Il ragazzo e l’airone, la recensione dell’ultimo film di Hayao Miyazaki
A dieci anni da quella chi si prefigurava come la sua ultima opera, è tornato in sala – dall’1 gennaio grazie a Lucky Red – Hayao Miyazaki con il suo nuovo film Il ragazzo e l’airone, già campione d’incassi nel Sol Levante e inaspettato successo anche in Italia, dove è al primo posto al botteghino.
Il ritorno di Miyazaki sul grande schermo avviene questa volta con una storia di formazione che segue la vita del giovane Mahito, dodicenne orfano di madre che fatica ad ambientarsi nella nuova città. L’incontro mistico con un airone porterà il ragazzo a scoprire che la madre è ancora in vita, trascinando così il ragazzo in un mondo fantastico e immaginifico.
Se a un primo sguardo la trama ricorda di molto alcuni precedenti lavori di Miyazaki dove il fantastico si mescola alla realtà con un sapore felliniano, qui la scrittura cambia e di molto: la linearità e chiarezza dei fatti a cui ci aveva precedentemente abituato il regista dello Studio Ghibli lascia spazio a una struttura più complessa e, per certi versi, criptica nel suo svilupparsi. L’unico vero difetto della pellicola non risiede però nella sua complessità narrativa quanto più in un’apparente, oltremodo sopportabile, lentezza che ridimensiona nettamente lo sviluppo dell’opera rispetto ai precedenti film del regista. Questa rimane però una lentezza quasi necessaria, un vero e proprio contraltare alla frenesia che da metà film in poi colpirà la storia, ma che potrebbe comunque turbare gli spettatori meno attenti o pazienti.
Dal punto di vista visivo, Miyazaki riesce nuovamente ad alzare l’asticella di quello che è il possibile e l’immaginabile dell’animazione al servizio del cinema; molte le scene cariche di pathos visivo: nella sequenza di apertura del film, il regista ci ricorda che l’animazione è movimento regalando agli spettatori una folle scena a 12 fotogrammi al secondo in cui il giovane Mahito corre tra le fiamme per salvare la madre. Altre volte nel film userà l’animazione per creare quadri surreali e suggestivi che spaziano dai lavori di Dalì a quelli De Chirico in una poesia animata che solo il regista giapponese sa utilizzare.
Oltre alla bellezza grafica, Il ragazzo e l’airone è un film pieno di dolore, ogni inquadratura sembra gridare e soffrire ed ogni secondo del film è parte stessa di quella elaborazione del lutto che il protagonista sta affrontando; questa sensazione è magistralmente accentuata anche dal lavoro del compositore che attraverso l’assordante tema dell’airone inserisce un leitmotiv che suona come un lontano lamento ricorrente. Il dolore che abita il film è però anche metacinematografico, Mahito infatti altro non è che il doppio dello spettatore in questo addio di Miyazaki al suo pubblico. How Do You Live recita il titolo originale dell’opera e il maestro del Ghibli chiede proprio, in maniera a volte velata e a volte spudoratamente esplicita, ai suoi spettatori come vivranno in un mondo senza Miyazaki.
Com’è possibile vivere in un mondo che crolla a pezzi, pieno di violenza e barbarie? La capacità di accettare la distruzione e il coraggio di ricostruire tutto partendo dalle fondamenta e dai preziosi ricordi del passato sembrano accomunare tanto le necessità di Mahito che si rifugia in mondi fantastici per accettare la morte della madre, quanto gli spettatori che accorrono a recuperare con dolore e tristezza l’ultima opera del maestro Miyazaki. Ecco che, come Mahito all’intero dei suoi mondi fiabeschi, troverà la risposta e la risoluzione, il viaggio degli eroi che noi, pubblico, dobbiamo compiere è più complesso e forse arduo.
C’è una frase in particolare che incapsula più di ogni altra il senso profondo del rapporto tra Miyazaki e il suo pubblico, un personaggio dirà a Mahito: “Anche tu ti dimenticherai di tua madre, prima o poi tutti se ne dimenticano”. Se Si alza il vento è stato il film che Miyazaki ha realizzato per sé stesso, per dirsi di lasciare andare la sua passione e il suo cinema, Il ragazzo e l’airone è quello che serve a noi pubblico per lasciarlo andare e per lasciare andare le sue storie che tanto abbiamo amato. Per farlo, come Mahito con le sue avventure nei mondi fantastici, dobbiamo trarre il meglio da queste storie e tenerle strette al cuore affinché durino il più a lungo possibile nei nostri ricordi.
Il ragazzo e l’airone è un film capace di essere metafora della vita, che ci permette di comprendere quanto terribile e dolorosa questa sia nella realtà e di come il cinema, l’amicizia e ogni altro elemento che la abita e la circonda permettono di superarla e alleviarla. Con quest’ultimo lavoro, Miyazaki invita direttamente il pubblico a cogliere il meglio dalle sue precedenti opere e affrontare il calvario dell’esistenza consci che il dolore di questa esperienza potrà essere alleviato ogniqualvolta vorranno guardando uno dei suoi film.
Un mondo senza Miyazaki sarà certamente un mondo terribile, un mondo dove le fiamme divorano ogni speranza. Ma la lunga e immensa filmografia a cui Il ragazzo e l’airone si aggiunge a pieno titolo compongono un corpus di opere tale da creare un punto fermo nella storia del cinema da cui poter ripartire, a cui ritornare nei momenti di dolore e agonia. Il ragazzo e l’airone è già un classico, un capolavoro senza tempo di una bellezza disarmante e di una poetica sbalorditiva che porta gli spettatori all’accettazione di sé stessi e che sviscera la dura realtà della vita. E dopo tutto questo, come vivremo?
Emanuele Colombo
PRO | CONTRO |
Il film è perfetto. | Di conseguenza non ci sono aspetti negativi. |
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