Cake, la recensione

Il volto e il corpo di Claire (Jennifer Aniston) sono segnati da un dolore profondo e impenetrabile. È una donna cinica e irritante, al punto da venire allontanata dal gruppo di sostegno psicologico che frequenta nel tentativo di superare il traumatico incidente che l’ha ridotta in questo stato. Inoltre, il misterioso suicidio della giovane Nina (Anna Kendrick), a sua volta membro del gruppo, si è trasformato per lei in una vera e propria ossessione, che la porta a decidere di saperne di più…

Cake, diretto da Daniel Barnz (Beastly), si colloca placidamente, come è facile desumere dalla trama, nel recinto del drammone hollywoodiano. Colonna portante dell’impianto filmico è la sofferta performance di Jennifer Aniston che, da sensuale reginetta della commedia brillante, si cimenta in un ruolo travagliato e complesso, subendo anche una significativa trasformazione fisica.

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Una tappa, quella del ruolo ‘impegnato’ artisticamente e fisicamente, apparentemente imprescindibile per ogni star, se si ambisce a far parte dell’Olimpo degli attori con la ‘A’ maiuscola. Prima della Aniston, è toccato a Matthew McConaughey, in Dallas Buyers Club; nel 2003, fu il turno della Charlize Theron di Monster, e gli esempi potrebbero non fermarsi qui. È sicuramente importante che performer prevalentemente conosciuti per ruoli ‘patinati’ abbiano l’occasione di dimostrare le proprie capacità e mettersi alla prova con esperienze più consistenti. Il problema sorge nel momento in cui le pellicole sono con evidenza costruite ad hoc in funzione di questa fantomatica consacrazione. È il caso di Cake, che, sebbene ottimamente interpretato dalla fu-Rachel di Friends, che è anche produttrice, risulta nel complesso piuttosto insipido.

Malgrado, infatti, il monumentale ritratto umano al centro della vicenda sia ricchissimo di sfaccettature, e convinca per forza espressiva e spessore psicologico, siamo di fronte alla più classica e lineare delle dinamiche drammatiche. E sia detto tanto dal punto di vista tecnico, perfettamente in linea con quello di tanto cinema indipendente statunitense, che formale. La commistione di registri stilistici e la tendenza a stemperare la tensione con qualche lieve tocco d’ironia, infatti, non sono proprio nulla di nuovo, così come le numerose sequenze oniriche in cui Claire interagisce con la defunta Nina. I comprimari, inoltre, sono per lo più dimenticabili e abbozzati, fatta eccezione per la vivace domestica Silvana (Adriana Barraza, candidata all’Oscar per Babel).

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Se, da una parte, bisogna riconoscere al film la capacità di non scadere mai platealmente nel lacrimevole, dall’altra, la sceneggiatura scarna e ricca di tempi morti non contribuisce affatto a introdurre davvero lo spettatore nel mondo e nel dramma esistenziale di Claire, che si limiterà a osservare con distacco. Il pubblico faticherà a vedere la protagonista, avendo costantemente davanti agli occhi, invece, ‘Jennifer Aniston in un ruolo commovente’.

In conclusione, lo ripetiamo, la Aniston stravince la sfida della metamorfosi, portando in scena una donna straziata da un dolore così grande da non poter esser metabolizzato. Tutt’al più, annichilito temporaneamente da un uso massiccio di psicofarmaci. Tuttavia, proprio a causa della mole emotiva del personaggio principale, la cornice tende a sparire in una tendenza all’anonimato. Cake è in sala dal 7 maggio, distribuito da Warner Bros. Italia.

Chiara Carnà

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +8 (da 8 voti)
Cake, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

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