Biografilm 2017: Dopo la guerra, la recensione

Marco è un ex militante di estrema sinistra che nell’Italia di inizi anni ‘80, dopo essere stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di un magistrato, trova rifugio in Francia grazie alla dottrina Mitterrand. Vent’anni dopo, a seguito dell’assassinio di un professore universitario rivendicato da un gruppo omonimo a quello di cui faceva parte, Marco viene accusato dallo Stato italiano di essere una delle menti dietro all’attentato, obbligandolo alla fuga per evitare l’estradizione.

La pellicola, presentata in anteprima all’ultimo festival di Cannes e in questi giorni di passaggio anche al Biografilm Festival di Bologna, parte da fatti reali di cronaca nera (l’omicidio di Marco Biagi su tutti), per sfociare in un racconto di finzione statico che non rende giustizia né ai personaggi inventati né a coloro che realmente hanno vissuto la storia da cui si prende spunto.

Il film della debuttante Annarita Zambrano si divide in maniera abbastanza netta in due regioni geografiche e narrative: Francia e Italia. Se la prima lascia qualche interessante speranza di evoluzione dei personaggi, con Marco (un Giuseppe Battiston incupito e dall’ottima pronuncia francese) in fuga verso il Nicaragua insieme alla figlia adolescente Viola (la debuttante Charlotte Cétaire), è nella seconda che purtroppo si riscontra la maggiore debolezza di Dopo la guerra. In un’Italia d’inizio millennio scioccata da un avvenimento tanto atroce e alla ricerca di un capro espiatorio, la famiglia di Marco (che non ha contatti con lui da quando quest’ultimo è partito in esilio) diventa emblema delle ripercussioni che le scelte di un singolo individuo possono far ricadere su altri, anche a distanza di molti anni, in maniera del tutto imprevista.

Servendosi di una base reale così forte e pregna di significati, quest’idea narrativa delle conseguenze indirette a danno di altri risulta molto interessante. Purtroppo però perde di efficacia nel momento in cui i personaggi colpiti dagli effetti collaterali non fanno altro che subire il colpo senza evolversi quasi per niente durante tutto il film, giungendo alla fine nelle stesse condizioni da cui erano partiti. Succede alla famiglia di Marco (tra cui la sorella interpretata da Barbora Bopulova), rimasta in Italia dopo la sua partenza, in un blocco lento e perlopiù indigesto, posizionato in maniera tale da risultare quasi un freno alla parte più dinamica e interessante.

Da una parte un padre ex brigatista in fuga dal suo passato, sempre più fermo nelle sue convinzioni, sicuro di agire nella maniera migliore. Dall’altra la figlia, riluttante all’idea di lasciare la sua città, i suoi amici, il luogo in cui era sicura sarebbe cresciuta. La morte del professore coincide con quella dei progetti di Viola, delle sue speranze per il futuro, altra ripercussione indiretta non dovuta a nessuna delle sue azioni. La partenza improvvisa dei due, l’imminente viaggio che li attende e la conseguente preparazione ad esso riescono a conferire il ritmo minimo grazie al quale la pellicola, nonostante il non particolare brio che la contraddistingue, riesce nel proposito di tenere lo spettatore attento. Ritmo che, come detto sopra, si dissolve completamente quando all’improvviso torniamo in terra nostrana, una situazione presentataci solo inizialmente, che ricordavamo appena e di cui non sentivamo per nulla la mancanza.

Un rapporto padre-figlia che viene interrotto proprio all’inizio di un suo potenziale ulteriore approfondimento, sfociando in un finale che cerca di sorprendere ma non fa altro che confermare questa potenzialità mancata. Finale che però ha almeno il merito di chiudere il cerchio rendendo Marco a sua volta simbolo finale delle conseguenze indirette dell’atto compiuto da lui stesso anni prima. Ci rimane una debuttante Charlotte Cétaire che col la sua rossa chioma e il fisico da sportiva tiene testa a un sempre in parte Giuseppe Battiston, oltre al dispiacere di non aver visto una pellicola diversa, molto più concentrata sul rapporto tra questi due promettenti personaggi.

Matteo Pioppi

PRO CONTRO
Giuseppe Battiston e Charlotte Cétaire hanno una buona alchimia, un peccato non aver incentrato il film tutto su di loro. La parte ambientata in Italia spezza letteralmente il ritmo del film, facendolo inesorabilmente sprofondare verso il disinteresse.
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