Creed III, la recensione
Il terzo film dedicato al figlio di Apollo Creed è un passo importante nella saga spin-off di Rocky, tanto importante quanto rischioso perché, per la prima volta, Donnie Johnson, anzi Adonis Creed, deve camminare esclusivamente con le sue gambe senza poter contare sul solido e rassicurante aiuto di “zio” Rocky. Creed III, inoltre, segna l’esordio alla regia di un lungometraggio del suo attore protagonista, Michael B. Jordan, che ci sta mettendo davvero tutte le sue forze per non far rimpiangere ai fan il suo celebre precursore.
Adonis Creed si è ritirato dal ring dopo aver chiuso con successo la sua carriera come campione del mondo di pesi massimi della boxe. Ora Adonis si dedica alla famiglia, visto che sua figlia Amara va già alle scuole elementari, e segue la boxe dietro le quinte allenando con la sua palestra i campioni di domani. Quando nella vita di Adonis si ripresenta il suo vecchio amico ed ex promessa della boxe Damian “Dame” Anderson, appena uscito di carcere per aver scontato una lunga condanna, si riaprono ferite del passato che lo mettono faccia a faccia con i suoi fantasmi. Dame vuole dimostrare a sé stesso e all’amico di essere ancora un buon pugile, così chiede a Creed di aiutarlo a far strada in quel mondo, una richiesta che l’ex-campione del mondo proprio non riesce a declinare ma che potrebbe costargli cara.
Creed III si apre con un lungo prologo ambientato nei primi anni 2000 in cui facciamo la conoscenza di Dame e del suo speciale rapporto con Donnie ai tempi della Casa-famiglia, un periodo che hanno condiviso con drammaticità. Una poderosa introduzione che pone le basi per il tono e i temi che il film andrà ad affrontare dichiarando la sua importanza all’interno del corpus narrativo dedicato alla vita del giovane Creed. Infatti, questo terzo film segna il punto cruciale che, bene o male, un po’ tutte le saghe importanti sono chiamate a percorrere, quello del “passato che ritorna”, un passato che non è mai gentile e generoso ma una spina nel fianco necessaria a far crescere interiormente il protagonista.
In questo caso la “spina nel fianco” è un amico d’infanzia, un ragazzo irruento ma estremamente leale e protettivo nei confronti di Adonis a cui, probabilmente, il nostro protagonista deve parte del suo successo nella vita. Il Damien Anderson interpretato brillantemente da Jonathan Majors è a tutti gli effetti il co-protagonista di Creed III, nonché l’avversario meglio gestito e maggiormente caratterizzato nella saga di Creed. Damien “Dame” Anderson ha una personalità complessa e molto sfaccettata, non è il classico villain che ambisce al titolo mondiale, non è solo un personaggio rancoroso, ma è un ragazzo a cui la vita ha voltato le spalle una volta di troppo e nonostante abbia un “conto in sospeso” con Creed non è a lui che guarda con ostilità, piuttosto cerca un riscatto personale per tutti quegli anni di vita che gli sono stati sottratti negandogli ogni sogno d’infanzia.
Dame è il perfetto contraltare di Adonis e gli sceneggiatori Keenan Coogler e Zach Baylin hanno gestito benissimo il rapporto tra i due personaggi, che occupa gran parte del corpus narrativo di Creed III. Da un certo punto di vista questa è stata un’ottima scelta, anche perché va a sottolineare quell’umanità di fondo che è da sempre il punto forte dei personaggi di questa saga (e di quella di Rocky), dall’altra però viene sacrificato quello che è un elemento topico di questo genere di film, ovvero la spettacolarità e gli incontri di boxe. Creed III ha un breve incontro con una vecchia conoscenza nei primi dieci minuti, ne mostra un secondo a metà film, sempre molto breve, e un terzo nell’ultimo atto, anch’esso di breve durata e con tanto di concessioni oniriche (che sono una vera novità per tutta la saga). Fondamentalmente, quindi, c’è poca boxe in Creed III e la dinamica narrativa ricorda in più di una scelta quella di Rocky V, mostrandoci il protagonista lontano dal ring, impegnato a gestire i suoi problemi personali mentre un nuovo personaggio si fa strada nel mondo sportivo.
Nonostante questa presa parziale di distanza dal ring, Creed III mostra degli incontri di boxe davvero ben girati e particolarmente intensi, che riescono a trasmettere anche allo spettatore la violenza e il dolore dei pugni sferrati e incassati con una particolare attenzione per i dettagli. Una prova decisamente superata per il Michael B. Jordan regista.
C’è da dire, però, che la mancanza di Rocky si fa davvero sentire. Sylvester Stallone, che qui figura solo in veste di produttore, non ha partecipato alle riprese e il suo personaggio è stato completamente estromesso dalla storia, senza neanche una citazione verbale o una partecipazione fuori campo. Rocky esiste ma è come se fosse un lontano ricordo nella mente dei personaggi, curiosamente lasciato fuori anche da quei dialoghi in cui sembrava logico far emergere il suo nome, perfino in quelle scene in cui la sua presenza era doverosa. Questo fa sì che in Creed III ci sia una mancanza che lo spettatore percepisce dal primo all’ultimo minuto e nonostante il risultato sia indiscutibilmente buono, è praticamente certo che un cammeo di Rocky avrebbe potuto far salire di mezzo punto il valore complessivo di questo film.
Roberto Giacomelli
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