Diana – La storia segreta di Lady D., la recensione
Raccontare la trama di Diana – La storia segreta di Lady D. oltre che essere superfluo è anche un’inutile spreco di energie da parte di chi scrive e, soprattutto, di tempo da parte di chi legge. Già titolo e sottotitolo dicono tutto e, forse, la visione dello stesso film è del tutto superflua. Lady D.: la donna più amata del mondo, icona pop inglese alla pari dei Beatles, testimonial “con le palle” di campagne umanitarie e protagonista di uno degli incidenti del secolo, che possono competere con quello di JFK. Che altro c’è da dire? Ce lo chiediamo anche noi: che cosa avevano di tanto impellente da raccontare i produttori di Ecosse Films, lo sceneggiatore Stephen Jeffreys e, soprattutto, il regista Oliver Hirschbiegel (tra l’altro regista dell’ottimo La caduta) che non si fosse già detto sulla Lady per antonomasia?
Se è inutile scrivere la trama del film forse risulta più interessante analizzare l’operazione che c’è dietro, ovvero quella di voler raccontare gli ultimi anni della vita di Diana, prima del celeberrimo incidente, mostrando la donna dietro al mito attraverso la tormentata storia d’amore con il cardiochirurgo Hasnat Khan, che per qualche strana ragione ci deve ricordare ogni due minuti che lui salva delle vite umane. Ma anche qua nulla di nuovo sotto al sole: la ricerca del lato umano dietro l’aspetto divistico è l’obiettivo di ogni biografia e, pertanto, non è un’esclusiva del film in questione. Farlo poi attraverso una storia d’amore tormentata e impossibile alla Romeo e Giulietta è espediente più che mai diffuso. In Diana questa idea è resa in modo del tutto poco convincente, utilizzando il linguaggio del melodramma che, però, scade spesso nel patetico e nel banale.
Ma il problema maggiore è nella costruzione dei due personaggi principali, decisamente poco credibili. Da una parte abbiamo una Diana (Naomi Watts) fragile come un grissino che sembra buttarsi sul primo neurochirurgo che incontra e che, non solo ci prova in modo spudorato, ma sembra anche venerarlo senza una ragione ben precisa. Dall’altra parte abbiamo un Hasnat Khan (Naveen Andrews) che sembra una caricatura di se stesso: sovrappeso, irascibile, monodimensionale e con un range di due sole espressioni, con la sigaretta e senza sigaretta. Il tutto è ancora più bizzarro se si pensa che ad interpretarlo è niente di meno che l’energumeno cattivone di Lost, Said, il torturatore con il capello riccio fluente, per intenderci. Insomma vedere Naomi Watts, nonostante l’evidente imbruttimento, che bacia Naveen Andrews e cade ai suoi piedi non è molto credibile, oltre ad essere poco bello da vedere da un punto di vista estetico… Per dirla con poche parole, la coppia di protagonisti non funziona. La sceneggiatura non li aiuta di certo, mentre vaga tra il melò e la pseudo introspezione psicologica senza capire bene dove voglia arrivare. La nota positiva è che risparmia di mostrarci tutto il resto della famigliola reale a partire dalla Regina fino a Carlo e Camilla per concentrarsi solo sulla protagonista.
Insomma, vedere Diana è come assistere a un de ja vù, o a un giallo di cui già si sa la fine, mentre tutto quello che sta in mezzo è decisamente poco interessante e stranamente surreale. Non metto in dubbio che le cose siano andate proprio nel modo in cui il film le racconta, ma il fatto è che non basta raccontare eventi reali affinché un film lo sembri: una cosa è la realtà, una cosa la finzione; per rendere quest’ultima realistica servono effetti di realtà e non la riproposizione della realtà stessa (in questo caso eccessivamente romanzata).
Ma quindi è tutto da buttare questo Diana? In realtà no. Quando non si perde in romanticismi il film riesce a delineare degli aspetti della vita privata di Diana spesso trascurati o poco conosciuti. Senza contare la sempre bellissima e bravissima Naomi Watts, che ha dovuto cedere parte della sua bellezza per interpretare il ruolo. Lei, poverina ce la mette tutta per tirare su le sorti del film e cercare di rendere credibili dei dialoghi a tratti imbarazzanti e, la cosa incredibile, è che spesso ce la fa. Quindi i maschietti potranno perdersi per due ore negli occhioni verdi della Watts, mentre le donne si dovranno accontentare degli addominali che furono del neurochirurgo Andrews.
Lorenzo Giovenga
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