Kursk, la recensione

Dopo i grandi successi di critica e pubblico de Il sospetto (2012)e Un altro giro (2020), quest’ultimo vincitore dell’Oscar come miglior film internazionale, arriva nelle sale italiane, con qualche anno di ritardo, un’altra opera del grande regista danese Thomas Vinterberg: Kursk, un dramma storico basato sugli eventi reali del sottomarino russo K-141 Kursk.

Nel mare di Barents il 12 Agosto del 2000 durante un’esercitazione della marina russa il sottomarino K-141 Kursk affonda coi suoi 118 membri a bordo, a seguito di un incidente. Mentre i pochi superstiti dell’equipaggio lottano per la loro vita in fondo al mare, in superficie le loro famiglie combattono contro le istituzioni militari per conoscere la verità; un ammiraglio britannico lotta contro il tempo e contro il governo russo per aiutare le famiglie con un’operazione di salvataggio.

Che Vinterberg sappia dirigere un film è ormai assodato e anche qui lo dimostra con una regia solida e clinica. Il problema di questa pellicola risiede però completamente nella sceneggiatura, che risulta lenta e noiosa. Complice di questo aspetto forse è anche il genere in cui si inserisce il film; i rescue movie non son mai stati l’apice dell’intrattenimento e rappresentano forse la quintessenza del “visto uno, visti tutti”. Di questo film davvero non c’è nulla che sappia intrattenere, per quanto la regia riesca a portare sullo schermo inquadrature e ritmi decenti si ha la costante sensazione che Vinterberg trascini il film per due ore fino a raggiungere il finale.

Nonostante l’estrema lunghezza e la quasi assenza di capacità di coinvolgimento Kursk riesce a reggersi in piedi, oltre che per la regia di Vinterberg, per un cast capace di portare sullo schermo un senso di estremo realismo emotivo. Rimossa la bravura di attrici e attori rimane un film vuoto, che non emoziona e che arriva a un finale deludente, scontato ed esageratamente drammatico.

Purtroppo, il film fallisce nel tentativo di costruire una tensione e un senso di pericolo che dovrebbero essere gli snodi centrali delle due linee narrative seguite dalla pellicola: né quando ci si trova coi marinai sul fondo del mare né quando si cerca di far luce sul loro destino coi familiari in superficie si avverte un vero coinvolgimento dello spettatore con quanto accade sullo schermo. Nemmeno la presenza di volti come Colin Firth o Léa Seydoux riesce in alcun modo a risollevare le sorti di un film piatto che scade nel noioso già nel primo quarto d’ora.

Kursk si presenta quindi come un’opera che ha veramente poco da offrire oltre all’ottima regia di Vinterberg; quasi una pecora nera nella filmografia del premio Oscar danese. Lontana dal cinema a cui il regista ci ha abituati negli anni, questa pellicola lenta, priva di suspense è incapace di emozionare lo spettatore anche di fronte a eventi reali. Il film si salva da un punto di vista tecnico, ma rimane deludente su tutti gli altri fronti.

Emanuele Colombo

PRO CONTRO
  • L’ottima regia.
  • Sceneggiatura lenta.
  • Trama noiosa.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Kursk, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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