Baby, una storia incompleta?
Il 30 novembre è approdato su Neflix Baby, la seconda serie italiana inserita nel catalogo dopo Suburra. E se nella prima ritrovavamo le tipiche atmosfere di Sollima, il gangster movie a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, con Baby sembra di tornare in qualche modo alla classica tradizione del drama all’italiana che ormai da vent’anni o più viene riproposta nei cinema: famiglie disfunzionali, ragazzi problematici, genitori assenti, intrecci amorosi improbabili.
Questa prevedibilità della trama e dei caratteri non avrebbe così tanto stupito se Baby non fosse stata fatta passare nei trailer e nella campagna pubblicitaria come il prodotto trasgressivo per antonomasia.
La sceneggiatura, scritta addirittura da un gruppo di sceneggiatori giovani, i Grams, è dinamica, e i dialoghi sono abbastanza realistici, soprattutto per quanto riguarda i personaggi adolescenti e le loro dinamiche. Spesso capita che quando si tratti di “teen drama” quelli che dovrebbero essere dei ragazzini vengano dipinti come adulti, sia per aspetto che per modi di fare. Questo ribaltamento dei ruoli fortunatamente non accade in Baby, essenziale per la delicatezza dei temi trattati.
La serie, infatti, prende spunto dallo scandalo, realmente accaduto, delle “baby squillo” del quartiere Parioli di Roma. La storia si apre attraverso lo sguardo del nuovo arrivato, Damiano (Riccardo Mandolini) figlio di un ambasciatore di un non meglio specificato paese arabo, che viene trasferito nel prestigioso liceo privato Collodi. Qui incontrerà Chiara, interpretata da Benedetta Porcaroli, prima vera protagonista della storia, con cui inizierà un complicato rapporto d’amicizia. A spalleggiare Chiara c’è anche Ludovica (Alice Pagani, già vista in Loro di Paolo Sorrentino), ragazza problematica, vittima di bullismo e slut-shaming. Insieme troveranno conforto da un ambiente scolastico snob e da genitori assenti, perché troppo presi dai loro stessi problemi.
La vera novità di questo prodotto è stata il riuscire ad applicare ad una formula tipicamente italiana, una regia piacevolmente internazionale e dinamica (merito di Andrea De Sica e Anna Negri) e una colonna sonora perfetta per un racconto giovanile. La pecca più grande invece la si trova purtroppo quando si deve andare a conti fatti al nocciolo del problema: lo scandalo delle baby squillo fece tanto scalpore anche perché fu riscontrato quanto il fenomeno fosse esteso, di quante fossero le ragazze invischiate in questo campione di prostituzione minorile.
In Baby sono due le ragazze, che tramite dinamiche personali, incontri sbagliati e decisioni avventate decidono di inserirsi in un mondo pieno di ombre. Le loro storie sono ben raccontate e anche le loro motivazioni ma la trama non trasmette ciò che è stata la portata del fenomeno. È chiaro anche che la serie cerchi di astenersi da ogni giudizio, forse per restituire quella promessa di “serie trasgressiva” che aveva fatto, arrivando addirittura a evitare il momento in cui Chiara e Ludovica capiranno quanto siano state in realtà circuite. D’altra parte però così facendo lascia spazio ad un approccio alla sessualità del tutto candido. Le ragazze compiono sempre scelte personali e malgrado la serie ancora non proponga una riflessione su quanto siano abbiette certe figure che si approfittano di persone instabili emotivamente (che è la vera definizione di ogni adolescente), apre un’interessante considerazione su quanto il potere abbia a che fare con il sesso: compiere scelte da adulte, porta le ragazze a sentirsi tali, autonome, indipendenti, ad avere controllo sulle proprie vite, in un momento come quello dell’adolescenza dove il controllo sembra essere scomparso da ogni altra parte.
La concatenazione degli eventi porta alla luce quanto sia più semplice cadere in una situazione ambigua come quella in cui si trovano loro, in momenti incerti della vita. Ed è una domanda che davanti a eventi simili spesso tutti si pongono: perché? Far combaciare causa ed effetto di questa situazione complessa è il vero grande merito di Baby.
Per quanto riguarda il passo in più, la risoluzione del fatto, le conseguenze, l’estensione del fenomeno, vogliamo sperare che siano mancanti perché destinati a una seconda stagione già programmata. Buona visione!
Silvia Biagini
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