Ad Astra, una recensione positiva

“Per aspera ad astra”, recitava il De natura deorum di Cicerone. Allocuzione spesso utilizzata da altri autori del passato fino a diventare un vero e proprio modo di dire, nonché motto della Flotta Stellare in Star Trek. “Attraverso le asperità fino alle stelle”, per indicare le difficoltà nel raggiungere un obiettivo, un significato che viene preso alla lettera però da James Gray che al suo settimo lungometraggio da regista, Ad Astra, sceglie proprio parte di questa frase per titolare l’avventuroso viaggio nello spazio di un astronauta alla ricerca di un affetto perduto e una soluzione per salvare la Terra da un destino infausto.

Il Maggiore Roy McBride, interpretato da un Brad Pitt ormai avviato verso l’Oscar (l’altro recente film che ne denota una bravura fuori dal comune è C’era una volta a… Hollywood), è inviato in missione su Marte per inviare un messaggio alla volta di Nettuno, pianeta dal quale provengono letali onde elettriche che stanno letteralmente distruggendo la Terra. Ma Roy è figlio di Clifford McBride, astronauta partito 29 anni prima proprio alla volta di Nettuno alla ricerca di nuove forme di vita e mai tornato a casa. L’idea, infatti, è che sia proprio la nave spaziale comandata da Clifford a generare queste scariche elettriche, tanto che la missione di salvataggio del pianeta Terra per Roy diventa anche una missione di recupero, la speranza di poter ritrovare il genitore perso troppo presto e che è stato per lui sempre una grande fonte di ispirazione.

Già dalla sinossi si intuisce che Ad Astra non è un film di fantascienza come un altro, non segue il canone hollywoodiano. Ma allo stesso tempo non è neanche quel dramma psicologico che utilizza la fantascienza per parlare di altro. Almeno non del tutto. È una giusta via di mezzo, un compromesso per James Gray che rispecchia perfettamente il suo modo di fare cinema e di intendere l’intrattenimento cinematografico. Nella sua carriera, infatti, il regista americano è riuscito a toccare con una certa efficacia e una firma sempre riconoscibile e personale diversi generi: dal crime (Little Odessa, The Yards, I padroni della notte) al melò sia di ambientazione contemporanea (Two Lovers) che storica (C’era una volta a New York), fino all’avventuroso (Civiltà perduta). Ogni film è in primis l’esplorazione dell’inconscio dei suoi personaggi, che pensano sempre in grande e tentano in ogni modo di riuscire nei loro traguardi, che siano la scalata al potere attraverso un percorso criminale o la conquista di un amore, l’integrazione in una città ostile o la scoperta antropologica del secolo.

Perfettamente allineato in questa visione è anche Ad Astra in cui il Maggiore Roy McBride guarda lontano, lontanissimo, verso le stelle. Novello Eracle pronto alla scalata dell’Olimpo (Seneca nel suo Hercules furens anche utilizzò la frase Per aspera ad astra), Roy deve affrontare una serie di prove pericolosissime, inanellate una dietro l’altra in un percorso ad ostacoli che separa il protagonista dal suo Olimpo, l’orbita del pianeta Nettuno. Questa scansione a “livelli” fornisce al film un ritmo invidiabile pur non abbandonandosi mai all’intrattenimento di genere, ma mettendo il protagonista in situazioni che potremmo definire tranquillamente divertenti, spesso dedite anche alla spettacolarità più esibita.

ad astra

Ad Astra si apre proprio con una bellissima sequenza d’azione e sopravvivenza in cui i personaggi in scena devono cavarsela dal disastro che ha investito la loro stazione orbitante, con l’eccezione che si trovano all’esterno della stessa, appesi ai possenti tubi di metallo che la costituiscono, nel tentativo di evitare i numerosi detriti generati da un’esplosione nei piani più alti. Le “fatiche” di Roy proseguono sulla Luna, in uno scontro alla Mad Max con dei pirati lunari, si sposta su Marte contro i suoi stessi colleghi e in una stazione di ricerca spaziale contro dei babbuini inferociti che si sono liberati e hanno decimato l’equipaggio. Su, sempre più lontano, fino a Nettuno, alle prese con la tempesta di rocce che formano l’anello del pianeta verso un epilogo che no vi sveliamo.

James Grey riesce quindi a tenere sempre desta l’attenzione dello spettatore, a creare uno spettacolo nel vero senso della parola, ma non smarrisce mai la sua vena introspettiva. Roy McBride è l’uomo stimolato dalla conoscenza, che possa essa essere l’esplorazione spaziale o la ricerca di un modello genitoriale fatalmente insito nel suo DNA. La conoscenza ha mosso anche suo padre, spintosi fino ai confini del sistema solare per sapere cosa abita quella zona dell’universo inesplorata. La conoscenza è il motore che muove ogni cosa, capace di salvar vite ma anche di generare la follia quando si trasforma in ossessione.

Ad Astra, però, ha anche una goffa gestione dei personaggi secondari, un “one man show” che sembra trovarsi stretto ogni qualvolta qualcuno si avvicini e affianchi per qualche minuto Roy McBride/Brad Pitt, che sia la moglie interpretata da Liv Tyler o la scienziata interpretata da Ruth Negga che lo aiuta nella missione. In quei momenti la storia annaspa e la sceneggiatura sembra cercare espedienti per riportare Roy solo verso la sua strada. In quest’ottica anche il finale, inteso come chiusura del film, sembra leggermente sottotono in confronto a quanto di ottimo abbiamo visto in due ore di film. Come se raggiunto il climax ci fosse un’effettiva difficoltà nel tirare le somme fino alla parola fine.

Nel suo complesso, un po’ Solaris, un po’ Interstellar e un pochino Apocalypse Now, Ad Astra si lascia ricordare con piacere come ottimo esempio di fantascienza realistica, un film introspettivo che parla di sentimenti e di conoscenza senza trascurare mai il “sense of wonder” a cui la fantascienza di Hollywood ci ha abituati.

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Presentato in concorso alla 76^ Mostra del Cinema di Venezia, Ad Astra ha curiosamente incontrato l’ostilità della critica festivaliera, mentre è stato ben accolto dalla critica statunitense che lo ha premiato con un 83% di recensioni professionali positive su Rotten Tomatoes.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un equilibratissimo esempio di fantascienza adulta che si alterna tra introspezione e intrattenimento.
  • Brad Pitt bravissimo e molto misurato.
  • Aspetto visivo notevole, soprattutto per l’approccio realistico al viaggio spaziale.
  • Personaggi secondari poco pregnanti.
  • Chiusa inferiore alle aspettative.

Leggi la stroncatura di Ad Astra.

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