Omicidio nel West End, la recensione

Il genere giallo sta tornando di moda al cinema? Stando ad alcune sistematiche e strategiche uscite si direbbe che ci stia provando. Merito del successo di pubblico di Assassinio sull’Orient Express (2017), quasi bissato da Assassinio sul Nilo (2022) e del successo di pubblico e critica di Cena con delitto – Knives Out (2019) che a breve proverà a bissare con Knives Out: Glass Onion. Nell’attesa del sequel di Rian Johnson, però, il giallo si manifesta in quella che in diverse occasioni passate è sembrata la sua più naturale quanto bizzarra contaminazione, la commedia, e arriva al cinema Omicidio nel West End (See How They Run, in originale) di Tom George.

Siamo nel West End di Londra, nei primi anni ’50, e fervono i festeggiamenti per celebrare la centesima replica all’Ambassadors dello spettacolo tratto da Trappola per topi di Agatha Christie. In seguito a un principio di rissa, il regista di Hollywood Leo Kopernick, scelto per dirigere l’adattamento cinematografico dello spettacolo, si assenta dalla festa e viene barbaramente ucciso da un misterioso assassino. Ad indagare sul caso viene incaricato il disilluso Ispettore Stoppard, aiutato dalla giovane e ancora inesperta agente Stalker che ha l’abitudine di appuntare qualsiasi informazione e scendere un po’ troppo presto a conclusioni.

L’inglese Tom George, dopo una decennale gavetta televisiva – sua la serie This Country – esordisce al cinema con un cast pieno zeppo di star che comprende, tra gli altri, Sam Rockwell, Saoirse Ronan, Adrien Brody, Ruth Wilson e Harris Dickinson. Gli intenti del film sono presto palesati con la voce narrante che è quella della futura vittima, il personaggio – per auto-ammissione – più sgradevole del lotto, perché i dettami del giallo quello impongono. E così, fin dall’incipit, Omicidio nel West End si pone l’obiettivo dell’ironica riflessione meta-testuale sul genere giallo, fatto di personaggi appositamente stereotipati, di situazioni topiche riproposte con piglio satirico e una serie di frecciatine sul cosa fare e non fare quando si affronta una storia di questo tipo.

Date queste premesse, l’agente Stalker, interpretata con divertita convinzione da Saoirse Ronan, è chiaramente la materializzazione del lettore/spettatore delle trame gialle: indaga in maniera goffa, collega i punti per trovare le giuste connessioni e salta spesso a conclusioni affrettate. Al contrario, l’Ispettore Stoppard, impersonato dal sempre magnifico Sam Rockwell, è cinico e disilluso, molto distaccato dal caso a cui lavora ma allo stesso tempo un attento segugio, sintesi e contraltare dei più celebri investigatori letterari e cinematografici.

A questi due azzeccati protagonisti vanno ad unirsi tutta una serie di personaggi di contorno che fungono da probabili vittimi e possibili assassini in un meccanismo da whodunit poco pregnante lasciato volutamente in secondo piano dalla stessa sceneggiatura di Mark Chappell, più interessata all’indagine.

La stessa soluzione del giallo, che prende Trappola per topi di Agatha Christie come deus ex machina per sterzare prepotentemente altrove, non è di certo da manuale mancando di quella originalità e sagacia che ci si aspetterebbe da chi con questo genere ci sta giocando. Eppure, l’ultimo atto, con un gioco di richiami meta-testuali e la presenza della stessa Agatha Christie tra i personaggi in scena, ha quel guizzo di genio necessario. In fin dei conti, come dice lo stesso Leo Kopernick nel film, in un’opera cinematografica l’importante è azzeccare il finale perché lo spettatore medio ricorderà solo gli ultimi 15 minuti di quello che vede.

Lontano dagli intenti parodistici di opere ormai cult come Signori il delitto è servito e Invito a cena con delitto, Omicidio nel West End trova una sua specifica identità nella contaminazione tra commedia e giallo, pur rimanendo perfettamente credibile nel suo svolgimento di genere. Viene un po’ meno l’originalità complessiva dell’operazione e alcune trovate di sceneggiatura risultano ampiamente prevedibili anche per i meno avvezzi al genere, ma nel complesso l’esordio di Tom George è divertito e divertente.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un ottimo cast capitanato da Sam Rockwell e Saoirse Ronan particolarmente in forma.
  • Una scrittura brillante che dà il meglio nel gioco meta-testuale.
  • Nel complesso risulta poco originale e prevedibile.
  • Il meccanismo del whodunit non è particolarmente avvincente.
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