I soliti idioti 3 – Il ritorno, la recensione

Sono passati poco più di 11 anni dall’uscita al cinema del film I 2 soliti idioti, quasi dieci milioni di incasso al botteghino che andava a bissare gli oltre dieci milioni d’incasso totalizzati l’anno precedente da I soliti idioti – Il film; un grande successo per il duo comico Fabrizio Biggio & Francesco Mandelli che ha confermato l’appeal sul pubblico dell’amato show demenziale di MTV. Ma dopo il pesante flop del pregevolissimo La solita commedia – Inferno, che praticamente portava i “soliti idioti” all’interno della Commedia dantesca, arriva un po’ a sorpresa I soliti idioti 3 – Il ritorno. E, ci duole dirlo, ma questo “ritorno” è un clamoroso buco nell’acqua.

Dopo un riuscito sequel tutto incentrato su Ruggero e Gianluca De Ceglie, che estremizzava la volgarità del padre e sottolineava la demenza del figlio, con I soliti idioti 3 – Il ritorno c’è un cambio di rotta, un vero “ritorno” alle origini del format con un film corale a sketch, popolato da tutti i personaggi che hanno reso celebre il duo televisivo, come era già accaduto nel primo film. Ritroviamo sì i De Ceglie in pole position, con Ruggero appena svegliato da un coma di dieci anni e che deve confrontarsi con la tecnologia che nel frattempo ha fatto passi da gigante ed è stata abbracciata in toto da suo figlio, ma ci sono anche i borghesi Marialuce e Giampietro, Sebastiano e la commessa delle Poste Gisella, gli omosessuali Fabio e Fabio, e poi gli zarri milanesi Patrik e Alexio.

La storyline di Gianluca e suo padre, alle prese con appartamenti eco-sostenibili e assistenti digitali, è senza dubbio la più debole e meno ispirata soprattutto perché i personaggi hanno detto già tutto (efficacemente) nei film precedenti e qui c’è quell’eco di déjà-vu senza fantasia che però porta con sé anche una semi-ripulitura generale da quella irresistibile volgarità che ha caratterizzato questa coppia di personaggi. Ruggero è meno cattivo del solito, Gianluca invece è palesemente più scemo, come se per i tempi che viviamo oggi non ci sia più spazio per i “dai cazzooo!” e i “fjodena”, così come per i culi e le tette che sono sempre stati chiodo fisso del paparino, insomma stiamo parlando di due personaggi che nell’epoca della “dittatura del politicamente corretto”, come dicono i reazionari sui social network, risultano ormai fuori tempo massimo e fanno ridere giusto noi boomers. E pensare che un “fiero” rappresentate del patriarcato più estremo come Ruggero De Ceglie sarebbe potuto esplodere oggi in una satira ferocissima su determinati temi, argomento che evidentemente ha spaventato gli autori o la produzione de I soliti idioti 3 – Il ritorno, cercando la risata altrove e in maniera meno graffiante.

Divertono sicuramente di più Patrik e Alexio alle prese con una paternità inattesa e i quiz televisivi, con il solito vocabolario limitatissimo a “minchia”, “figa”, “cazzo” e “porcodighel”, così come Marialuce e Giampietro che si sentono esclusi dalla lobby delle mamme perché non hanno un figlio e così cercano prima di averlo con l’inseminazione artificiale, poi adottarlo e infine rapirlo. Insomma, l’esempio che si può ancora affrontare temi sociali con il linguaggio del politicamente scorretto, basta la buona volontà.

Il povero Sebastiano è sempre una garanzia, anche se la storyline con il grattaevinci poteva essere più ficcante invece risulta un po’ moscia, così come quella di Fabio, abbandonato sull’altare dall’altro Fabio, che deve confrontarsi con la dura realtà che l’omosessualità è ormai accettata dalla società. Ecco, questa storia sui paradossi dell’inclusività poteva avere un gran potenziale e invece risulta il segmento più breve dell’intero film, quasi superfluo.

La regia passa dalle mani del buon Enrico Lando a quelle di Martino Ferro, già sceneggiatore dei precedenti due film e regista per La solita commedia – Inferno, che qui condivide i credits con gli attori protagonisti, una regia completamente in funzione dei personaggi e dei mattatori Biggio & Mandelli. Delude di molto l’impianto prettamente produttivo con una quasi totalità di location in interni che stanno a palesare il ridimensionamento di budget, ma anche un utilizzo invadente dei vfx (davvero kitsch, tra l’altro) e un make-up votato all’economia che si nota soprattutto nella (brutta) maschera di Ruggero, grottesca come sempre ma decisamente più finta.

I soliti idioti sono chiaramente in continuità con i Mostri di Risi, Monicelli e Scola, hanno assorbito le “sporcature” dei cafoni di Christian De Sica e Massimo Boldi, rimasticando il tutto attraverso la formula a sketch di certi format televisivi britannici, ma dopo vent’anni appaiono ormai superati, sepolti da una società bacchettona che sembra fornire su un vassoio d’argento le opportunità di essere presa per il culo. Eppure, I Soliti Idioti 3 – Il ritorno appare trattenuto, timido, quasi educato, più dichiaratamente infantile, come se avesse paura di scatenare tutto quel potenziale di satira schietta, diretta, volgare e cattiva che ha caratterizzato il format negli anni precedenti. Di gran lunga il peggiore della trilogia.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • I zarri Patrik e Alexio fanno ridere.
  • Qua e là si nota una voglia di sferrare coltellate alla società schiava del politicamente corretto, come nello sketch delle adozioni e nell’ospitata tv di Fabio.
  • La storia di Ruggero e Gianluca è davvero moscia e senza fantasia.
  • Tutte quelle occasioni di far satira feroce e cattiva vengono smorzate da una palese volontà di essere innocui.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
I soliti idioti 3 - Il ritorno, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.