Maria Maddalena, la recensione

È quasi Pasqua e non poteva esserci periodo migliore per portare al cinema l’ennesima opera che ci fa rivivere la Passione di Cristo. Ma attenzione! A firmare Maria Maddalena c’è Garth Davis, che con Lion – La strada verso casa ha già dimostrato di essere un cineasta attento all’aspetto empatico della vicenda raccontata. Per di più, Maria Maddalena non è “l’ennesima opera” sugli ultimi giorni di vita di Gesù Cristo e chi lavora a Hollywood sa che non è ancora tempo di ripercorrere quelle strade dopo che Mel Gibson ha realizzato il film “definitivo” sull’argomento. Piuttosto il film di Davis è fedele al titolo che porta e la vicenda di Gesù di Nazareth e del suo assassinio sono solo parte del contesto in cui si svolge la vicenda che vede protagonista Maria di Magdala.

Il film si apre con una figura fluttuante nell’acqua, una donna. Non è ben chiaro cosa sia accaduto, se la donna sia viva o morta, ma in pochi secondi ci rendiamo conto che quell’ombra galleggiante è Maria, ventenne proveniente da una piccola città sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade, in quello che oggi conosciamo come Stato di Israele. La ragazza mostra una grande sensibilità ed empatia verso il prossimo e lo capiamo mentre aiuta un’ostetrica a gestire una partoriente particolarmente agitata, semplicemente parlandole. Maria è promessa sposa a Daniele, che ovviamente non ama, e non sopporta il modo di porsi della sua famiglia, incredibilmente possessivo, come la società d’epoca prevedeva verso le donne. Quando in paese fa tappa Gesù di Nazareth, uomo carismatico che intrattiene le folle raccontando di una forza superiore di nome Dio, di cui si fa portavoce, e di una vita dopo la morte, Maria ne rimane folgorata e decide contro la volontà di suo padre di unirsi al gruppo di seguaci del predicatore. Nel lungo viaggio che condurrà Gesù alla morte in quel di Gerusalemme, Maria sarà testimone di incredibili eventi, miracoli di cui il predicatore si fece protagonista.

Con un rigore formale che mostra un grande talento dietro la macchina da presa, Garth Davis si abbandona al racconto di una storia nota riuscendo a sottolineare aspetti che noti, in realtà, lo sono ben poco. Il film pedina la protagonista in un percorso che è allo stesso tempo lucido e alienante, mostrandoci una donna che abbraccia una causa compiendo il proverbiale salto nel buio. Ma la strada, per nulla semplice, di Maria di Magdala sembra essere già scritta nei suoi cromosomi e l’avventura che la porterà ad essere testimone di alcuni degli eventi – reali o meno – più importanti della storia dell’umanità viene affrontata con tale naturalezza e consapevolezza da gettare un velo di sinistro fascino sul suo personaggio.

Inserita in un contesto geografico, storico e sociale in cui le donne erano proprietà esclusiva dell’uomo, la voglia di emancipazione che coglie Maria Maddalena e che la porta ad allontanarsi dal suo paese sono incredibilmente all’avanguardia e cadono in un periodo, quello odierno, in cui l’emancipazione femminile è una battaglia ancora in corso di svolgimento. Per questo motivo raccontare oggi una figura storica così influente è incredibilmente attuale, per di più consapevoli che la figura della donna e ormai Santa è stata riabilitata dalla Chiesa Cattolica solo nel 2016 e riconosciuta prima tra gli apostoli. E pensare che per secoli l’immagine di Maria Maddalena è stata infangata dall’ottuso maschilismo cattolico e trattata letteralmente alla stregua di una puttana. E anche per questo ulteriore motivo Maria Maddalena è un film utile e per quanto romanzata la sua vita possa essere, filtrata dalle parole delle Sacre Scritture, ne esce un’immagine riabilitata e realistica di una donna al passo coi tempi, che lottava per la sua libertà e auto-affermazione.

Grazie a una narrazione insospettabilmente avvincente, il film di Davis riesce a catturare lo spettatore, che entra in perfetta empatia con dei personaggi molto ben tratteggiati dalla sceneggiatura di Helen Edmundson e Philippa Goslett, a cominciare dai comprimari Pietro (Chiwetel Ejiofor) e Giuda (Tahar Rahim), testardo e reazionario il primo, sensibile e corroso dai sensi di colpa il secondo. Personaggi mai banali che hanno il pregio di essere interpretati da attori di grande talento: Rooney Mara, nel ruolo di Maria Maddalena, è praticamente in stato di grazia, una delle interpretazioni migliori della sua carriera, ricca di pathos e molto espressiva, ma anche Joaquin Phoenix nel dar volto a Gesù è assolutamente convincete, carismatico e intriso di una flemma ipnotica, giustamente mai intenzionato a prevalere sul ruolo centrale di Maria Maddalena.

Molto interessante anche l’uso che si fa delle location, quasi esse stesse personaggio del racconto. Paesaggi splendidi valorizzati dalla macchina da presa di Garth Davis, anch’essi testimoni delle prodezze di Gesù Cristo e ricavati da suggestive località del Sud Italia, tra Matera, Gravina di Puglia, Napoli e Trapani.

Maria Maddalena non è, dunque, il classico film che racconta la Passione di Cristo, ne figlio dell’ottica pulp gibsoniana, è piuttosto un dipinto laico e alternativo della vicenda a tutti nota filtrata attraverso lo sguardo femminile, moderno e battagliero dell’unica donna che ha avuto un posto d’onore accanto all’uomo più influente della Storia. Non moglie o amante come alcune versioni alternative del personaggio descrivono, ma guerriera intenzionata a portare avanti un’ideologia.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Attori molto in parte, con una Rooney Mara ai vertici della sua carriera.
  • Ottimo utilizzo degli scenari naturali.
  • Pur raccontando una storia nota e malgrado i ritmi lenti, risulta incredibilmente avvincente.
  • Anche se ha uno sguardo laico sulla vicenda ed eviti la retorica, si può comunque notare un’enfasi sugli eventi che lo rende un film da catechismo.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Maria Maddalena, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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