I 5 peggiori film del 2018 secondo DarksideCinema.it
Ok, sappiamo cosa di bello l’annata 2018 ci ha offerto e potete trovare la nostra classifica dei migliori film dell’anno a questo link. Ora ci affiliamo le unghie, limiamo i denti e ci inoltriamo nel nostro campo preferito, quello che ci permette di essere cattivi, perfidi, con i peggiori film del 2018.
Delusioni cocenti, aspettative tradite, pregiudizi confermati e schifezze varie… ecco la nostra classifica con i peggiori film usciti al cinema, su Netflix e Amazon Prime tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2018.
E voi, in quale Flop 5 vi riconoscete maggiormente? Fatecelo sapere commentando questo articolo oppure sulle nostre pagine social Facebook e Twitter.
Roberto Giacomelli
- UNSANE
È stato lanciato come il primo film realizzato interamente con un iPhone (cosa, tra l’altro, non vera, c’erano altri esempi anche celebri) e proprio per questa caratteristica (in pochi) lo ricordano. Un merito? Non proprio, anche perché l’esercizio di stile di Steven Soderbergh è fine a se stesso in maniera eclatante, visto che la resa tecnica è simile a quella di un mockumetary qualsiasi, senza che stavolta ci sia una giustificazione diegetica all’estetica amatoriale. Inoltre, la storia da psycho-thriller è quanto di più risaputo e prevedibile ci si possa immaginare, con un plot che ricorda almeno una dozzina di thrillerini che vent’anni fa venivano distribuiti straight-to-dvd. Soderbergh non ne aveva davvero bisogno e noi neanche.
- OBBLIGO O VERITA’
Sale lo sconforto a veder distribuito al cinema, nel 2018, una roba di tale livello. Si tratta di un horror terrificante e non perché faccia paura. Buchi logici allucinanti, zero cura estetica (il morphing dei volti è orrendo), attori davvero pessimi (c’è il tizio di Teen Wolf, non quello bravo che ha fatto Maze Runner eh, ma quello cane che fa il protagonista!), scopiazzature da altri horror più o meno noti e neanche una gocciolina di sangue. Stupisce che ci sia dietro la Blumhouse, che pur producendo due cazzate su tre, almeno ripone sempre una cura generale di livello. Qui il nulla totale.
- ORE 15:17 – ATTACCO AL TRENO
Soffro a mettere in classifica, tra l’altro al terzo posto, un film dell’immenso Clint Eastwood, attore e regista che stimo all’inverosimile. Però la sua ultima fatica è stata un colpo al cuore, anzi non voglio neanche credere che sia stato lui a realizzarla realmente e sono anzichenò convinto che ci abbia messo solo la firma. Perché Ore 15:17 – Attacco al treno è proprio brutto sotto ogni punto di vista e se il momento che da titolo al film qualche guizzo lo suscita, si tratta di 5 minuti in un’ora e mezza di filmino delle vacanze di un terzetto di ragazzotti che fanno un viaggio in Europa, poco interessate e tra mille luoghi comuni. Tra l’altro interpretato dai veri protagonisti della vicenda a cui il film si ispira… che sono pessimi a recitare.
- IL RAGAZZO INVISIBILE: SECONDA GENERAZIONE
Se con Il ragazzo invisibile Gabriele Salvatores aveva fatto un grosso passo falso, dimostrando di aver male interpretato cosa vuole dire fare oggi un film di super-eroi, con il suo sequel si va molto peggio. Qui c’è la consapevolezza di cosa è il cinema dei super-eroi, ma non si sa maneggiare il materiale con il risultato che tutto appare ridicolo e forzato. Non aiuta, poi, che questo film è di fatto la scopiazzatura poverella di X-Men di Bryan Singer, con l’aggravante che il film di Singer è stato realizzato 20 anni fa!
- NELLE PIEGHE DEL TEMPO
Tra i più pesanti flop in casa Disney, con una perdita al netto di quasi 100 milioni di dollari, Nelle pieghe del tempo è un film-suicida, un insuccesso annunciato, ispirato a un (brutto) romanzo per ragazzi che difficilmente si può trasporre per immagini senza sfociare nel ridicolo. E Ava DuVernay in quel ridicolo ci sguazza, dirigendo non solo il film più brutto del 2018, ma uno dei più brutti film degli ultimi anni. Davvero non si salva nulla, dagli effetti speciali dozzinali di cui si fa abuso a una regia piatta e priva di personalità, fino a un cast esageratamene ricco e male assortito, dove Oprah Winfrey in versione Moira Orfei feat Teletubbies è un’esperienza shockante da cui è difficile riprendersi. Dispiace per Chris Pine, vistosamente a disagio. Giustamente, la Disney ha rinunciato a un rilascio home video del film e niente… già è finito (volutamente) nel dimenticatoio.
Giulia Sinceri
- SPOSAMI, STUPIDO!
Sfatiamo questo mito secondo il quale le commedie francesi siano tutte carine. Non è vero, spesso sono mediocri e realizzate elementarmente, proprio come Sposami, stupido!, che più che un film è una carrellata di gag loffissime.
- DARKEST MINDS
Gli young adult non salveranno il mondo, ma rimpolperanno i botteghini. Ormai non fai in tempo a girarti che hanno già fatto la trasposizione cinematografica di una nuova trilogia young adult; il che ogni tanto va bene, ma ormai questi film si assomigliano tutti, non ci sono più idee… vedi Darkest Minds.
- MORTO TRA UNA SETTIMANA (O TI RIDIAMO I SOLDI)
Trattasi di un remake scialbo e nemmeno annunciato di Ho affittato un killer di Aki Kaurismaki. Probabilmente il regista Tom Edmunds credeva di farla franca: “Chi se lo ricorderà un film minore di Aki Kaurismaki uscito nel 1990?”, beh io me ne ricordavo, caro Tom.
- IL RITORNO DI MARY POPPINS
A proposito di remake (perché non è un vero sequel, dai) debolissimi. Rob Marshall per non rischiare si è tenuto sul sicuro, io ti capisco Rob, hai fatto i compiti per benino ma non ci hai messo l’anima. E il risultato è un film quasi uguale al precedente, salvo l’aura di novità e iconicità.
- ANIMALI FANTASTICI – I CRIMINI DI GRINDELWALD
Del seguito di Animali fantastici e dove trovarli mi sfugge la natura di essere, e mi sa che è sfuggita pure a chi sta dietro a quest’operazione: la trama e le spiegazioni forzatissime (quando ci sono) si sprecano. Se poi ci mettiamo anche una noia imperante lungo tutta la durata del film, diventa proprio dura salvare Animali fantastici 2. Che infatti si becca il primo posto in questa classifica.
Chiara Carnà
- NELLE PIEGHE DEL TEMPO
“I film Disney sono tutti belli”. Ecco, questo patchwork psichedelico, privo di arguzia e carisma, arriva a pennello per smentire tale confortante luogo comune. Carina l’idea di affidare l’eterna lotta tra bene e male a un agguerrito girl power. Tuttavia, l’ipertrofia del fantasy, mischiato a fisica e scienza, è talmente invadente da assorbire tutto il potenziale del film. Si aggiunga una trama affatto coinvolgente e una narrazione lenta, accondiscendente è stucchevole… e il pastrocchio è servito.
- GOTTI – IL PRIMOPADRINO
John Travolta ritorna sullo schermo alle prese con uno scadente biopic sul famoso boss newyorkese appartenente alla famiglia Gambino. E fa acqua da tutte le parti: tanto nel voler tracciare un ritratto umano del gangster quanto nel raccontarne l’ascesa ai vertici della malavita. Il regista Kevin Connolly firma un flop che vorrebbe essere un grandioso ed emozionante film di mafia, ma finisce per mettere troppa carne al fuoco senza tuttavia aggiungere niente di nuovo a un genere ampiamente esplorato.
- MADE IN ITALY
Ligabue perde colpi, e si evince tanto dalle sue recenti fatiche discografiche che da questa verbosa commedia. Di Made in Italy apprezziamo l’onestà è l’umiltà nell’affrontare spunti cari al regista sin dai tempi di Radiofreccia. Il problema è che, oggi, il suo racconto manca di spontaneità e, in più di un’occasione, lascia lo spettatore perplesso per la prevedibilità – o, al contrario, l’improbabilità – delle soluzioni prescelte.
- IL VEGETALE
Rovazzi è giovane, simpatico e creativo. Proprio perché ci piace, gli consigliamo con affetto di continuare a intrattenere attraverso lo schermo di uno smartphone o di un tablet, e di lasciare il cinema agli addetti al settore. Senza voler infierire, è difficile stabilire quale sia il problema più grave tra il plot lento e fuorviante, i personaggi bidimensionali e l’umorismo da quinta elementare. Eppure alle spalle c’è una realtà produttiva di tutto rispetto! Caro Fabio, ti perdoniamo, ma per favore non farlo più!
- CINQUANTA SFUMATURE DI ROSSO
Cinquanta Sfumature è un jolly, un must, un evergreen per le nostre top 5. È i canditi nel panettone; le domande indiscrete dello zio durante il cenone; l’ennesima sciarpa color topo scartata sotto l’albero. Grazie, Cinquanta Sfumature, per averci ricordato con il tuo terzo e – ringraziando il Cielo – ultimo capitolo che nella nostra confusa e instabile vita possiamo ancora contare su poche ma marmoree certezze. Già, ma con chi incoroneremo l’anno prossimo?
Giuliano Giacomelli
- OBBLIGO O VERITA’
Esempio fulmineo di come un film horror NON DEVE essere fatto. Tutto sbagliato. Non c’è una sola cosa che vada bene. Si scopiazza a mani basse, bassissime, da almeno tre o quattro film tutti più o meno recenti. Personaggi odiosi, tensione inesistente, violenza non pervenuta ed una sceneggiatura così incapace di stare dietro alla logica che nel finale tradisce persino la regola posta alla base del film. Un macello indescrivibile.
- JUMANJI – BENVENUTI NELLA GIUNGLA
Il primo (vero ed unico) Jumanji è stato un punto di riferimento per tutti quelli che negli anni ’90 erano bambini o adolescenti. Un fantasy per famiglie praticamente perfetto. Cosa ne è stato di quel Jumanji? Cos’è questa roba che ci hanno spacciato per sequel?! Jumanji – Benvenuti nella giungla è un abominio di film che è riuscito, in modo unico, a snaturare l’opera originale in favore di una maldestra commedia povera di idee e ricca di volgarità e idiozia. Non c’è il senso dell’avventura, non c’è emozione, non c’è divertimento…ma in compenso tante battute sguaiate e momenti di cattivo gusto.
- IL RAGAZZO INVISIBILE – SECONDA GENERAZIONE
Se il cinema italiano fantasy deve essere questo, allora tutta la vita Nanni Moretti e i drammi psico-sociali con Margherita Buy e Laura Morante. Ancor peggio del primo capitolo, Il ragazzo invisibile – Seconda generazione si traduce in un’Italia provincialotta che gioca a fare Hollywood. Una sorta di X-Men in versione cacio e pepe in cui idee brutte e vecchie vengono rielaborate da una sceneggiatura maldestra, tanti momenti di comicità involontaria ed un livello di recitazione generale da recita scolastica.
- UNA VITA SPERICOLATA
Dopo Santa Maradona, il regista Marco Ponti torna alla regia di un film “giovine” e dal sapore generazionale. Il risultato è un film disarmante dal primo fino all’ultimo minuto. Pensato male e scritto peggio. L’idea di riesumare, ancora una volta, i meccanismi del crime-movie on the road in stile Bonnie e Clyde ha davvero stancato. Peggio ancora se questi meccanismi sono riproposti in salsa teen. Un film che annoia e al tempo stesso irrita.
- COSA FAI A CAPODANNO?
La palma per il film più brutto dell’anno (e di tanti anni a questa parte, forse) spetta all’italiano Cosa fai a Capodanno? diretto da Filippo Bologna. Un nutrito cast al servizio di un film che sembra pensato e realizzato da un bambino. Ingenuità a go-go, senso dell’umorismo inesistente e continue citazioni infantili al cinema di Tarantino (di ieri e di oggi). Era da tantissimo tempo che non si vedeva un film con dialoghi così brutti. E pensare che il regista è uno degli sceneggiatori del Perfetti sconosciuti di Genovese. Curioso…
Andrea De Vinco
- MACCHINE MORTALI
Per spiegare la differenza tra regista e autore, veniva portato come esempio lampante Peter Jackson. Come successo anche con Lo Hobbit, siamo davanti ad una messa in scena molto curata e gratificante, ma oltre questo poco più che il buio. Non c’è nessun nuovo mondo/saga pronta a partire…
- ANIMALI FANTASTICI – I CRIMINI DI GRINDELWALD
Qui invece c’è il secondo step di una saga, dopo un primo capitolo incoraggiante. Non c’è più la stessa magia e l’unica preoccupazione è costantemente seminare per un futuro raccolto. Sarebbe bastato dare un senso compiuto anche al presente, non per forza un episodio antologico, ma una coerenza del frammento rispetto al futuro puzzle completo.
- DOWNSIZING
Un colpo a salve di Alexander Payne. La soluzione brillante trovata dal regista per i problemi del mondo finisce per rimanere una trovata che presto si esaurisce in una narrazione senza capo ne coda. Il downsizing funziona solo sulla carta e sulle ambizioni dell’intero film, che è sostanzialmente inutile.
- L’ORA PIÙ BUIA
Gary Oldman è un attore con gli attributi. Gary Oldman per questo film ha prima ricevuto e poi vinto il premio come miglior attore agli Oscar. Dopo aver visto il film l’interpretazione di Oldman è l’unica cosa che rimane. C’è scritto troppe volte Gary Oldman in queste righe per capire il problema di questo film.
- 22 JULY
In realtà questo film parla della vera storia degli attentati dell’estremista di destra Anders Breivik soltanto nella prima parte del film. Il resto è un’interminabile panoramica sulle conseguenze di quel tragico giorno, cercando di rimanere equidistante da attentatori e vittime. Non ci riesce in entrambi i casi ed è davvero dura arrivare fino in fondo.
Rita Guitto
- NELLE PIEGHE DEL TEMPO
A volte mi chiedo perché una grande casa di produzione come la Disney decida di buttare al vento i soldi in questa maniera. Nelle pieghe del tempo è uno di quei film senza pubblico che annoia i bambini e che porta gli adulti a desiderare la morte piuttosto che continuare la visione. Un film che non sa cosa vuole, graficamente opulento e kitsch, con personaggi senza senso e una storia per nulla interessante, svolta nella maniera più nonsense possibile. Non si riesce a spiegarne la rara bruttezza.
- UNSANE
Talmente brutto che non ricordavo nemmeno di averlo visto. Unsane è un esperimento già vecchio quando è stato pensato, infatti è stato completamente girato con iPhone. Ma la cattiva qualità del girato è l’ultimo dei problemi, poiché se ci fosse stata una buona base da cui partire, l’esperienza iPhone potrebbe anche essere meno brutta di quella che è stata.
- IO, DIO E BIN LADEN
Sulla carta poteva essere un film fuori di testa e divertente, invece ci si trova davanti a un prodotto confuso, che non sa quale tono usare. Noioso, imbarazzante e per nulla divertente, e addirittura irritante per il potenziale sprecato.
- ORE 15.17 – ATTACCO AL TRENO
Sembra assurdo anche a me che un film di Clint Eastwood possa stare in una classifica di film peggiori del 2018. E invece è così. Sarà colpa dei protagonisti che non sono veri attori, sarà l’insistenza nell’uso di immagini di repertorio, sarà che nel film non succede nulla fino a cinque minuti dalla fine. Il risultato è un film che si dimentica subito e che, sicuramente, non ha il tocco di un regista del calibro di Eastwood.
- IL RAGAZZO INVISIBILE – SECONDA GENERAZIONE
Ed ecco un altro film che, come il precedente, stenti a credere che sia girato da un regista di valore. In questo caso si tratta del sequel di un film già di suo poco valido. Recitazione pari a zero, soggetto e sceneggiatura imbarazzanti. C’è davvero pochino da dire, soprattutto se in molti hanno parlato di “innovazione” del cinema italiano riferendosi a questo prodotto, che di innovativo non ha davvero nulla.
Susanna Norbiato
- ANNIENTAMENTO
Un film noioso e pretenzioso, che si tracina faticosamente lungo le quasi due ore di durata. Si passa da momenti in stile Apocalypse Now dei poveri ad altri che dovrebbero… spaventarci? Farci riflettere? Non si capisce. Quel che è peggio è che non si ha voglia di capire.
- IL RIOTRNO DI MARY POPPINS
Per la rubrica “cose di cui non sentivamo il bisogno” il sequel/reboot (che dir si voglia) di Mary Poppins, che ripercorre passo passo l’originale, ma con canzoni diverse e senza mordente e una Emily Blunt che sulla carta sembrava perfetta ma nei fatti risulta una Mary un po’ troppo compiaciuta di sè stessa.
- ANIMALI FANTASTICI: I CRIMINI DI GRINDELWALD
Che pasticcio J.K. Rowling! Da fan piange il cuore inserire questo film in classifica, ma siamo davanti a un vero pasticcio. Non abbiamo un inizio, non abbiamo una fine, ma soprattutto nel mezzo abbiamo davvero troppa roba. Troppe informazioni, troppi personaggi (anche inutili) troppi incantesimi, troppo tutto! Si salvano giusto Johnny Depp e Jude Law, ma non basta.
- IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO
Apprezzare un simile tormento richiede una certa dose di pace interiore, che chi scrive non possiede. Fin dalla prima scena, con violini e un’inquadratura in primo piano di un’operazione a cuore aperto, si capisce che quel che seguirà sarà una pesante e inconcludente agonia, un film in cui accadranno un sacco di cose che non capirai. Per chi non lo sapesse: ricalca gli stilemi della tragedia greca, questa è l’unica cosa che troverete cercando nelle varie recensioni di esperti in internet che ne scrivono. Non siete stupidi voi, è che non c’è altro da dire.
- MAMMA MIA! CI RISIAMO
Come gli è venuto in mente? Con prepotente distacco in classifica rispetto agli altri quattro titoli, arriva la più grande delusione dell’anno. Nessuno si aspettava (l’inquisizione Spagnola) niente di più di una genuina occasione d’intrattenimento nello stile del primo capitolo, invece siamo davanti a un film di rara bruttezza. Ok che avevano finito le canzoni “famose” degli ABBA, ok che Meryl Streep probabilmente non voleva rifarsi un altro film per intero… ma almeno rispettare le regole narrative basilari di un sequel! Le incongruenze (anche gravi) si sprecano, buona parte dei giovani attori sembra stata scelta a occhi chiusi e Lily James è odiosa come poche. Mai più.
Claudio Rugiero
- QUELLO CHE NON SO DI LEI
Mi piange il cuore a dover inserire l’ultimo lavoro di Roman Polanski tra i titoli meno segnanti del 2018, ma Quello che non so di lei è una tappa imbarazzante nella filmografia del regista di Rosemary’s Baby e Chinatown (e giusto per citarne due!). Anzi, si potrebbe perfino considerarlo il suo From Rome with Love (che è tutto dire). Quello che non so di lei è un film che non sa giocare né con i propri personaggi né con i rispettivi interpreti. Sembra tutto ridotto ad un susseguirsi di situazioni inutilmente ripetitive in un crescendo decisamente poco memorabile che di certo non rende giustizia al suo autore.
- LA STANZA DELLE MERAVIGLIE
La storia da cui prende spunto è indubbiamente affascinante e la presenza di due splendidi piccoli interpreti (Oakes Fegley e Millicent Simmonds) avrebbe potuto essere facilmente il cavallo vincente, ma l’adattamento di Haynes proprio non coinvolge e – cosa ancora più grave – contrariamente a quanto si prefigge, non offre uno sguardo sincero sui suoi personaggi. Anzi, passato l’incantesimo iniziale, li svuota completamente e diventano puri corpi in uno spazio in bianco e nero. L’impressione che si ha vedendo il film è che il regista li abbia ad un certo punto abbandonati a sé stessi per far sì che si raccontassero da soli. Ma così facendo ha soltanto smentito l’onestà dei suoi intenti di partenza.
- RACHEL
Roger Michell tenta di riadattare un celebre romanzo di Daphne DuMaurier già trasposto sul grande schermo da Henry Koster. Nonostante la scelta degli interpreti si riveli azzeccata, la regia risulta troppo vaga e superficiale, perfino limitata al semplice “compitino”, quasi fosse un prodotto per una TV di bassa qualità (con tanto di schermaglie amorose urlate più che recitate). Il risultato è che non si riesce a parteggiare per nessuno dei due protagonisti e arrivati al (fiacco) finale si rimane tranquillamente indifferenti al loro destino.
- THE LODGERS – NON INFRANGERE LE REGOLE
Un film con un soggetto interessante e sospeso tra il fantasy e l’horror, arricchito da buone atmosfere gotiche e a cui non mancano neppure momenti di tensione. Peccato che per far questo la sceneggiatura rinunci a qualsiasi credibilità scegliendo invece un racconto confuso e inutilmente ostico. La regia si sforza di trovare una dimensione visionaria in una scrittura forse troppo preoccupata dei pregiudizi, ma questo non sembra bastare. Alla fine l’unica sensazione che rimane è quella di non riuscire a comprendere cosa si è appena visto.
- NATALE A 5 STELLE
Sinceramente si fatica a trovare una sola traccia di comicità in questo nuovo cine-panettone Netflix. L’idea di fare una commedia sull’attuale situazione politica italiana avrebbe facilmente potuto dar vita ad una serie di gag graffianti e dissacratorie (ma forse era chiedere troppo), invece il film si riduce ad un turbine di banalissime “corna” (ci piacciono proprio, eh?) sfiorate più che consumate ed altre situazioni improbabili e per nulla divertenti. Le stesse gag sono di una mediocrità allucinante e il film si conquista in tempo record l’epiteto del “più evitabile del 2018”. Perfino la scelta del titolo suona come il segnale di un mal celato complesso di inferiorità.
Michele Cappetta
- A STAR IS BORN
Primo lungometraggio per Bradley Cooper, ennesimo remake di un film che si impantana nei cliché, annoia con la sua prevedibilità e non ha la forza di permettere una reale empatizzazione con i personaggi.
- 6 BELOW – L’ULTIMA DISCESA
Non si nega, questa è la cronaca accurata della lotta fra l’uomo, Eric LeMarque, e la natura, una montagna ostile. Purtroppo la regia è grossolana, la storia è banale e prevedibile e il protagonista non è in grado di andare oltre la bidimensionalità dello schermo.
- READY PLAYER ONE
Tanto interessante e promettente il prologo, quanto deludente e scontato il film. Questo trionfo del citazionismo non è in grado di sviluppare una storia efficace, impelagandosi in una favoletta zeppa di personaggi che tendono sempre agli estremi, con soluzioni di comodo e lezioncine moraliste. Spielberg non al suo meglio.
- MACCHINE MORTALI
Peter Jackson che mi combini!? Appena uscito dalla sala, il film mi pareva già vago. Trama e dinamiche sono trite, la regia trascurabile, ma è la sceneggiatura a deludere davvero: talmente insipida da rendere difficile agli attori (alcuni dei quali ottimi) una recitazione decente. E le città erranti? Dimenticabile pretesto.
- DARKEST MINDS
No. No le premesse, completamente insensate al solo scopo di favorire la trama distopica; no i personaggi, insulsi e noiosissimi; no lo sviluppo, –cose a caso– è il miglior modo per definirlo. No la regia, no la fotografia, no la recitazione e, soprattutto, no, no, no la sceneggiatura. Per concludere, direi: sì, non andate a vederlo.
Marcello Regnani
- RED ZONE – 22 MIGLIA DI FUOCO
Da una coppia come Peter Berg alla regia e Mark Wahlberg in azione ci saremmo aspettati un action-war-movie da fulmini e saette ma la cosa non si è verificata. Ne è uscito un banale e scontato film da “boom boom bam bam”. Molto rumore…per nulla.
- RAMPAGE – FURIA ANIMALE
L’unica furia animale che può esplodere è quella degli incolpevoli spettatori nei riguardi degli autori di questo filmaccio. La mania di girare un film ispirandosi ad un videogioco è, per il sottoscritto, aberrante. In molti casi (non tutti, per fortuna) si è rivelata una missione impossibile. In questo caso è una missione implausibile.
- PACIFIC RIM 2 – LA RIVOLTA
Perchè girare un secondo episodio di un film che si reggeva in piedi solo per miracolo? Il peccato originale di Pacific Rim era perdonabile in quanto film “sperimentale” ma quello successivo non è proprio digeribile.
- CINQUANTA SFUMATURE DI ROSSO
Charmant il grigio, fashion il nero e fiacco, stantio, palloso il rosso. Già la partenza del trittico non era delle migliori; il percorso successivo, poi, è andato in calando. Una saga sfumata. Speriamo che sia finita qui.
- MACCHINE MORTALI
Non tutte le ciambelle riescono col buco. I produttori de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit hanno provato a lanciare queste Macchine Mortali ma sono caduti in un (gran) burrone. Pieno di citazioni: Star Wars, Mad Max, Matrix, Terminator eccetera ma vuoto di contenuto davvero originale. Film di una pochezza disarmante.
Davide Comotti
- LE FIDELE
Michaël R. Roskam ha l’occasione di realizzare un grandissimo neo-noir, o polar se vogliamo, narrando la storia di crimine e amore fra un rapinatore (Matthias Schoenaerts) e una pilota di auto da corsa (Adèle Exarchopoulos). Dopo una bella prima parte, dal noir passiamo però in un melodramma stile lacrima-movie, e la durata corposa accentua il senso di sbandamento. Peccato, perché alcune scene d’azione sono notevoli, come l’assalto al furgone blindato in piano-sequenza e varie corse in auto. Bersaglio centrato solo in parte.
- DOGMAN
Chiariamo subito: non si tratta di un brutto film, anzi. Il 2018 al cinema ha visto due trasposizioni molto differenti della truce storia del Canaro della Magliana: Rabbia furiosa di Sergio Stivaletti, più d’exploitation, e appunto il nostro Dogman di Matteo Garrone, più autoriale. La regia restituisce delle ottime atmosfere quasi pasoliniane, grazie anche al magnetico Marcello Fonte, che tanto ricorda Franco Citti, ma dà quell’impressione di “vorrei ma non posso” che alla fine lascia di stucco. Un film di violenza deve mostrare la violenza, e Garrone si ferma prima di mostrare il quid della storia, riducendo il tutto a una breve scena di omicidio. Occasione sprecata.
- CHIAMAMI COL TUO NOME
Luca Guadagnino, specie ora che sta per uscire l’attesissimo Suspiria, è uno dei registi più discussi del momento, anche negli States. E questo è sicuramente un bene per il cinema italiano. Ma questa commovente e raffinata storia d’amore omosessuale è pesante, spesso ci si annoia, complice anche la lunghezza del film. Sicuramente lo stile è ricercato, e i due interpreti (Timothée Chalamet e Armie Hammer) sono in parte, ma anche qui la regia sembra non avere il coraggio di osare abbastanza, ritraendo più che altro un amore platonico fra i due e confidando l’eros nella dimensione del “non visto”. Solo per gli amanti del dramma sentimentale.
- IL MIO NOME E’ THOMAS
Certi miti sono belli da ricordare per come erano, senza volerli riportare in auge per forza in tempi che sono inevitabilmente cambiati. È il caso di Terence Hill, che dirige se stesso in questo dramma sotto forma di road-movie. Dedicato alla memoria di Bud Spencer, è un malinconico apologo dei bei tempi che furono, ma che appunto non sono più: il pistolero/avventuriero ha ormai i tratti televisivi e pedagogici di Don Matteo, per cui il nostro “duro dal cuore tenero” è solo l’ombra di se stesso. Ricordiamolo come Trinità.
- THE WICKED GIFT
Roberto D’Antona, regista e attore indipendente, esordisce dietro la macchina da presa di un lungometraggio con questo horror soprannaturale incentrato su un ragazzo e i suoi incubi demoniaci. Alcune parti funzionano, ma nel complesso paga lo scotto dell’inesperienza con alcune lungaggini evitabili e momenti umoristici che stonano con il contesto. Troviamo inoltre l’annoso problema delle recitazioni e del doppiaggio. Interessante ma acerbo.
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