In the Fire, la recensione

in the fire

Pensate come avrebbero potuto reagire uno sparuto gruppo di bigotti in un villaggio colombiano di fine 800 al sospetto che le calamità che si stavano abbattendo su di loro potessero essere causate da un ragazzino “diabolico”. Ovviamente fiaccole e forconi sarebbero stati il minimo del loro armamentario del linciatore provetto. Ora pensate come avrebbero potuto reagire se a difendere quel bambino fosse stata una donna straniera che parla della superiorità della scienza in confronto alla religione. Apriti cielo! Scudisciate come se non ci fosse un domani a quella sciacquetta sacrilega!

Questo è il contesto all’interno del quale si sviluppa In the Fire, il nuovo film del texano Conor Allyn, già regista del western No Man’s Land (2021), che qui si appella al period-dramma con venature soprannaturali per parlare dell’annoso conflitto tra scienza e fede e, soprattutto, del maschilismo imperante tra i contadini della Colombia del 1890. Come se in un periodo e in un luogo come quello potesse essere possibile uno scenario differente.

La storia raccontata da In the Fire prende il via dall’arrivo in paese della dottoressa Grace, una psichiatra americana giunta in Colombia in seguito alla richiesta d’aiuto di una donna che le ha scritto spiegandole la difficoltà che aveva a relazionarsi con suo figlio Martin. Giunta nella fattoria dei Marquez, però, Grace scopre che la donna è morta proprio in un incidente causato da Martin e si scontra con l’ostilità di suo padre Nicolas e quello dei paesani, che sembrano come assoggettati al pensiero di Padre Gavira che vede in Martin una creatura diabolica e la causa delle calamità che si stanno abbattendo sulla comunità. Ma Grace non si arrende, riesce a guadagnarsi la fiducia di Nicolas e inizia a studiare Martin, convinta che il suo malessere abbia una spiegazione razionale e scientifica. Eppure, il bambino inizia a manifestare un comportamento sempre più sospetto e difficilmente spiegabile dai principi della medicina.

Co-prodotto tra Italia e Stati Uniti, con location scelte prevalentemente in Puglia, In the Fire si inserisce molto timidamente nel mare-magnum dei prodotti thriller che ruotano attorno a un bambino malvagio (o presunto tale) che è dotato di poteri soprannaturali. Di film appartenenti a questo mini-filone ne abbiamo visti e ne stiamo vedendo davvero in abbondanza, ma la particolarità di In the Fire sta nel fatto che Conor Allyn cerca di sottrarsi in tutti i modi ai cliché che popolano questo codificatissimo filone, anzi, sembra proprio voler prendere le distanze il più possibile dal cinema di genere, orientandosi maggiormente verso temi e atmosfere da dramma storico. Se da una parte questa scelta può far la differenza, dall’altra relega pericolosamente il film in un limbo senza pubblico: In the Fire ha tutti gli elementi del genere fantastico, a tratti anche votati al trash, per poter realmente interessare un pubblico più predisposto al dramma storico “serio”, ma allo stesso tempo è intento a darsi un tono e troppo lontano dal linguaggio del cinema di genere per conquistare il pubblico più appassionato di thriller/horror.

Metteteci pure che In the Fire è ben lontano da essere un film di qualità, con una scrittura davvero acerba (sceneggiatura di Silvio Muraglia, Pascal Borno e Conor Allyn) e piena di ingenuità, tanto nei dialoghi quanto nel crescendo drammatico della vicenda.

Non convince neanche il cast, a cominciare dalla protagonista Amber Heard, reduce dal processo con l’ex-marito Johnny Depp e in cerca di riscatto professionale, che non è particolarmente credibile nel ruolo della combattiva psichiatra americana in Colombia; peggio il piccolo Lorenzo McGovern Zaini, particolarmente inespressivo e non all’altezza di reggere un ruolo così ambiguo e sfaccettato. Ritroviamo il buon Eduardo Noriega, ex attore feticcio di Alejandro Amenabar (Tesis, Apri gli occhi), nel ruolo di Nicolas Marquez, che è senza ombra di dubbio il migliore del lotto; anche se va spezzata una lancia a favore anche di Luca Calvani, volto televisivo di Cortesie per gli ospiti, oltre che attore al cinema in tante piccole parti, e particolarmente credibile nel ruolo di Padre Antonio, il prete vicino a casa Marquez.

Con rimandi forse involontari all’horror con Hillary Swank The Reaping – I segni del male (2007), in cui anche c’era un paesino sconvolto da piaghe bibliche forse causate da una strana bambina e c’era una donna chiamata a indagare sul caso, In the Fire non convince per tutta una serie di motivi che lo portano ad essere un film indeciso su che strada prendere, su che identità manifestare. A carburazione lentissima, privo di un climax soddisfacente, risvolti prevedibili e cadute nel ridicolo involontario, il primo film della rinascita professionale di Amber Heard di certo non può considerarsi riuscito.

In the Fire arriverà nei cinema il 14 settembre 2023 distribuito da RS Productions in collaborazione con Mirari Vos, dopo essere stato presentato in anteprima lo scorso giugno al Taormina Film Festival.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il look generale, minimalista ma ben gestito.
  • Eduardo Noriega e Luca Calvani.
  • Non ha un’identità precisa e rischia di non piacere a nessun tipo di pubblico.
  • Noioso e privo di un climax soddisfacente.
  • Gli attori chiamati nei ruoli principali non sono proprio il massimo e la stessa Amber Heard, sui cui punta ingenuamente la promozione ignorando la mole di haters che l’attrice ha in questo periodo storico, non è mai brillata per le capacità attoriali.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
In the Fire, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.