Prima di domani, la recensione
Samantha Kingston è una liceale di belle speranze che nella vita ha tutto quello che un’adolescente può desiderare: il ragazzo più ambito della scuola, tre amiche del cuore con le quali condividere tutto e tanta popolarità. È il giorno di San Valentino e per Samantha sta iniziando un’altra giornata che si preannuncia perfetta. Ma non sarà così perché quella sera Samantha è destinata a morire, coinvolta in un drammatico incidente d’auto insieme alle sue tre amiche. Ma la morte è solo l’inizio. L’indomani dell’incidente la ragazza si risveglia nel suo letto e subito si accorge che è ancora il 12 febbraio. Samantha si trova intrappolata in un loop temporale che la condurrà a rivivere all’infinito la stessa giornata. L’unico modo per uscirne è capire quale evento modificare e a chi dover concedere il giusto tempo.
Vivi, muori e ripeti. Vivi, muori e ripeti. Vivi, muori e ripeti.
Così recitava la tag-line di Edge of Tomorrow, il riuscito film di fantascienza che vedeva Tom Cruise costretto a rivivere all’infinito la stessa giornata e morire ogni volta sullo stesso campo di battaglia. Solo una “precisa” mossa poteva interrompere il loop temporale e assicurare il successo nella guerra contro la razza aliena.
Ma Edge of Tomorrow è solo uno dei più recenti di una lunga serie di film accomunati dalla medesima idea e struttura narrativa: una giornata che si ripete all’infinito così da offrire allo sventurato di turno la possibilità di vagliare tutte le possibilità che la vita presenta nell’arco di 24 ore, con conseguente presa di coscienza che una piccola scelta differente può innescare un effetto domino capace di modificare tutto ciò che segue.
Un’idea semplice e geniale, adattabile ad ogni genere cinematografico e che individua come massimo esponente l’irresistibile commedia diretta da Harold Ramis Ricomincio da capo, in cui un cinico ed insopportabile meteorologo (interpretazione magistrale di Bill Murray) si ritrovava a vivere in eterno la Giornata della Marmotta. Un vero cult che ha saputo segnare il decennio ’90, persino “remekizzato” in Italia da Giulio Manfredonia con È gia ieri, e che nel suo piccolo ha generato un autentico filone cinematografico.
L’ultimo arrivato tra la schiera di “emuli” è Prima di domani, diretto da Ry Russo-Young e tratto dal fortunato romanzo young-adult E finalmente ti dirò addio, scritto da Lauren Oliver e pubblicato nel 2010. Se nei due casi citati il cortocircuito temporale è stato applicato alla commedia e alla fantascienza, nel caso di Prima di domani ci troviamo dalle parti del dramma tout-court che affonda le proprie radici nel teen-movie liceale.
L’inizio della vicenda, che paradossalmente risulta essere la parte più interessante del film, ci immerge in quella classica situazione “teen” in cui viene dato sfogo a tutti i luoghi comuni che esistono sul mondo degli adolescenti. Prendendo il punto di vista della graziosa Samantha (il cui volto è quello di Zoey Deutch, fotocopia della mamma Lea Thompson, l’indimenticabile Lorraine della saga Ritorno al futuro) assistiamo ad un autentico twist di stereotipi che vanno dalle amiche-oche-insopportabili, alla cotta sbagliata per il ragazzo più figo della scuola fino a passare per la tappa inevitabile della ragazza esageratamente introversa che diventa vittima della angherie di tutti. Insomma, situazioni e modelli visti, rivisti e stravisti in un milione di film e serie tv che ci fanno solamente ricordare quanto sia bello essersi lasciati l’adolescenza alle spalle.
Nel momento in cui Samantha muore e il film inizia, cambiando genere ed entrando nel mistery-drama, la narrazione si accartoccia su se stessa all’istante, dando l’idea che in fase di sceneggiatura (o stesura del romanzo?) non si sapesse più da che parte andare. Il problema più grave, infatti, è che il film non riesce a gestire assolutamente le potenzialità del loop temporale e a pagarne le spese è lo spettatore che si trova costretto a vedere la stessa identica situazione per un’ora e mezza. Si, perché a conti fatti Samantha non fa nulla per cambiare il suo futuro. Le scelte che compie sono sempre quelle, le situazioni che vive sono sempre uguali e i dettagli che cambiano “vita dopo vita” sono troppo irrilevanti.
Ne esce fuori un film semplicemente noioso, incapace di appassionare ed anche un po’ antipatico a causa della caratterizzazione sbagliata di tutti i personaggi in scena.
Anche l’epilogo, che si rifugia in scelte buoniste tanto banali quanto scontate, lascia l’amaro in bocca e con il comparire dei titoli di coda c’è solo il sospiro di sollievo per la fine di questo tedioso “ricominciar da capo”.
Domani è un altro giorno, per fortuna!
Giuliano Giacomelli
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