Mercoledì, la banalità dell’anticonvenzionale nella serie Netflix di Tim Burton

Non è di certo una novità assistere al passaggio di un rinomato autore cinematografico dal grande al piccolo schermo, del resto in passato importanti personalità come Steven Spielberg, Martin Scorsese, David Lynch, Quentin Tarantino, Sam Raimi e perfino Alfred Hitchcock, hanno fatto incursioni nella serialità televisiva mentre erano nel fiore della loro carriera. Non ci deve stupire, quindi, trovare il nome di Tim Burton a caratteri cubitali sulla nuova serie Netflix, Mercoledì; a maggior ragione se lo stesso Burton si trova in un periodo poco roseo (è da poco terminata -poco bene- la collaborazione con Disney) e il materiale a disposizione è perfetto per apporre il suo marchio.

Mercoledì è un (molto) libero adattamento dei personaggi de La Famiglia Addams, storico franchise nato dai fumetti dell’eccentrico Charles Addams – pubblicati sul finire degli anni ’30 – e che ha raggiunto la popolarità in tutto il mondo grazie alla serie tv degli anni ’60, tutt’oggi cult, e ai due film degli anni ’90 diretti da Barry Sonnenfeld. Un franchise che celebra la diversità, fornisce una rivincita ai freaks e ai reietti e lancia una pungente critica al conformismo sociale americano, tematiche molto vicine alla sensibilità di Tim Burton da sempre al centro delle sue opere cinematografiche.

Mercoledì

Pur non smarrendo la via burtoniana, più di qualcosa nella serie Netflix non funziona e Mercoledì non solo stravolge pesantemente i personaggi di Charles Addams che ormai tante generazioni hanno imparato ad amare, ma prende una serie di banalissime scelte che appiattiscono da un punto di vista narrativo la storia e cercano goffamente di rincorrere il “brand” Tim Burton come farebbe un emulatore. Insomma, Mercoledì più che apparire come una serie di Tim Burton si mostra come una serie “a la” Tim Burton e questo è paradossale sapendo che il regista di Edward mani di forbice non solo ha prodotto e supervisionato Mercoledì, ma ne ha anche diretto i primi quattro episodi (di otto totali).

Alla soglia dei sedici anni, Mercoledì Addams viene mandata a studiare alla Nevermore Academy, un’esclusiva scuola privata per “persone speciali” in cui hanno passato la loro adolescenza anche i suoi genitori Morticia e Gomez. Licantropi, vampiri, sirene e altre creature soprannaturali sono gli studenti prediletti della Nevermore, come Enid, la solare compagna di stanza di Mercoledì che è un lupo mannaro con una cotta per un gorgone ed è ancora troppo giovane per trasformarsi nelle notti di luna piena. Ma alla Nevermore si consuma anche un sanguinoso delitto di cui Mercoledì è unico testimone, primo di una serie di inquietanti uccisioni che sembrano condurre a una misteriosa creatura. La giovane Addams si improvviserà detective e grazie all’aiuto dei suoi compagni di scuola e alle straordinarie facoltà paranormali che sta sviluppando cercherà di fermare un pericolo che aleggia sulla Nevermore e si estende sull’intera cittadina di Jericho.

Mercoledì

La prima cosa che balza all’occhio, anzi all’orecchio, dello spettatore che approccia la visione di Mercoledì è la suggestiva colonna sonora curata da Danny Elman, sodale di Tim Burton fin dai tempi di Pee-Wee Big’s Adventure, che coglie alcune note tipiche della Addams Family televisiva e dà vita a un sound molto dark che domina tutti e otto gli episodi della prima stagione. Da lì in poi, tutta la serie è una strizzata d’occhio al mood burtoniano, tra atmosfere decadenti, edifici fatiscenti e un look dark generale che urla Burton ad ogni inquadratura. Il problema è tutto quello che abbiamo sotto gli occhi non appare mai genuino, è un qualcosa di estremamente standardizzato che si atteggia ad essere burtoniano con un effetto complessivo quasi fastidioso per chi ha seguito e amato la carriera del regista di Beetlejuice. Se vogliamo, Mercoledì è una versione sintetica di Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali in cui tra i quattro episodi diretti da Burton e i quattro diretti da Gandja Monteiro e James Marshall non c’è alcuna differenza, anzi una sospetta continuità che va a sminuire l’apporto del nome più in spicco del terzetto.

Mercoledì

Come si diceva, il dato più “grave” per un conoscitore de La Famiglia Addams è il modo in cui i creatori e sceneggiatori Miles Millar e Alfred Gough, rodati con i tele e cine comics, hanno stravolto il materiale d’origine omologandolo a tanti altri prodotti teen-fantasy degli anni duemila. Mercoledì qui è una esperta conoscitrice di arti marziali (addirittura addestrata da un pessimo Zio Fester!), novella detective nonché dotata di poteri paranormali che le causano visioni del passato e del futuro. Il contesto in cui si muove è una sorta di harrypotteriana Hogwarts (c’è perfino un torneo sportivo periodico come la Coppa Tre Maghi) in cui a frequentare le lezioni “a tema” tenute da eccentrici insegnanti sono creature appartenenti al pantheon fantastico; un contesto che si fonde e scontra con il mondo fuori dalla Nevermore Academy in cui ci sono umani che convivono più o meno pacificamente con i mostri. Insomma, un quadro generale che, capirete, con la creazione di Charles Addams c’entra poco o nulla, rivisitata per apparire accattivante e friendly allo spettatore della cosiddetta “generazione z” che probabilmente de La Famiglia Addams non ha neanche mai sentito parlare.

Mercoledì

Mercoledì va a inserirsi nel filone teen-mistery alla Veronica Mars, con una costruzione da giallo e un’impostazione whodunit in cui fino all’ultimo episodio lo spettatore sarà invitato a vestire i panni dell’investigatore per scoprire l’identità dell’assassino e il suo movente. Peccato, però, che il mistero che avvolge la Nevermore Academy è talmente elementare e l’identità del colpevole prevedibile fin dal primo episodio che il meccanismo giallo viene a scemare in brevissimo tempo, dimostrazione, ancora una volta, che il prodotto è confezionato a uso e consumo esclusivo di un pubblico molto giovane e inesperto, se vogliamo anche distratto.

Nota assolutamente positiva di Mercoledì è la talentuosa interprete chiamata a vestire i panni della protagonista. Si tratta di Jenna Ortega, già vista e apprezzata in X – A Sexy Horror Story e nel quinto Scream, che regge sulle sue spalle quasi totalmente la serie (è una serie molto meno corale di quello che potrebbe inizialmente sembrare) e riesce a dare una buona caratterizzazione alla sua Mercoledì “Mary Sue” Addams tutta bronci e sguardi torvi e minacciosi. In un ruolo di supporto – è l’insegnante di botanica Thornhill – c’è anche Christina Ricci che divenne nota al pubblico proprio per aver interpretato da bambina Mercoledì Addams nei due film di Barry Sonnenfeld.

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Un’occasione davvero mancata, dunque. Quello che sulla carta poteva essere il rilancio in grande stile sia di Tim Burton, con un progetto molto nelle sue corde, che de La Famiglia Addams si è tradotto in una normalissima serie (molto) Netflix indirizzata a un pubblico di adolescenti che difficilmente ha famigliarità sia con la golden age del regista che con i personaggi di Charles Addams. Magari il target di riferimento apprezzerà pure, ma se avete più di vent’anni e avete amato l’autore più goth di Hollywood sarà davvero arduo arrivare alla fine di una serie colma di lungaggini, prevedibilissima negli sviluppi narrativi e che si proclama eccentrica ma è perfettamente conformata allo standard della serialità firmata Netflix.

Roberto Giacomelli

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2 Responses to Mercoledì, la banalità dell’anticonvenzionale nella serie Netflix di Tim Burton

  1. Noemi ha detto:

    L’ultimo film di Tim Burton è del 2019, Dumbo, e non è stato proprio un flop…

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