Perfect Days, la recensione del film di Wim Wenders

Quando una cosa ha un buon sapore vorresti non smettere mai di assaporarla. È così che ci si sente durante la visione di Perfect Days, ultimo lavoro del regista tedesco Wim Wenders.

La vita al centro di ogni fotogramma – accentuata nell’intimità dalle comode proporzioni 1,33:1 – è quella di Hirayama (Kōji Yakusho) con relativamente poche parole ma un pozzo senza fondo di sentimenti. Ha quello che sembra il lavoro meno probabile per il protagonista di un film contemplativo di due ore: lavorare per un appaltatore privato che pulisce i bagni nei parchi pubblici di Tokyo.

Ma chi è Hirayama? Il suo piccolo e ascetico appartamento è pieno di libri, piante, musicassette e scatole di sue foto: si tratta chiaramente di un uomo molto intelligente e colto, che forse un tempo godeva di un importante status sociale e ha scelto questa esistenza monacale per ragioni personali. Dolore forse? Le risposte sembrano emergere quando sbircia dalla porta di un certo bar, e anche quando la sua bella nipote (Arisa Nakano) viene a trovarci e lui si confronta con la madre di questa ragazza, sua sorella, che gli dice che la demenza del padre è peggiorata e sembra sbalordita da ciò che Hirayama fa per vivere.

Un universo di personaggi più o meno bizzarri popolano le sue giornate, dal giovane collega scansafatiche al senzatetto che staziona davanti ad uno dei bagli che pulisce. Hirayama è un uomo di poche parole ma dotato di uno sguardo attendo e amorevole per la vita che gli sta intorno e che gli conferisce un calore che irradia anche attraverso lo schermo.

Nelle sue avventure giornaliere seguiamo il protagonista con uno stile documentaristico, come se fosse una piccola formica laboriosa in una città da oltre 13 milioni di abitanti. La camera, nella moltitudine e caos di una metropoli quale Tokyo, decide di fermarsi sull’invisible, sul minuscolo. Ci ricorda che non bisogna fare cose grandiose per avere una vita degna di essere vissuta e goduta. Che la felicità e la serenità si nascondono anche nei piccoli momenti.

Hirayama attraversa Tokyo riflettendo sulle ricompense e forse anche sui rimpianti della sua vita con lo stesso spirito di apertura e accettazione, abbracciando la tristezza tanto quanto la gioia.

Intorno a quel modesto fiorire della natura, il regista ha realizzato un film di ingannevole semplicità, osservando i piccoli dettagli di un’esistenza di routine con tale chiarezza, pienezza di sentimento ed empatia da emozionarsi senza che ce ne si accorga. È disarmante anche nella sua assenza di cinismo, forse la riflessione di un regista ormai maturo che pensa a lungo e intensamente alle cose che danno significato alla vita.

La musica, infine, grande protagonista, è perfettamente dosata e nonostante si tratti di brani famosi e ampiamente utilizzati, qui trovano la loro dimensione dando voce al protagonista e al peso dei suoi pensieri.

Perfect Days è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2023 dove Kōji Yakusho ha vinto il Prix d’interprétation masculine.

Il film è distribuito da Lucky Red nelle sale italiane a partire dal 4 gennaio 2024.

Agata Brazzorotto

PRO CONTRO
  • L’ottima interpretazione di Kōji Yakusho che dà vita ad un personaggio ricco e reale.
  • È un film che fa stare bene quando lo si guarda.
  • Nonostante racconti una piccola cosa, potresti guardarlo per sempre.
  • Non ce ne sono.
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