It Follows, la recensione

Il cinema horror ha delle regole ben precise, ogni affezionato spettatore lo sa e un grande maestro che oggi non c’è più come Wes Craven le sviscerò e ci rise su in quel capolavoro che risponde al nome di Scream (1996). Da allora trovare un mood che rielaborasse in maniera originale quei dettami è stato arduo, forse solo Drew Goddard ci è riuscito con il geniale Quella casa nel bosco (2012) e un pochino Scott Glosseman con il mockumentary Behind the Mask – Vita di un serial killer (2006), che prendeva atto dello slasher movie per raccontarlo dal punto di vista dell’assassino. Oggi però arriva un altro film horror manifesto che, a differenza di gran parte dei suoi predecessori, non utilizza l’ironia per accattivare il pubblico, né si pone in maniera metacinematografica in confronto al genere. Si intitola It Follows e omaggia il periodo più fiorente per il genere rielaborandone completamente gli stereotipi.

Se potessimo collocare l’opera di David Robert Mitchell in un filone – ma è complicato e forse anche inutile farlo – sicuramente ci avvicineremo più che altro allo slasher movie. In It Follows non c’è un serial killer mascherato e armato di un fendente, ma un’entità invisibile, o meglio visibile solo alla vittima designata, e capace di assumere tante e differenti sembianze. Però ci sono i teenagers come vittime sacrificali e soprattutto c’è il sesso come focus di morte. Ma in barba alle regole, anzi voglioso di stravolgerle, David Robert Mitchell non utilizza il sesso come anticipatore di una fine orrenda, ma come veicolo di una maledizione, il che vuol dire che è sia portatore di sventura che di salvezza.

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La vita dell’adolescente Jay (Maika Monroe) viene stravolta nel momento in cui fa sesso con Jeff: il ragazzo le ha passato una maledizione che si manifesta attraverso un essere mutaforma che segue inesorabilmente la vittima designata e se la afferra la uccide. L’unico modo per liberarsi della “cosa” è passarla a qualcun altro attraverso l’atto sessuale, ma bisogna fare attenzione perché se la persona a cui la si passa muore, la “cosa” torna al possessore precedente e tutto comincia daccapo!

Sembra un gioco, quello che qualcuno chiamava “puzza”, qualcun altro “merda” e altri ancora “ce l’hai”, eppure è un film serissimo e dannatamente ansiogeno. Il regista e sceneggiatore riesce a gestire la tensione in maniera magistrale e senza mai ricorrere all’usurato alternarsi dei piani sonori, bensì riesce a giocare con le inquadrature e con l’ampiezza di campo per far stare sul chi va là lo spettatore: da un momento all’altro potrebbe entrare in campo la “cosa”, avanzare lentamente verso la protagonista e afferrarla alle spalle. Questo lento incedere della minaccia, che allo stesso tempo può essere inaspettato e inevitabile, è il leit-motiv del film: la “cosa” ti segue, ovunque, sempre e prima o poi ti prenderà.

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Consapevole dell’efficace semplicità del concept, David Robert Mitchell non condisce It Follows di alcun fronzolo che vada a complicare troppo la vicenda. Non ci sono spiegoni, colpi di scena, motivazioni, ma tutto accade in tempo reale e l’unica preoccupazione della protagonista – così come dello spettatore – è sottrarsi alla maledizione. Asciutto, diretto e dunque efficace.

Poi, ovviamente, un soggetto così aperto si presta facilmente a molteplici letture e It Follows, pur non alimentando nessuna interpretazione, consapevolmente può significare molte cose. La “cosa” può facilmente essere vista come la metafora di una malattia venerea e la collocazione atemporale ma fortemente ottantiana andrebbe ad avvalorare questa tesi (qualcuno ha detto AIDS?), allo stesso tempo “it” può essere il senso di colpa di una società fortemente puritana che perseguita letteralmente chi ha consumato fuori dal matrimonio, ma anche la materializzazione della liberazione sessuale nell’età adolescenziale, dove far sesso è vissuto anche come una missione da portare a termine. It Follows è questo e altro e lo stesso regista ha in diverse occasioni ribadito come tutto sia nato da un suo sogno in cui era seguito da qualcuno dall’aspetto indefinito, dunque lo stesso film assumerebbe connotati onirici che andrebbero a spiegare sia la mancanza di una definizione spazio-temporale, sia l’immotivata assenza di figure genitoriali.

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Gli anni ’80 sono onnipresenti in It Follows e non solo perché proprio a quel decennio appartiene l’esplosione del filone slasher. È innegabile che l’incedere lento della “cosa” ricordi quello di Michael Myers di Halloween e le stradine della Detroit qui raffigurata siano molto simili ai quartieri di Haddonfield nella saga inaugurata da John Carpenter, così come che in molte scelte ci sia un richiamo a Nightmare, sia per la scena nella scuola sia per la morte, durante la notte, di uno dei personaggi chiave. Ma l’age d’or dell’horror americano è richiamata anche dalle musiche dei Disasterpeace, bellissime, ipnotiche e meravigliosamente invadenti, che hanno un sound vagamente carpenteriano, che ben traduce la sensazione di following ossessivo.

Ottima la protagonista Maika Monroe, che avevamo già visto in Un giorno come tanti e The Guest e ora, lanciatissima, è comparsa in La quinta onda e sarà nel cast di Independence Day: Rigenerazione.

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Qualcuno ha definito It Follows uno degli horror più validi degli ultimi anni. Come al solito quel qualcuno ha la tendenza all’esagerazione, ma il film di David Robert Mitchell ha quella forza e quella genialità dell’opera destinata a rimanere, a segnare a modo suo l’immaginario di un genere.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il concept è tanto semplice quanto potente.
  • Sa rielaborare con intelligenza alcuni topoi dello slasher movie.
  • Trasmette un forte senso di ansia.
  • La protagonista è da pollicione in su.
  • La ripetitività e la lentezza di alcuni passaggi potrebbero scoraggiare qualcuno.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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It Follows, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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