dietro la mancanza di una legge vera e propria nelle zone di frontiera. Da questo spunto reale e realistico, l’autore getta nel mezzo della pampa tre personaggi che viaggiano sul filo del rasoio: un ex soldato che indossa ancora la sua uniforme e mente spudoratamente sul suo grado nell’esercito, uno yankee che è mosso dall’odio immotivato verso i pellerossa, che per lui sono esseri inferiori con cui giocare al tiro al bersaglio, e un meticcio che è l’unico ad essere toccato da uno scrupolo di coscienza. Segundo è un mercenario, risponde agli ordini perché ha un tornaconto economico, però è disgustato dai bianchi, dalla loro mancanza di rispetto per i nativi, ma si trova in quella situazione di compromesso dalla quale non sembra riuscire a sottrarsi; lo notiamo quando il tenente MacLennan gli ordina di violentare un’indigena che hanno catturato e lui, spinto dalla pietà nel guadare una ragazzina stremata e ferita, le risparmia ulteriori sofferenze uccidendola.

Los colonos

Los Colonos non è di certo un film facile, è crudo nelle immagini e porta in scena personaggi spregevoli e ambigui, inoltre è incastrato in un’ottica da Festival che ne limita la fruizione a un pubblico mainstream. I tempi sono dilatati e l’approccio di Gálvez tende al cinema d’autore senza troppi compromessi con il pubblico generalista, nonostante il linguaggio del western dovrebbe avvinarlo al cinema di consumo. Questo paradosso si riscontra specialmente nella gestione dei tempi narrativi, con lunghi momenti di stasi e un’atmosfera rarefatta che spesso e volentieri si concede a pause sul paesaggio, stupendamente fotografato dall’italiano Simone D’Arcangelo.

Comunque, Los Colonos ha un suo fascino particolare e una personalità abbastanza forte da farlo ben sedimentare nella memoria dello spettatore, aiutato anche da una colonna sonora originale di Harry Allouche che si affida a suoni vicini alla tradizione western misti a sonorità cacofoniche anni ’70 che sottolineano la sgradevolezza di alcune situazioni.

los colonos

Interessante il terzo atto, che ha un balzo temporale in avanti di sette anni mostrandoci sia gli esiti del terrificante piano di Menéndez che i provvedimenti presi con un’inchiesta governativa sugli orrori ai danni degli indios. L’azione si sposta in un salotto borghese nell’isola di Chiloe e si percepisce questo contrasto paradossale tra chi si è sporcato le mani affondandole nel sangue e chi si affida a una legge che non ha avuto alcuna utilità e che agisce solo a posteriori, quasi inutilmente e solo per una questione di burocrazia formale. La chiusura, poi, è amara e genialmente beffarda.

Los Colonos arriva nei cinema italiani il 7 marzo, distribuito da Lucky Red in collaborazione con Mubi, che lo distribuirà poi in esclusiva dal 29 marzo sulla loro piattaforma streaming.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il film ha una bellissima atmosfera, sottolineata da una magnifica fotografia.
  • C’è una visione autoriale che gli conferisce grande personalità.
  • Porta a conoscenza uno spaccato storico che non è stato molto raccontato dal cinema.
  • Tempi narrativi molto dilatati che potrebbero scoraggiare lo spettatore occasionale.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Los Colonos, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.