Il Divin Codino, la recensione

Il mondo dello sport, e più in particolare del calcio, è ricco di campioni le cui imprese hanno lasciato a bocca aperta, emozionato, fatto esultare o dannare gli appassionati di ogni epoca, età e ceto sociale. Pochi, però, sono quelli riusciti a varcare i confini del proprio sport di appartenenza per diventare vere e proprie icone per generazioni intere, andando a stimolare la fantasia non solo degli sportivi più accaniti ma anche di chi lo sport lo segue al massimo per cinque minuti all’anno. Gli esempi sono diversi e potremmo citare figure del calibro Maradona, Micheal Jordan, Muhammad Ali e, per quanto riguarda l’Italia soprattutto, Roberto Baggio.

Un campione, quest’ultimo, fuori dagli schemi, con un animo tormentato e con tante zone d’ombra celate dietro un sorriso leggero e delicato, forgiato dalle continue sofferenze e capace di rialzarsi di fronte alle tante difficoltà che la vita gli ha disseminato sulla strada. Caratteristiche che lo hanno fatto apparire “umano” agli occhi di tutti e che proprio per questo lo hanno reso un giocatore amatissimo da ogni tifoso, al di là dei colori della squadra; inoltre, Baggio è stato una figura iconica, basti pensare a quanti ragazzini negli anni Novanta hanno imitato il suo codino…. “Il Divin Codino”, come è stato soprannominato nel corso della sua straordinaria carriera.

il divin codino

Una vita palpitante e da romanzo che viene raccontata da Letizia Lamartire nel suo nuovo film dal titolo Il Divin Codino in cui la regista della serie tv Baby ha la felice intuizione di non soffermarsi tanto sul percorso meramente calcistico del fuoriclasse di Caldogno, bensì sul suo lato umano, le sue debolezze, la sua forza interiore e il rapporto con sé stesso e il padre. Una scelta che partorisce un film nel complesso godibile e mai banale, ma che non convince in pieno per via di una trama che sembra trascurare eventi, personaggi e momenti importanti del Baggio uomo e calciatore, con il risultato di apparire monco di quelle emozioni che il potenziale a disposizione prometteva.

Il film segue la carriera e la vita di Roberto Baggio, soffermandosi sugli episodi cardine che hanno segnato il suo spirito e il suo barcollante equilibrio fisico: il primo infortunio al ginocchio patito ai tempi in cui giocava nel Vicenza, il rapporto tormentato e controverso col padre, il famigerato rigore sbagliato nella finale della Coppa del Mondo contro il Brasile ed infine la mancata convocazione ai mondiali del 2002, preceduta dall’ennesima rottura del ginocchio. Peripezie affrontate con uno spirito reso forte e temprato dalla sua conversione al Buddismo e la meditazione secondo i suoi principi e fondamenti.

il divin codino

Se quello tra gli italiani e il calcio è un rapporto viscerale, quasi ai limiti tra il sacro e il profano, lo stesso non si può dire di quello tra il calcio e il cinema, dal momento che i titoli memorabili dedicati allo sport più polare in Italia si contano sulle dita di una mano (basti pensare ai cult L’allenatore nel pallone con Lino Banfi e Il presidente del Borgorosso Football Club con Alberto Sordi) e la qualità media dei film dedicati è piuttosto scadente. Difficoltà di carattere tecnico e narrativo che vengono confermate in parte anche in questo Il Divin Codino la cui resa finale evidenzia tutti i limiti di un prodotto partito con buone intenzioni e con un’idea di base anche apprezzabile, ma a conti fatti non riuscito del tutto.

Lamartire incentra il suo lavoro sul periodo che ha consacrato Baggio a idolo della gente, ovvero il mondiale americano del 1994 nel quale il fuoriclasse è stato prima zavorra, poi resurrezione e poi nemesi con quel rigore sbagliato che per anni lo ha tormentato nei suoi peggiori incubi. Proprio quel rigore viene proposto come metafora della vita, non solo di Baggio ma di tutti noi, ed in particolare simboleggia le prove che la vita ci impone e il coraggio necessario per affrontarle e superarle. Tutto ciò nel film trova sfogo nella continua lotta con un ginocchio martoriato, il difficile rapporto con un padre che non gli regala nulla per insegnargli quanto è dura la vita e la ricerca di un equilibrio interiore per il quale è decisiva la conversione alla fede Buddista.

il divin codino

Un insieme in apparenza emozionante che però va a scontrarsi con la realtà di un film che, penalizzato dalla durata limitata, solo a tratti riesce ad approfondire tutto quello su cui vorrebbe soffermarsi, con la logica conseguenza di trasmettere poco sul piano emotivo e lasciare allo spettatore un affresco della vita di Baggio incompleto e non lontano da ciò che già è stato raccontato sul campione. Insomma, la vita del “Divin Codino” avrebbe meritato un lavoro più accurato e scevro da dinamiche da film per la tv. Estetica televisiva, infatti, che emerge in tutti i suoi difetti per via di una regia impersonale e senza sussulti, che vive il suo punto più basso con sequenze di partite poco credibili e inverosimili come accade nella quasi totalità dei film italiani sul calcio.

La sensazione che si avverte, dunque, è la quasi totale mancanza di voglia di osare da parte di Lamartire, confermata anche dalla scelta del cast le cui performance, se si eccettua quella di un ispirato Andrea Arcangeli (notevole la somiglianza estetica con Baggio!) rispecchiano l’impostazione scolastica data al film da una regista dal buon talento, ancora però tutto da rivelare.

Il Divin Codino, in conclusione, è un film piacevole e che si lascia guardare, ma non destinato a rimanere nella memoria e nei cuori della gente come, invece, è accaduto al vero e inimitabile “Divin Codino”.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Apprezzabile l’idea di raccontare il lato umano di Baggio e non far rivivere soltanto la sua parabola calcistica.
  • Ottima la scelta del protagonista Andrea Arcangeli.
  • La breve durata non permette di approfondire al meglio il lato umano del fuoriclasse italiano.
  • La regia scolastica e di taglio televisivo tolgono fascino al film.
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